Figli degli italiani e bimbi inglesi formano un'unica, serena comunità di Gigi Ghirotti

Figli degli italiani e bimbi inglesi formano un'unica, serena comunità Vita dei nostri connazionali a Bedford Figli degli italiani e bimbi inglesi formano un'unica, serena comunità Studiano e giocano insieme, senza le barriere che ancora dividono g li adulti - Ma queste sono dovute alla lingua ed alle abitudini, più - che ad una reciproca incomprensione - I centomila emigrati italiani si sono inseriti quasi tutti nel nuovo paese, senza troppe difficoltà e con molti vantaggi - Anche i buoni abitanti della vecchia Bedford li hanno « accettati » senza riserve, dopo gli screzi di dieci anni fa (Dal nostro inviato spedalo) Bedford, novembre. Era uno di quel magistrati inglesi che sledono in udienza con la parrucca in testa e quando pronunciano il verdetto vi aggiungono, in appendice, la ptternale per l'imputato, c Sorry », diceva il giudice, « sorry indeed >, e si vedeva benissimo che era dispiaciuto di dover condannare quel giovane che gli stava dinanzi. Quando l'udienza fu tolta, il giovane si rivolse al suo difensore: «Ma se gli dispiace tanto, perché mi manda in prigione?». «Ha detto il giudice», gli spiegò il difensore, «che gli dispiace molto perché tu sei il primo italiano condannato per ubriachezza. Il primo, capisci, in dieci anni da che gli italiani sono a Bedford». L'episodio, avvenuto qualche giorno fa, non avrebbe in sé molta importanza: che cosa sono poche sterline di multa e qualche giorno di pancaccio nella vita di una comunità di cinquemila persone, che da dieci anni vive correttamente? Il rammarico del giudice di Bedford costituisce un certificato di buona condotta per i nostri connazionali: nel 1951, quando arrivarono a Bedford le prime centinaia di operai, chiamati per lavorare nelle fabbriche dei mattoni, nella vecchia e nobile cittadina molte porte si chiusero per il dispetto. Bedford conta oggi cinquantamila abitanti; ma nell'Immediato dopoguerra ce n'erano soltanto trentacinquemila. Benché i contatti tra Londra e Bedford siano sempre stati rapidi e facili, la città dei mattoni viveva entro la chiostra prudente delle convinzioni e dei costumi della provincia inglese. Quando, dopo l'arrivo degli operai, seguì l'ondata delle mogli e dei Agli, gli animi si allarmarono ancor di più. Un giorno accadde un fatto: un signore di Bedford, che si voleva disfare della casa, la mise in vendita. La casa in questione sorgeva in Spenser Road, in uno dei quartieri più graziosi della cittadina: una doppia fila di case tutte uguali, tetto a cuspide, due colonnine all'ingresso, il verandino, la siepe, 11 muretto e un piccolo giro d'orto Intorno. Il signore di Bedford non trovava, lì per lì, un compratore; sì fece avanti infine uno straniero, certo Carmelo, che lavorava nei mattoni. L'italiano versò una sull'altra le sterline richieste e subito dopo incominciò a rivelarsi il suo piano di battaglia. Carmelo non era che uno dei compratori: altri tre o quattro capi-famiglia si erano associati con lui per riunire la somma necessaria all'acquisto. Carmelo guidò la marcia. Si installarono tutti: nel salotto del pianoforte si insediarono sette figlioli; nel verandino andò a stiparsi un'altra grossa famiglia; altre stanze andarono a cognati, cugini, zii, nipoti; 1 corridoi furono dati in subaffitto. Fu un avvenimento memorabile. A Bedford non si era mai vista una casa tanto ricolma di umanità. Quel bambini che strillavano tutti insieme, quelle madri che 11 rincorrevano in mezzo alla strada, chiamandoli con tutta la voce e tutti gli accenti del nostro Mezzogiorno, quei giovanotti bruni che andavano avanti