Uccide il toro con un pugnale a forma di r Pilotili» di cui Maria Gabriella sarebbe innamorata

Uccide il toro con un pugnale a forma di r Pilotili» di cui Maria Gabriella sarebbe innamorata Simbolo della vecchia Spagna aristocratica e cavaller Uccide il toro con un pugnale a forma di r Pilotili» di cui Maria Gabriella sarebbe innamorata Don Angelo Perralla combalte secondo le regole dell'epoca feudale: a cavallo e armalo di un giavellollo - Il momento più spellacolare della corrida si svolge all'insegna della rosa rossa - Lo stiletto viene piantalo sul garrese dell'animale e sembra un fiore di sangue - Eppure molle donne sognano di vederselo offrire dall'eroe vittorioso (Nostro servizio particolare) Roma, 22 novembre. Don Angelo Petratta, l'uomo di cui Maria Gabriella di Savoia pare si sia innamorata, è un simbolo della vecchia Spagna aristocratica e cavalleresca. In quest'epoca di astronauti, egli ama combattere i tori non alla maniera dei ìnatadores come Ordonez e Do- minguin (ohe già nelle arene evocano fantasmi di un passato lontano) ma addirittura secondo le regole che fiorirono nell'epoca feudale: a cavallo e armato di giavellotto, in spagnolo rejon. Insieme col fratello Don Raffaele, forma un duetto che tutti gli spagnoli conoscono col nome di <Bermanos Petratta », prezioso e raffinato, che solo raramente scende a combattere nelle plazas de toros. I due fratelli, ricchi e di famiglia aristocratica, coltivano questa arcaica forma di tauromachia per divertimento, e non hanno bisogno di correre dietro ai contratti come i toreri di professione. Nel luglio scorso, durante le feste di S. Firmino a Pamplo- na, mi capitò di assistere ad l i a a o , o e o un combattimento dei due celebri rejoneado'res. Sono entrambi molto belli e races. Altissimi, magri, i volti asciutti come quelli di certi condottieri che si ammirano nelle tele del Prado, entrarono nell'arena, che Hemingway amava, in sella a due splendidi cavalli che avanzarono verso la tribuna d'onore simmetricamente, uno a fianco dell'altro, con i passi lenti e cadenzati della scuola di Dipizza, al suono di una festante fanfara. Fu? rono sommersi da un uragano di applausi. Imbracciando il lungo giavellotto, simile a quello che Cario v .reca in un'celebre quadro di Tiziano, i fratelli facevano pensare alle figure dei cavalieri antichi; solo che al posto dell'armatura indossavano costumi da gauchos, i corpi-pantaloni sventolanti di pelle nera, i giubbetti attillati, i cappelli a larghe tese con il soggolo tirato sotto il mento. Fin dalle prime evoluzioni, si potè capire che più che stare in sella, essi formavano un corpo solo col cavallo; un dominio, una destrezza, che combinavano insieme il cowboy e il saltimbanco del circo equestre, il pellirossa ed il cosacco. Senza una simile perizia, sarebbe impossibile combattere il toro col « rejon ». Controriamente a quanto si può supporre, il toro, benché pesi mol to di più e appaia di costitu zione assai più massiccia, possiede uno « scatto » che batte qualsiasi cavallo nei primi trenta o cinquanta metri di corsa. Se non fosse il cavaliere a guidarlo con un arabesco di astuzia, il corsiero, per quanto veloce, finirebbe per soccombere all'inseguimento del toro. Nella partita al < rejon », le gambe del cavallo corrono con l'intelligenza dell'uomo che sta in sella. E se per un momento dimentichiamo lo sfondo sanguinoso di un simile spettacolo, è bello vedere come il cavallo vince la paura sacrosanta del toro che gli trema in ogni nervo, grazie alla fiducia nell'uomo che gli sta sopra, e par che si diverta a farsi beffe di un avversario tanto più forte di lui. I suoi occhi bianchi di spavento sembrano sprizzare scintille di gioia ogni volta che, grazie ad un fulmineo volteggio, le corna del toro mancano il bersaglio. Sarebbe troppo lungo descrivere particolareggiatamente l'arte del trejoneadory. Perdo mi limito solo all'essenziale della manovra, che somiglia a quella del « banderillero ». I fratelli Perralta, a turno, puntano a grande velocità verso il