Note senza musica

Note senza musica Note senza musica A Tokio Un'agenzia internazionale di Informazioni ha trasmesso ai giornali italiani questa notizia da [Tokio : « Un cavallo spaventato ha aggiunto una certa suspense al finale dell'opera Andrea Chénier, rappresentata ieri sera a Tokio con la partecipazione dei cantanti italiani Renata Tebaldi e Mario del Monaco. Quando Andrea e Maddalena si sono diretti alla carretta, il cavallo, innervosito forse dal crescendo dell'orchestra, ha scalpitato vivacemente. Con calma Del Monaco ha sostenuto per la vita la Tebaldi aiutandola a salire sul carro, mentre l'uomo che teneva per le briglie il cavallo riusciva alla fine a calmarlo. La rappresentazione è stata coronata da un lungo applauso durato oltre setti- minuti ». Se non un solo cavallo, ma due o tre focose pariglie, trainando la carretta, si fossero imbizzarrite, e più energica fosse avvenuta l'azione del tenore, l'applauso sarebbe durato circa un'oretta. Fanatici, gli ammiratori del « bel canto ». Bel canto Alcune locuzioni, alcune parole, per esempio: gusto, stile, per esser troppo e impropriamente usate, son divenute ambigue, e nel peggior senso equivoche. Un» di esse è « bel canto », nei significati di canto, come suono dcll'istrumento vocale, come tecnica scolastica, come modo di ■•ntare, perfino come specie di rnosizione cantilenante, ed in j estetico. E certo dimentico qualche altra accezione corrente. Già in più d'un'occasione ho elementarmente fatto notare che l'aggettivo < bel » è un pleona sma. Negli ordinamenti pedago gici si dice forse <t scuola di bel pianoforte, di bel contrabasso », e simili? Neppur ricorre nelle lauree, ed è logico, un altro aggettivo meno ammirativo, ma pur esso superfluo, « buono » : a buon compositore, o pianista, 0 violinista », né « buon dottore in lettere e in scienze comraer» ciali ». Sarà poi la società, il pubblico, il cliente, il critico, giudice della bellezza d'un'opera, della sapienza di chi esercita 1 mezzi sonori. Se v'è un'appropriatezza nella qualifica di <c bel canto », essa è storicistica, e può designare una particolarità della vocalità, quella cioè della composizione per la voce solistica, e, congiuntamente, della capacità nell'eseguire tale specie di composizione, la vocalità cioè che, dalla fine del Seicento ai primi dell'Otto, constò soprattutto di agilità, de strezza, virtuosismo, sbalorditivo, sfrenatissimo, esibizionismo soprattutto, non espressione dram matica, e perciò cosa deplorevolissima quanto qualsiasi artificio E subii- si soggiunga che siffatto « bel canto », di cui si hanno saggi e documenti nel prezioso volume Carlo Broschi Farinelli Gesangskwist der Kastraten di Franz Habock, era insito non in ogni sorta di composizione, e mai, per esempio, nelle parti dei personaggi « comici » nelle « opere comiche », bensì soltanto, e neppur sempre, nelle parti dei personaggi « aristocratici » nelle opere serie o comiche. Una convenzione, una moda, e niente altro. Non so quanti « virtuosi » di oggi saprebbero eseguire testualmente, e ripetutamente, gli infiorettatissimi, prolungatissimi vocalizzi con i quali i « belcantisti » della così detta « epoca d'oro», incantavano, i fanatici del « bel canto ». Questa chiacchierata è suggerita da) volume Le bel canto di Oliver Merlin, (editore Julliard di Parigi per la collezione Mappamondo), che reca notizie e aneddoti di centinaia di cantanti e di operisti di ogni Paese, e, cominciando, mostra quanto sia, ripeto, equivoca la locuzione «bel canto». Ecco: un camionista sulla strada di Amalfi canta canzoni napoletane, e lo scrittore s'estasia: J'avais goùté cai bel canto ». Due clienti d'una taverna in un comuncllo negli Appennini litigano sull'argomento se quello di Verdi sia un grand chant, e quello di Puccini un bàtard. Quel dialogo, nota l'autore, m'avait enseigné d'un coup deux autres facon d'entendre le bel canto. Un altro « bel canto », soggiunge, s'est leve à la fin du siede XIX, Yopéra moderne de Puccini. Da parte queste moltiplicazioni del bel canto, il Merlin interessa e diletta narrando ampiamente la vita e la carriera della Callas e naturalmente della Tebaldi, di Del Monaco e di Di Stefano, di Corelli e di Alva, della Pons e della Ponselle, e di cento altri, anche del dottor Ghiringhelli e del maestro Menotti. Tarimi In seguito alla pubblicazione ne La Stampa del mio articolo sul travamento di preziosi manoscritti musicali, fra i quali molti di Tartini, e sulla vendita all'Università di Berkeley, // Gazzettino di Venezia rileva la sorpresa della scoperta, e, fatta una prima indagine, precisa: « Secondo quanto è stato possibile apprendere, la vendita di questi rari originali — un migliaio — sarebbe dovuta ad un equivoco. Il proprietario infatti, il sig. Fiorenzo Parmentier di Sacilc, li aveva scambiati per libri antichi c non aveva conscguentemente potuto valutarne il grande valore. La raccolta non si trovava più a Sacile già da qualche anno, avendola il signor Parmentier ceduta ad un antiquario di Faenza. Quest'ultimo avrebbe poi venduto la collezione all'Università americana. Il Parmentier, informato dell'emigrazione in California del prezioso materiale, ha manifestato viva meraviglia e profonda amarezza. Certamente si tratta di una grave perdita per la cultura italiana ». Cosa fatta capo ha. A. Della Corte

Luoghi citati: California, Faenza, Parigi, Sacile, Tokio, Venezia