Il governo non può porre limiti alla libertà delle riunioni private

Il governo non può porre limiti alla libertà delle riunioni private Usi diritto essenziale per la democrazia Il governo non può porre limiti alla libertà delle riunioni private Per Za legge fascista di P.S., anche un incontro fra amici poteva essere considerato « pubblico » e sottoposto a censure o divieti -Mala norma è già stata condannata dalla Corte costituzionale - Anche uno spettacolo per inviti deve considerarsi «privato»; né spetta all'autorità darne giudizi negativi di natura politica Mi sembra che gli organi di governo stiano compiendo più di una mossa falsa a proposito del film Non uccìderai. Si può pensare quel che si vuole del film; è lecito rispettare, come io rispetto, l'obiettore di coscienza, e lecito ritenere che lo Stato debba esigere ad ogni costo il servizio militare; ma la circolare Sceiba ai prefetti tocca un punto delicatissimo, allorché afferma che si dà reato anche per una proiezione, la quale avvenga in una riunione che per il luogo in cui è tenuta o per il numero degli intervenuti o per lo scopo od oggetto abbia carattere di riunione non privata. La circolare non ha creato queste espressioni; le ha prese dall'art. 266 Cod. Pen. cui fa rinvio l'art. 668 ; e l'espressione è quella stessa dell'art. 18 della legge di pubblica sicurezza del 1931. Sotto il fascismo era così: ogni riunione poteva essere considerata pubblica. Se la polizia avesse voluto — per fortuna raramente usava di tutti i poteri che le erano attribuiti; funzionari ed agenti erano in genere uomini di buon senso, non facinorosi — avrebbe potuto erigere a reato una serata trascorsa nel vostro salotto con otto amici, considero ndola riunione di cui non era stato dato il preavviso, poiché parlavate di politica e perciò la riunione per l'oggetto doveva considerarsi pubblica. Su quella base si ebbero tuttavia condanne di evangelici che in una casa leggevano la Bibbia o cantavano inni sacri. Ma la Costituzione, all'art. 17, ha garantito il diritto di riunione; il pre avviso è a darsi solo per quella in luogo pubblico. C'è la tradizionailc.distin ,zione delle riunioriif-in luogo pubblico, cioè in vie, piazze o parchi pubblici; in luogo aperto al pubblico, cioè in un teatro, una sala, un cortile, in cui chiunque possa avere accesso; e le riunioni private, cioè vuoi nella casa, vuoi nel locale affittato o concesso per la circostanza, in cui non pos sano accedere se non le persone che abbiano un biglietto d'invito con su scritto il loro nome. La Costituzione ha garantito i due ultimi tipi di riunione; non sto qui a sostenere che per le proiezioni cinematografiche e per le rappresentazioni valga la garanzia di libertà ove seguano in luogo aperto al pubblico; ma se in riunione privata, la garanzia c'è. Come posso fare quel che voglio in casa mia, così posso farlo in una sala che abbia affittato, sempre che inviti persone determinate. Ciò che potrà con cedersi alla polizia, sarà di stare alla porta, di control lare che i biglietti d'invito > non siano in bianco, di chiedere a ciascuno un documento da cui risulti che egli è l'intestatario del biglietto. Questo controllo potrà avere aspetto vessatorio ; concediamolo tutta via. Ma non è lecito andare più in là. Chi ha in mano il potere, è sempre tratto ad ostacolarne le limitazioni. Su que sto terreno dovemmo affron tare una battaglia alla Corte costituzionale per sentir proclamare che, dopo la Costituzione, non era più possibile considerare in vita le restrizioni della legge sui culti ammessi, ed i Pentecostali non commettevano reato, se si riunivano in un cortile od in un hangar per celebrare una loro funzione. La presidenza del Consiglio mandò l'avvocatura dello Stato a sostenere la tesi op posta, ma vincemmo quella battaglia. Dovremo ora ricominciarla per sostenere che, in una riunione privata, si può recitare qualsiasi commedia, proiettare