toro, avendo cura di descrivere un percorso ad arco di cerchio che si restringe sempre di più. Il toro, non può investire mai direttamente: per far ciò egli dovrebbe conoscere le leggi della balistica, e puntare subito verso il punto in cui il cavallo passerà in un momento successivo, cosi come fanno, per esempio, le artiglierie contraeree. Il toro, invece, è costretto a spostare continuamente la mira verso un bersaglio che, aggirandolo, lo costringe a volgersi su se stesso: e si tratta di una manovra che egli non può compiere se non perdendo tempo: un attimo, che è quello di cui il « rejoneador » approfitta per piantargli il giavellotto nel collo e per fuggire fulmineamente. Mentre si allontanano, i Perralta tengono stretto in pugno il giavellotto che si spezza di schianto, nel collo dell'animale che si vela di rosso rimane ivsvpgpsadgstrrtcaègcisgafincm infitta una punta di quindici o venti centimetri. D'operazione si rinnova cinque, sei, sette volte; sono terribili colpi di pugnale, ognuno dei quali toglie al toro, visibilmente, una parte della sua forza e del suo slancio; fino a che stramazza al suolo per non alzarsi più. Il momento più spettacoloso della corrida a cavallo si svolge all'insegna di una rosa rossa. Invece del lungo giavellotto, don Angelo Perralta carica reggendo in mano una rosa rossa munita di un corto gambo di fèrro, appuntito che infigge nel < morillo » del toro, sempre con l'astuzia che abbiamo descritto. D'esercizio è più pericoloso, perché il gambo del fiore, motto più corto del « rejon », costringe il cavaliere a protendersi sul bersaglio accorciando le distanze ed i tempi. Infitta sul garrese rosseggiante del nero animale, la rosa sembra un fiore di sangue; e le sue spine non potrebbero essere più crudeli. Cedendo per un attimo all'estetismo feroce di un simile spettacolo, potremmo chiamarlo un c fiore del male ». Eppure ho visto che molte donne se ne inebriano, e non, solo spagnole; e c'è da scommettere che più d'una sognerebbe, in quel momento, di vederselo offrire sulle punte delle dita dal vittorioso c rejoneadory. Questi brevi tratti, penso che bastino a chiarire quel che ab biamo detto in principio sul l'arte aristocratica ed arcaica degli Heimanos Perralta, Da Spagna, per molti aspetti, è un paese che vive nel passato, che trattiene la sua storia con un abbraccio tenace. il iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiii è . I due cavalieri dall'esile figura sembrano provenire da un mondo che non esiste più, e che forse può suscitare molte inconsapevoli nostalgie. Da corrida nacque a cavallo ad opera dei nobili feudali, che amavano spingersi a caccia dei tori selvaggi della vecchia Castiglla, armati di lancia, per tener destro l'occhio ed il braccio. Nel Settecento, i re Borboni che succedettero a quelli austriaci, non nascosero la loro avversione per un simile sport. Gli aristocratici misero da parte il « rejon », e il loro posto venne preso da uomini comuni, che non potendo permettersi una cavalcatura presero a combattere il toro a piedi. Da corrida diventò popolare. I nobili si limitarono ad allevare i tori da combattimento, ciò che fanno ancor oggi. I Perralta, rinnovano oggi un'arte che apparteneva alla cerchia dei re. Ora noi non vogliamo dire che, se sono vere le notizie dell'idillio e del possibile matrimonio, Jfaria Gabriella di Savoia abbia ceduto anche a suggestioni che tuttavia possono essere comprensibili. Sarebbe più sorprendente se si fosse innamorata di un astronauta. Da Spagna è il paese d'Europa che oggi fornisce al sangue reale le più frequenti occasioni matrimoniali, e può darsi che non si tratti di un semplice caso. Baldovino e 1 Fabiola, Za principessa di Grecia e Juan Carlos, ed ora, a quel che sembra, Maria Gabriella e don Angelo Perralta, ultimo re della corrida a cavallo. Alfredo Todisco iiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii Don Angelo Perralta, l'aristocratico possidente spagnolo amico di Maria Gabriella

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