Dove furono massacrali i piloti tre italiani vivono ancora nel terrore di Alberto Ronchey

Dove furono massacrali i piloti tre italiani vivono ancora nel terrore L'Orni non può agire: la ricerca dei colpevoli scatenerebbe atroci rappresaglie Dove furono massacrali i piloti tre italiani vivono ancora nel terrore Sono con loro altri 35 europei -1 ribelli non fanno differenza tra i bianchi; l'odio per i colonialisti è sconfinato - Contro queste forze primitive le Nazioni Unite sono disarmate : dispongono appena di 15 mila uomini, e dovrebbero controllare 13 milioni di congolesi su un territorio vasto sette volte l'Italia - Il caos politico e militare nel Congo è terribile - La responsabilità non è soltanto del lumumbista Gizenga; anche Tshombe ed i mercenari che lo sostengono hanno gravi colpe (Dal nostro inviato speciale) Léopoldville, 20 novembre. Stamane al Parlamento congolese, deputati lumumbisti del Psa, il partito di Gizenga, e del Muamba, hanno accusato il premier Adoula di avere insultato l'esercito congolese nella deplorazione dei fatti di Kindu. Essi hanno affermato che gli italiani non appartenevano all'Onu, ma venivano dalla Angola per ordine di Ciombe: dunque i soldati congolesi avevano ragione. Ha risposto il deputato Dondo, deplorando come falsa tale versione e aggiungendo che i soldati congolesi si sono nutriti di carne umana. E' seguito un violento tumulto, e la seduta è stata sospesa. Il Parlamento tornerà a riunirsi domani a porte chiuse. In quale atmosfera? I soldati della guardia congolese che presidiano il Parlamento hanno reagito alle parole del deputato Dondo, membro del partito del prir.io ministro Adoula, ritirandosi in segno di protesta nelle loro caserme. L'esercito, a loro giudizio, sarebbe stato offeso. Non è chiaro se tale episodio possa preludere a nuove rivolte; certo è che anche la disciplina dei soldati di Mobutu appare scossa. La situazione è incerta e grave. Da nove giorni i 13 aviatori italiani in servizio dell'Onu sono stati uccisi a Kindu, uccisi in quel modo. Il Comando delle Nazioni Unite conosce ogni dettaglio dell'accaduto. Sono giunte in suo possesso anche otto fotografie: non possiamo dire che cosa documentano tali immagini, si tratta di particolari atroci, selvaggi: dire che si è commesso uno scempio, è ancora nulla. Tuttavia, fino ad oggi, l'Onu si è limitata a costituire una commissione d'inchiesta. Le truppe ammutinate contro il governo.centrale del Congo drugtinoi emrGfisppscsadmnCepuddrltsmcmmapparKtclcebmCtsnaomdominano ancora Kindu ed il Kiyutffldtto l'influenza del-»à&<H ìtimfiwtMó+à A'nfnìnc capo lumumbista Antoine Gizenga. L'Onu non ha, nel corpo di spedizione, un contingente di truppe capace di accerchiare la città, di catturare il colonnello Pakkasa, di punire i colpevoli. Le truppe malesi che presidiano tuttora il campo d'aviazione di Kindu, hanno ricevuto di notte per via aerea un rin forzo di soli 300 uomini. I quattromila italiani che ri siedono nel Congo (ed alcu ne centinaia di essi a LéO' poldville) sono esasperati. Ma l'Onu è paralizzata da una circostanza tragica: 38 europei vivono ancora a Kindu, alcune centinaia nel Kivu. Qualsiasi rappresaglia, almeno per ora, provocherebbe una nuova strage, anche se fosse possibile raggiungere e punire solo i col pevoli. Fra i trentotto coloni europei di Kindu, si trova no anche tre italiani: i fratèlli Arcidiacono ed un farmacista. E' impossibile, oltreché insensata ed indegna dell'Orni, una rappresaglia indiscriminata; ed è impossibile, per ora, la ricerca dei colpevoli, anche se una punizione esemplare costituirebbe il migliore contributo alla pacificazione del Congo. Lo stesso governo centrale di Léopoldville è impotente, perché non dispone di truppe fidate e disciplinate. La rivolta cova dovunque, non solo a causa della propaganda sediziosa: basta un po' di alcool di palma. Ho incontrato oggi a Léopoldville un terzo fratello della famiglia Arcidiacono, che vive a Kindu. Al momento della rivolta e poi durante la strage, si trovava nella capitale, per lavoro: trema all'idea di quel che può accadere ai suoi. Egli racconta che già nel mese di febbraio, a Kindu, una comune lite fra soldati nigeriani dell'Onu e congolesi si trasformò in una sparatoria di tre giorni e quattro notti. Vennero annunciati ufficialmente 8 morti e 48 feriti, ma le vittime furono assai più numerose: un ufficiale nigeriano venne fatto a pezzi a colpi di madiate, la scimitarra congo lese. Fu allora che i nigeriani vennero sostituiti con le truppe malesi, quelle del comando che ha tentato in vano di salvare i 13 ita liani. Alfio Arcidiacono aggiunge che i battaglioni congolesi non fanno alcuna differenza fra i soldati bianchi: ogni europeo, per essi, .