ogni film? Se occorrerà, lo faremo. So che di ogni libertà possibile fare cattivo uso, Quando si trattò della libertà delle cerimonie di cui to, non si mancò di evoca re la possibilità di culti contrari al buon costume l'accusa fu data ai primi cristiani, poi ai Catari ed ai Valdesi, se anche per trovare un esempio concreto onlalimbtsspvmdccbadvanmca«tantssvssmscnlmrtlddesèarfnorlbptè occorra rifarsi ai culti dionisiaci. Si potrà avanzare la stessa obiezione per la libertà di rappresentazioni. Rispondo che non ci sono mai soluzioni interamente buone e senza inconvenienti; il legislatore compie sempre scelte. Se ammettessimo la persecuzione e la punizione sulla base della voce pubblica, delle informazioni riservate dei confidenti della polizia, la lotta contro certe forme di associazione a delinquere sarebbe molto più agevole. Ma anche leggendo dei delitti della mafia, nessuno di noi vuole accettare un ritorno a quei criteri di repressione penale. Il codice ha le sue norme sugli atti osceni, sulla corruzione dei minorenni ; all'art. 528 punisce chi dia « pubblici » spettacoli teatrali o cinematografici, che abbiano carattere di oscenità. Non si può andare oltre. Secondo i punti di vista, merita pietà o suscita sdegno l'uomo maturo o vecchio che tiene nel cassetto scritti od imagini lascive; ma non possiamo dimenticare che in tutte le storie degli abusi di polizia c'è quello della perquisizione pretestuosa, dopo la quale si dà pubblicità a tale miseria umana per demolire l'avversario politico. Tutte le libertà hanno anche lati negativi. Ma gli abusi del potere sono assai più deleteri. La scelta va fatta, ed è stata fatta con la Costituzione, per la libertà. L'obiezione di coscienza è altro problema; non l'ho approvata alla prima guer ra mondiale, se pure non fossi stato un interventista; non la approverei neppur oggi di fronte ad una guerra in difesa di valori morali o religiosi, mentre mi ri bellerei^ ad, una. guerra per ragioni di prestigio o di Ifrontiere. Penso però che il. problema sia grave e che | l'obiettore di coscienza meriti rispetto, come chiunque solleva un problema morale, d'interpretazione della parola di Dio. Consiglierei alle autorità religiose molta prudenza in materia. Nella tradizione cristiana c'è, è vero, il dovere di obbedire alle legittime autorità. Se si fosse rimasti all'interpretazione che ne davano Bossuet ed i prelati del suo tempo — obbligo di obbedire in tutto, di denunciare i complici, i colpevoli ignoti alla giustizia — la posizione assunta di fronte agli obiettori di coscienza sarebbe naturale. Ma se non si spende una parola contro chi non si presenta a testimoniare, contro l'evasore fiscale, se non ritengono in peccato coloro che con uno sciopero paralizzano la giustizia o la scuola o la vita dello Stato per ottenere i miglioramenti economici che ambiscono, e se solo contro gli obiettori del servizio militare si fa pollice verso, le riflessioni possono essere amare. Non ucciderai non era un film antimilitarista; gli ufficiali francesi, gli stessi ufficiali tedeschi carcerati per crimini di guerra, non apparivano con un volto odioso. D'altronde l'antimilitarismo è morto in Italia da oltre quarant'anni ; tutti i partiti sono rispettosi per l'esercito. Occorrono per farlo risorgere prese di po sizione come questa, o come quella di sei anni or sono in cui non si volle — sempre la conservazione delle leggi fasciste, sempre l'opposizione al ritorno delle leggi dell'Italia liberale — non ammettere la completa cessazione della giurisdizio compromesso per lo scrittore od il giornalista che scrive su soggetti militari, in modo che può ferire certe suscettibilità. Non sono davvero un esempio di conservatorismo illuminato. A. C. Jemolo ne militare su chi è in con <redo assoluto, e si accettò solo una soluzione di

Persone citate: A. C. Jemolo

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