La nominatività delle azioni nelle Regioni a statuto speciale

La nominatività delle azioni nelle Regioni a statuto speciale In attesa de9la sentenza della Corte Costituzionale La nominatività delle azioni nelle Regioni a statuto speciale Sicilia, Sardegna, Trentino-Alto Adige hanno autorizzato l'emissione di titoli al portatore - Contro un'analoga iniziativa della Val d'Aosta lo Stato ha ricorso - Perché ? (Nostro servizio particolare) Roma, 8 novembre. La nostra legislazione azionaria ha già offerto, ed ancor più offrirà in avvenire, ampia materia per sottili controversie giuridiche. Su scala nazionale è tuttora in vigore l'obbligo della nominatività dei titoli, sancito da un decretolegge dell'ottobre 1941 e convalidato da una sentenza della Corte costituzionale del dicembre 1957. In tre regioni a statuto speciale tale obbligo è però stato abrogato con apposite leggi di portata locale. Fu la Sicilia, nel 1948, ad infliggere il primo colpo alla nominatività obbligatoria, con una legge regionale che autorizzava l'emissione nell'isola di azioni al portatore. L'iniziativa parve a molti lesiva dell'unità dello Stato nel delicatissimo settore del diritto. Il governo De Gasperi la impugnò immediatamente dinanzi all'Alta Corte per Ja Regione Siciliana (la Corte Costituzionale era ancora di là da venire), ma la sentenza, redatta da quell'insigne giurista che rispondeva al nome di Mario Bracci, dichiarò la legge pienamente compatibile con la legislazione e gl'interessi del paese. Si deve verosimilmente a tale scacco se i governi successivi si guardarono bene dal ricorrere contro analoghe iniziative della Sardegna (maggio 1957) e del Trentino-Alto Adige (agosto 1959). Dati i precedenti, pareva destinata ad avere via libera anche la legge del 6 ottobre 1960 con cui la Valle d'Aosta consentiva — essa pure — l'emis sione di titoli al portatore da parte delle società per azioni con sede nella regione. Si trattava anche stavolta di una regione a statuto speciale; per giunta, la deroga al principib generale era limitata alle società che « concretamente favoriscano lo sviluppo economico della Regione >. Viceversa, fra lo stupore dei più, il provvedimento veniva subito impugnato dal Presidente del Consiglio dinanzi alla Corte Costituzionale. Dopo la discussione della causa nell'udienza dei 18 ottobre scorso, la sentenza non dovrebbe ormai farsi attendere a lungo. L'interesse è vivissimo nella Valle d'Aosta, ma anche altrove, per le inevitabili ripercussioni che la sentenza della Corte — in un senso o nell'altro — non mancherà di esercitare. Si tratta infatti di questioni assai dibattute, specie nelle zone depresse della penisole più bisognose d'investimenti privati. Anche la Calabria, attraverso l'iniziativa di parecchi suoi parlamentari, ha chiesto l'abrogazione su scala regionale della nominatività obbligatoria. Recentemente il ministro delle Finanze, Trabucchi, si è dichiarato contrario: la Calabria non essendo una regione a statuto speciale non possiede alcuna potestà legislativa in materia di titoli azionari. Questo vale, indubbiamente, por la Calabria; non si vede P'jrò affatto come possa valere per la Valle d'Aosta, che si trova nell'identica situazione della Sicilia, della Sardegna e del Trentino-Alto Adige. ar. b.

Persone citate: De Gasperi, Mario Bracci, Trabucchi