ò un Male flamand, un « su- dicio fiammingo » mercenario del Katanga. Basta che un solo congolese cominci a gridare, agitando la machete, perché il massacro sia inevitabile. Sappiamo bene, ormai, come si concludono i massacri : con riti pagani e con un commercio innominabile. Appaiono spaventose le responsabilità di Antoine Gizenga e di coloro che per fini politici non esitano a sollevare simili truppe e popolazioni, sapendo fin dove può giungere la rivolta, e sapendo che essi stessi non conservano ia minima possibilità di controllare gli avvenimenti. Non si tratta di truppe, non di uomini, ma di poveri detriti d'umanità fermi alla preistoria. Chi se ne serve, non può essere considerato un capo politico: è, a pieno titolo, un criminale. Avevamo visto Gizenga due mesi or sono a Belgrado, nei giorni della conferenza dei paesi neutrali, e lo avevamo ascoltato mentre contraddiceva un discorso moderato del suo primo ministro, Cirillo Adoula. Lo conoscevamo come un demagogo fanatico, sapevamo che di lui si servivano a loro volta alcuni agenti di paesi non interessati alla pace del Congo; ma ora ci appare anche come il primo responsabile dell'eccidio di Kindu e delle stragi che pò trànno seguire nelle provin ce orientali. Una parte di responsabilità, beninteso, spetta anche ai massicci interessi economici e ai mercenari bianchi che sorreggono, in modo oltraggioso per il Congo, la secessione del Ka tanga, riservandosi il pos sesso delle sue ricchezze minerarie e assolvendo le atrocità di Ciombe. Ma, oggi, ogni nuovo spargimento di sangue-va impu- a ;i..i.tJT -«Arti _™ tato r; anzitutto Ja.'- Gizenga. -tì* cèrto ,ctfe prima o'.poi dovrà risponderne. L'Onu opera nelle peg giori condizioni. Dopo il ri tiro dei contingenti militari già offerti' dalla Guinea, dal Mali, dal Marocco e dalla Tunisia, gli effettivi dei ca schi blu si sono ridotti a 15.500 uomini (e si ridurranno probabilmente anco ra) su una superficie di oltre due milioni di chilometri quadrati, popolata da 13 milioni di indigeni. E solo 16, sui 100 paesi membri dell'Onu, sostengono le spese previste per quest'anno in 120 milioni di dollari, con un deficit di 58 milioni. E' inevitabile che l'azione dell'Onu sia sottoposta a gravi censure; eppure chi giunge a Léopoldville, almeno oggi, non può considera¬ En re l'Onu se non come un disperato corpo di missionari. E' pure necessario sottolineare che l'Onu, per quanto censurabile sotto alcuni aspetti, è la sola forza capace di risolvere la crisi più tragica dell'Africa nera. I suoi soldati accettano di correre ogni giorno dei rischi atroci; i suoi medici attraversano da soli le giungle. L'Onu è una ideologia, una chiesa con i suoi fedeli, la sola entità capace di salvare il Congo dall'intervento massiccio di altre forze, che trasformerebbe l'Africa in un perenne campo di battaglia. La critica contro i profeti disarmati delle Nazioni Unite è facile, poiché l'organiz¬ zazione deve contenere le opposte pressioni del mondo comunista e del neocolonialismo, e i risentimenti dei paesi afroasiatici. Più utile delle critiche sarebbe, tuttavia, soccorrere i profeti disarmati, ricordando che, se l'Onu dovesse abbandonare il Congo, ciò equivarrebbe a una catastrofe, che provocherebbe a sua volta altre sciagure. Ma la pacificazione è possibile solo alla condizione che siano disarmate sia le soldataglie perennemente ribelli al governo centrale, sia le truppe del Katanga, sostenute dai patos-commandos mercenari del neocolonialismo. Lo scopo, tuttavia, non è realizzabile con 15 mila uomini, per quanto animati da spirito missionario. E' già stato ucciso Hammarskjoeld, sono stati uccisi tredici aviatori italiani, la stessa strage di Kindu è stata accertata solo perché un singolo funzionario dell'Onu, l'italiano Pagnanelli, osò spingersi mercoledì scorso, con una scorta di due soli soldati malesi, fra i ribelli selvaggi di quella città. Occorrono ben altri mezzi. Oggi si è appreso che la commissione mista, costituita fra l'Onu e il governo congolese per condurre la inchiesta sulla strage degli italiani, si recherà probabilmente a Kindu. Numerose domande sono state ri¬ volte a questo proposito al portavoce dell'Onu: « Come potrete raggiungere Kindu ? ». « Ne abbiamo i mezzi ». « Quali ? ». « Non possiamo dirlo ». « Perché non avete agito prima? ». « Non potevamo scatenare un'azione alla cieca contro migliaia di uomini. Il colonnello Pakkasa, comandante del presidio ribelle di Kindu, che per quattro giorni aveva mentito all'Onu e al governo di Léopoldville sostenendo che gli italiani erano fuggiti, si trova ancora sul posto, e non si sa da chi prenda gli ordini ». Alberto Ronchey Due « C 119 » in volo su Pisa; l'aereo precipitato nel Congo era dello stesso tipo (Tel.)