Precise condizioni del ministro Andreoiti perché l'Italia continui la sua azione nel Congo di Alberto Ronchey

Precise condizioni del ministro Andreoiti perché l'Italia continui la sua azione nel Congo Il rappresentante del governo fra la nostra comunità a Léopoldviile Precise condizioni del ministro Andreoiti perché l'Italia continui la sua azione nel Congo Sono: maggior sicurezza per gli aviatori e punizione dei responsabili dell'eccidio - Il «premier» Adula promette energiche misure ma comunica all'Onu che non può accettare la commissione d'inchiesta • I reparti ammutinati nel Kivu non verranno disarmati, con il pretesto che stanno marciando contro il Katanga -1 religiosi della Pia Società San Paolo invitano a non confondere il popolo congolese con le bande di assassini (Dal nostro inviato speciale) Léopoldviile, 24 novembre. Nei suoi colloqui con i dirigenti dell'Onu e del governo centrale di Léopoldviile il ministro della Difesa, Giulio Andreotti, ha subordinato la permanenza delle forze aeree italiane nel Congo a due condizioni: maggiore sicurezza per i nostri aviatori, punizione dei responsabili dell'eccidio di Kindu. Le misure opportune per soddisfare la prima con-, dizione sono in corso di esame fra il capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica italiana, generale Remondino, e gli alti ufficiali dell'Onu; il problema della punizione dei colpevoli è stato discusso ancora una vol¬ ta stasera fra il ministro italiano .e il premier Adula. Andreotti ha ripetuto che gl'italiani non chiedono una vendetta e tantomeno una vendetta indiscriminata, ma un'opera di giustizia esemplare e rigorosa, che gioverà alla stessa Repubblica del Congo. Adula ha dato ancora assicurazione che il suo governo adempirà l'impegno, considerandolo non solo come un dovere, bensì come una necessità per dimostrare che il popolo, del Congo non s'identifica con gli assassini e i seviziatori di Kindu. Non si può dubitare della buona fede del primo ministro Adula. E' certo, tuttavia, che il suo governo è diviso e non offre ancora serie garanzie. E' noto in che misura i deputati e i ministri del partito di Gizenga hanno tentato e tentano tuttora di alterare la versione dei fatti di Kindu, in nome dell'onore dell'esercito e per non rinunciare alla loro popolarità fra le truppe. Un deputato del partito di Gizenga, il signor Mulcwindi, è giunto a rivolgere al Parlamento il seguente discorso: « ...anche se gli atti del nostro esercito a Kindu e ad Albertville si collocavano fuori della legge, è forse raccomandabile in questo momento, mentre la politica del Paese chiede un'estrema prudenza, ammettere che i nostri soldati si sono ammutinati ?... Dunque, signori, dobbiamo abbandonare il Katanga a- causa di 13 italiani? Dunque dobbiamo abbandonare i nostri fratelli baluba che combattono da 18 mesi per la loro libertà e l'integrità territoriale del Congo contro Ciombe e la causa dei circoli finanziari occidentali t... Per ogni congolese degno di questo nome, gli incidenti di Kindu e di Albertville devono essere considerati come manovre dell'Onu per ostacolare l'avanzata dei nostri soldati verso il Katanga... ». Questa è più o meno la posizione di Gizenga, ufficialmente ancora vice presidente del Consiglio, e dei suoi sei ministri. Il governo teme che la sedizione parziale degli uomini di Gizenga si trasformi in una frattura aperta e dunque viene indotto dalla sua opposizione interna, per quanto contrastata da chi comprende la gravità duella situazione congolese agli occhi del mondo, a concessioni, rinvii e ambiguità che paralizzano la già debole azione dell'Onu ed esasperano gl'italiani. L'ultimo, grave effetto della crisi che fa da contesto all'eccidio di