e Indietro ad ogni ora nel quartiere di Bedford destinato ai cultori più esigenti della privacy familiare, fecero in brevi mesi le loro vittime. I vicini stimarono insostenibile quella vita e misero in vendita la propria casa. All'istante si tcrmarono altre cooperative di compratori che, al pari del Carmelo di cui ah diamo parlato, installarono tutte le loro famiglie. Una casa dopo l'altra, a prezzi sempre più bassi, Spenser Road cominciò a cambiare fisionomia: spopolandosi dei suoi naturali abitatori. Di 11 a poco la stessa epidemia si diffuse anche in una strada vicina, Alexandra Road e Mittland Road. Cosi è avvenuto che gli italiani, oggi, non sono più Isolati in baracche, come nei primi tempi, né ospitati in case popolari, ma occupano Invece la parte più nobile della città, quella che era stata costruita per gli snob. Ora vi aspetterete di sentire i soliti discorsi sulle vasche da bagno trasformate in aiuole per l'insalata e del tubi da stufa che escono dai muri del salotto. Invece, nemmeno per un momento a Bedford si ba l'impressione di essere calati in un angolo straccione e fhiasboso del nostro Sud. E' avvenute- in un decennio un rapido adeguamento dell'uomo all'ambiente. Le case non sono più sovraffollate nella misura che tanto panico scm,!nò tra I vicini. « Ogni famiglia occupa la sua villetta; le vasche da na gno, dopo alcune incertezze 'niziali sono ritornate alla loro funzione originaria, il salotti tu con il pianoforte ospita '1 televisore, nei garages è <»n trata una macchina scura, marca britannica, targa *iri tannica. Anche 1 passanti di Spenser Road, Alexandra Road, Mittland Road riflettono l'i-m»gabile rispettabilità del luogo: non che abbiano adottato l'om¬ brello o la bombetta, ma occorre tendere bene l'orecchio per avvertire dai loro discorsi la loro provenienza. Entriamo nella «Casa d'Italia» di Spenser Road. E' una villetta uguale alle altre, con alcune sale per 11 biliardino, per 11 gioco delle carte, Il juke-box. La collettività italiana di Bedford dispone di una sua squadra di calcio, « gli Azzurri » che gioca <n quarta divisione; dispone del medico, dell'asilo, di tassi, di barbieri, di negozianti che fanno arrivare dall'Italia olio e spaghetti. In occasione di matrimoni e di battesimi, 11 salone principale si apre al rinfreschi, e viene chiamato allora il « Complesso Vesuvio » una orchestrina ^he suona ballabili moderni e che di recente si è arricchita perfino del suo bravo « urlatore ». Al banco della piccola mescita c'è una giovane sposa torinese, Maria Zana-Marino; è l'unica piemontese di Bedford, arrivata qui nel '55 come infermiera. Poi trovò marito e una nuova occupazione. Anche suo marito, un veneziano, ha cambiato mestiere nel giro di pochi anni: entrato in Inghilterra come stagnatore, passò poi alle fabbriche di mattoni, infine si mise :n proprio come decoratore, e ora viaggia con il suo furgoncino per la città, carico di vernici e di pennelli Questa è la caratteristica del lavoro italiano in Inghilterra: scaduti 1 quattro anni del suo primo ingaggio, l'immigrato è libero di scegliersi una nuova attività. Quindi vediamo a Bedford e a Londra, e in tutte '.e altre città britanniche, uomini che sono arrivati per lavorare in fabbrica o negli ospedali, o nelle campagne, e che ora hanno aperto una bottega d'erbivendolo o di calzature, oppure ristoranti e pizzerie. Questi mutamenti sono possibili non soltanto per il buon guadagno dell'operaio (circa quindici sterline alla settimana, circa ventiseimilalire) quanto per le favorevoli occasioni dì lavoro che si offrono pai più di una persona in famiglia. Inoltre, sono scomparse quasi del tutto le maggiori