Processo alla mafia per l'assassinio del giovane sindacalista siciliano

Processo alla mafia per l'assassinio del giovane sindacalista siciliano iiiii!iiiiiMiiiiiitiniitiiiiiiiriiiiiiiiiiimiMiiiiiii:iiiiiiiiiiiiiiiiM tiiiiiiiiiiiiiEiiiiiiiiiiiiiiitttiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiTMiiiiiiiiiiitiMiiiiiEiii EiliiiifiifiitiiiiifiiiiiiiiiiiiMiiiiniiiiiif iiriiiiiMttfiiiitiitiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMim Quattro Imputati alla Corte d'Assise di Caserta Processo alla mafia per l'assassinio del giovane sindacalista siciliano La vittima, segretario della Camera del Lavoro e del psi di Scia ra, aveva ottenuto importanti successi per i braccianti - Prima blandito e poi minacciato, aveva proseguito la sua attività - Venne trovato cadavere crivellato di colpi nel maggio 1953 - L'inchiesta sollecitata dalla madre portò al fermo di 5 persone - Una di queste, prosciolta in istruttoria, è stata successivamente uccisa (Nostro servizio particolare) Caserta, 6 novembre. E' cominciato stamane per la terga volta innanzi alle Assise di Santa Maria Capua Vetere — dove è stato trasferito dalla sua sede naturale per € legittima suspicione » — il processo agli imputati dell'uccisione di Salvatore Carnevale, it'-'giovane sindacalista segretario della . Camera ' del lavoro e del partito socialista di Sciara, in provincia di Palermo, assassinato otto anni e mezzo or sono a colpi di lupara, precisamente il 16 maggio del 1953. La vicenda di Salvatore Carnevale ispirò a Carlo Levi il libro: « Le parole sono pietre >. Secondo il rapporto tra¬ 1 i 1111 [ 1111 ■ m « 11111111111111 ; i 111111 m 11 r ì i ! 111 > ; 11 r a e — a l a e o o ¬ smesso dai carabinieri di Termini Imerese all'autorità giudiziaria, il delitfo fu voluto e attuato da elementi facenti parte della mafia, che voleva eliminare il sindacalista per l'opera da lui svolta in difesa di braccianti, contadini e operai dell'amministrazione dei principi Notarbartolo, proprietari' di vaste estensioiU Ai: terréno e d'Una cava di piètre in località Giardinaggio. Il giovane, massacrato in un'imboscata tesagli da vari sicari con il viso coperto da bende, aveva ottenuto due importanti risultati. Il primo riguardava il rispetto dei contratti di mezzadria, per cui toccava a,i fittavoli una percentuale del 60 per cento sul raccolto del 11111 ! t > 111111 m 111111 : ! i : 111 i 111 ri 111111111 ! i ; i 11,11, i ! i < i o a e i e o i a a grano e degli altri cereali e del SS per cento su quello delle olive; il secondo era relativo all'adempimento da parte dell'impresa che sfruttava una cava di pietre, sia dell'orarlo di lavoro stabilito in otto e non in undici ore, che del minimo di salario. Tutto questo aveva ; creato una: situazione tesa contro il sindacalista! Per tre *iiolm Jt mafiosi, colpiti nel loro sistema, gli fecero giungere degli « avvertimenti », sia direttamente che tramite la madre Francesca (Carnevale era orfano del padre). La mafia, come risulta da un'imponente documentazione processuale, gli offrì anche notevoli vantaggi, fra cui il dono di campi e d'un oliveto, a condizione che si dimettesse dai suoi incarichi politici e sindacali. Ma ia risposta fu immediata e decisa: il giovane, pur conoscendo quale sorte lo attendeva, non avrebbe desistito dalla sua azione, anzi precisò che in un comizio fissato per il 15 maggio avrebbe fatto in pubblico il nome di quanti tentavano di corromperlo ed erano poi passati alle minacce. Poiché il 15 vi era a Sciara una festa tradizionale, quella di c San' Giuseppe », le autorità revocarono il permesso per. il comizio. Alcuni mafiosi gli dettero un'ultima possibilità di salvarsi invitandolo per il pomeriggio del 15 a un incontro. Ma Salvatore Carnevale non andò all'appuntamento La mattina del giorno dopo un contadino, Calogero Baratta, che insieme al figlio Ma riano percorreva in sella a un mulo il sentiero dal ponte del Gatto all'abbeveratoio del Pollicino, trovò in contrada Cozze Secche un cadavere: era quello di Salvatore Carnevale. La mafia aveva mantenuto la sua promessa. Le indagini lente, difficili, in un ambiente terrorizzato dalla sicura rappresaglia qualora qualcuno avesse parlato, si arenarono. Fu la madre del Carnevale che, trascorsi invano due anni, presentò il SO maggio del 1355 un esposto al colonnello comandante la legione dei carabinieri di Paler¬ llilllllllllllllllllllllllllllllllllllllllltllllllllllllllis mo e al procuratore generale della Corte d'appello elencando una serie di fatti prevalentemente indiziari. Il risultato di quel diretto intervento fu l'arresto di cinque sospetti, tutti appartenenti all'amministrazione Notarbartolo, alcuni di Sciara e altri di Caccamo: Giorgio Panzeca (il piò, influente del gruppo) e Antonio Mangiafridda, — ritenuti i mandanti — e Luigi Tardibuono e Giovanni Di Bella, considerati gli esecutori. Vi fu un quinto arrestato, Giuseppe Cirro, prosciolto però in istruttoria. Il SI settembre del 1955 il corpo di Cirrà venne trovato in un pózzo della contrada San Basilea, presso Cerda, dove era stato messo fin dal 30 agosto. La voce pubblica disse — e i carabinieri riferirono — che la mafia, temendo le rivelazioni del Cirro, se ne era tempestivamente liberata. Il primo processo incominciò il S6 gennaio '59 e fu rinviato su richiesta di tutti gli avvocati. Il secondo ebbe inizio il 17 marzo del '60 e dopo una trentina di udienze venne rinviato per una superperizia balistica. Infatti uno dei punti centrali su cui si svolge la lotta fra i difensori e i legali della parte civile, concerne se i sei bossoli trovati vicino al cadavere di Salvatore Carnevale appartengono o no a cartucce sparate da otto fucili sequestrati durante le indagini perché di proprietà di alcuni degli imputati. La prima perizia, fatta però solo su quattro fucili (gli altri non erano stati ancora trovati), dal prof. Ideale Del Carpio, direttore dell'istituto di medicina legale dell'Università di Palermo, e da un ufficiale di artiglieria, Paolo Cutitta, lo escluse. La seconda e la terza perizia, compiute dal tenente colonnello Giuseppe Brundo-Cateno, pure del servizio tecnico di artiglieria e direttore del' Pirotecnico di Capua, stabilì che quattro di quei bossoli erano stati espulsi dai fucili sequestrati La quarta perizia, compiuta da tre esperti <di chiara fama>, tutti del servizio tecnico di artiglieria, il maggior generale Roberto Boragine, il tenente colonnello Vincenzo-Vecchione e il maggiore Fulvio Pettirossi, ha dato pienamente torto al direttore del Pirotecnico, affermando che nessuno di quei bossoli è mai stato toccato dai percussori delle otto armi da caccia. La fine del dibattimento prevista per metà dicembre. Crescenzo Guarino iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiii

Luoghi citati: Basilea, Caserta, Cerda, Giardinaggio, Santa Maria Capua Vetere, Sciara, Termini Imerese