Kindu, è la notizia che il governo di Léopoldviile rivendica a sé il compito dell'inchiesta e non accoglie la proposta avanzata dall'Onu, di affidare il verdetto ad una commissione mista. Vi è di più: secondo il Governo, il discutibile rapporto del ministro degli Interni Gbenye costituirebbe già la conclusione dell'inchiesta congolese. Assicurando che i colpevoli verranno egualmente puniti, Adula ha indirizzato oggi al capo della missione Onu, Sture Linner, ima lettera che annuncia per la prima volta ufficialmente, dopo otto giorni di attesa, il rifiuto della commissione mista. Linner ha comunicato il documento a New York, chiedendo istruzioni al segretario generale dell'Onu, Thant. Adula sostiene altresì che in questo momento non c possibile il disarmo, chiesto dall'Onu, delle truppe che si trovavano a Kindu fino a pochi giorni or sono né l'arresto immediato dei responsabili, ma garantisce che il governo sarebbe in grado di identificarli e promette un processo giudiziario a scadenza non remota. C'è da chiedersi se il governo congolese, da solo, avrà i mezzi per catturare e punire i colpevoli dell'eccidio di Kindu. E' confermato che i re¬ parti implicati nel massacro hanno lasciato la città e continuano la loro marcia verso i confini del Katanga. Sono ben noti, tuttavia, i nomi dei loro ufficiali. A Kindu, frattanto, la situazione si avvia alla normalità. Oggi il portavoce dell'Onu ha annunciato che il brigadiere etiopico Techome ha ordinato alle truppe congolesi schierate intorno all'aeroporto di ritirarsi; per la prima volta, i congolesi hanno obbedito. Oggi il ministro Andreotti si è incontrato anche col delegato apostolico, monsignor Mojavskj-Perelli e con l'arcivescovo di Léopoldviile, monsignor Scalais: nel pomeriggio ha ricevuto presso l'ambasciata la colonia italiana. I religiosi, in particolare, raccomandano moderazione e pazienza. Raffaele Tonni, da Forlì, padre superiore della Società missionaria di San Paolo, che a Léopoldviile dirige anche una scuola d'arte tipografica per i giovani congo lesi, s'è fatto promotore d'una intensa opera di distensione fra italiani e indigeni. « I tredici aviatori uccisi — egli va ripetendo — erano sempre da noi, si figuri se non siamo addolorati. Ma preghiamo i giornali italiani di non | eccitare l'opinione pubblica. Nel Congo c'è un avvenire, pensate a quelli che restano... Pensate che i nostri congolesi non osavano più guardarci in faccia dopo l'eccidio, erano umiliati e pieni di vergogna. Il Congo non è tutto come le bande di Kindu o certi intrigatiti politici e militari, il popolo è buono. Nel T>8 ho percorso l'intero paese per 1), mila chilometri in autoinobile e per duemila sul fiume, senza un'arma, di notte e di giorno, nessuno mai fece il minimo gesto di contrarietà verso di noi... Chi sono i veri responsabili di questi disastri? Se potessimo guardarli in faccia non sarebbero molti e non avrebbero poi tutti la pelle «era... « Vi prego, siate prudenti, non provocate reazioni, pensate che non siamo in Francia o in Inghilterra. Noi parliamo di giustizia, ma credete che il senso di. giustizia di questa gente sia come il nostro? Molte cose che a noi sembrano incomprensibili sono logiche nelle condizioni del Congo. Il paese è così, nessuno potrà cambiarlo in un giorno. La sua famiglia è diversa dalla nostra, il suo clan ci è ignoto, gli stessi cannibali del Manie| ma credono di compiere un ragazzi\ rito religioso... Queste popolazioni hanno sopportato per.secoli le invasioni degli arabi e dei bianchi, le razzie, lo schiavismo e le carestie. Certo, i crimini vanno puniti, ma U popolo è umano e ingenuo, scrivetelo, anche se primitivo e se può infuriarsi contro gli stranieri... ». Alberto Ronchey