voci di spesa nel bilancio domestico. I bambini vanno a scuola gratin, quaderni gratis, matite gratis, libri gratis, merenda gratin Per il medico l'operaio paga dieci scellini ' la settimana (ottocentocinquanta lire) con cui fa fronte ai malanni suoi e di tutta la famiglia; con altri due scellini ;n farmacia, per ogni ricetta, compra qualsiasi specialità, dalle pastiglie per la tosse alle fiale più costose. Chiediamo se la nostalgia li roda. I coniugi Marino ci mostrano il telefono: ogni quindici giorni chiamano i familiari in Italia. Ogni anno vanno a trovarli. Il clima è buono, la gente 11 ha cominciati a capire ed ora i negozianti si fan no in quattro per servir bene gli italiani. A scuola, i bimbi parlano l'inglese e aiutano i genitori a risolvere le dittico! tà linguistiche. Le differenze resistono, è inevitabile: non c'è scambio di visite tra fami glie italiane e famiglie del luogo. Ma che cosa avrebbero poi da dirsi? I figli, invece, studia no e giocano insieme, italiani e inglesi. Con la seconda generazione si annuncia la fine degli ìmba razzi recìproci, tra vecchi e nuovi cittadini di Bedford. Qualche matrimonio misto già si profila: Fatto molto importante, non si registrano episo di di « gallismo ». Altro fatto singolare: l'italiano a Bedford e in tutta l'Inghilterra ha im parato la strada del Municipio per consultarsi con le autorità e tratta il poliziotto con molta confidenza, sicuro che non gliene verranno dei guai. A capire la situazione del connazionale in Gran Bretagna, basterà qualche altro dato: gli emigrati di quest'ultimo e i : i m ! 1111 m 11111 i i : 111 e 1111111111 > 11 m i e 11111 [ 11111111 r < decennio sono forse centomila in tutta l'isola, di cui una buona metà vive a Londra. I rimpatri sono, in totale, una ventina all'anno. Abbandona la piazza chi soccombe al primo choc della lingua, dopo pochi giorni dall'arrivo, o chi si ammala. Ci sono, bensì, altri che pensano di ritornare al paese, ma sono quelli che hanno già accumulato il gruzzolo. La situazione è dunque vantaggiosa; l'unica difficoltà per l'italiano è di ottenere il permesso di lavoro . Non che l'Inghilterra non abbia bisogno di manodopera, che anzi deve prenderne da tutti 1 continenti, e non basta mai. Gli è che l'immigrato viene a godere degli stessi benefici dell'operalo inglese, e ciò comporta oneri che le città non riescono a fronteggiare. L'anno scorso I fabbricanti di mattoni di Bedford chiesero il permesso di poter chiamare dall'Italia altri duecento lavoratori. Le autorità comunali ri¬ sevlnscnIlvtvfscsauimmiiiiiiiiiimiiuimniiHiiiimimiiwiiiiim sposero di no. «Il reparto maternità del nostro ospedale — risposero — è già sempre affollato di signore italiane. Se ne arrivano delle altre, dovranno restare fuori le nostre ». Da questo « veto » venne fuori la storia che gli italiani non erano graditi perché disturbavano la quiete di Bedford zufolando per le strade della città, al mattino presto, recandosi al lavoro. Ma è una storia: la verità è che l'Inghilterra non desidera mettere In pericolo le strutture del suo benessere sociale . E questa è la spiegazione anche di un altro episodio, avvenuto a Hoddesdon un mese fa. In questa cittadina, trenta chilometri a nord, di Londra, vìvono circa mille italiani, dediti all'orticoltura. I datori di lavoro volevano richiedere rinforzi dall'Italia. Ma il Comune si è opposto, perché non ha case sufficienti a contenere la spinta demografica del nuovi arrivati. E questi, a loro vol¬ miiimiiiimiiiiuii^ ta, hanno incominciato a Hoddesdon l'operazione già tanto ben riuscita dieci anni fa a Bedford: una casa dopo J'altra, avanti, a famiglie riunite. Gigi Ghirotti