Un giovane confessa in sogno d'avere assassinato una bambina

Un giovane confessa in sogno d'avere assassinato una bambina Ofi fitte mesi viveva sotto l'incubo del delitto Un giovane confessa in sogno d'avere assassinato una bambina La drammatica scena nella guardina della gendarmeria dì Lione - Dopo il risveglio, la descrizione dell'assurda uccisione, compiuta senza nessun motivo nella cantina della casa dove abitava la bimba O.tl nostro corrispondente Parigi, lunedì mattina. Il rimorso ha indotto un assassino a confessarsi. Avendo ucciso un paio di mesi fa, senza alcuna ragione, la figlioletta dei padroni, Dominique, di 8 anni, il diciannovenne Jean Devaux è vissuto per tutto il tempo in un insopportabile incubo e alla fine, in sogno, si è denunciato perché la sua coscienza non poteva più sostenere il peso di un cosi terribile segreto. Il crimine avvenne uno dei primi giorni di luglio nel sobborgo Uonese di Bron Parilly. Verso la fine del pomeriggio il macellaio Bessard e sua moglie, non vedendo più la figlia dinanzi la bottega, la cercarono invano. Era stata scorta un'ora prima mentre parlava con una compagna, poi aveva chiesto al garzone della macelleria Jean Devaux di darle dicci franchi per andare a comprare una caramella; si era poi recata effettivamente a comperarla e da quel momento nessuno l'aveva più vista. Fu avvertita la gendarmeria, decine di persone si misero a percorrere in tutti i sensi il paesetto e la campagna. Il suo cadavere fu scoperto l'indomani nella cantina della casa. Era atrocemente mutilato; tuttavia l'autopsia rivelò che la piccina era stata uccisa da una coltellata alla gola, ma non aveva subito violenze. Era uji crimine incomprensibile e l'inchiesta brancolava nel buio quando il garzone Jean Devaux si presentò ai gendarmi dichiarando di essere stato aggredito e percosso. Fece un racconto che ai gendarmi parve molto romanzesco, tanto più che il medico non aveva riscontrato nessun segno dei colpi che il giovane diceva di avere subito. Poiché voleva ad ogni costo essere creduto, il giovane si recò nella cantina dove era stato trovato il cadavere della piccola Dominique, batté il capo contro il muro a ritornò dal medico, dicendogli che certamente si era sbagliato poiché una ferita c'era. Al dottore lo stranissimo comportamento del garzone tolse ogni dubbio: certamente Jean Devaux aveva mentito. Il medico espose la sua opinione ai gendarmi, i quali andarono a prelevare il giovane a casa e lo condussero nel loro ufficio per interrogarlo. Le sue risposte parvero sospette e, poiché a sera l'interrogatorio non era finito, i gendarmi prepararono una branda affinché il giovane potesse riposare un po' prima di essere sottoposto ad altre domande. Egli si addormentò e immediatamente incominciò ad agitarsi, a pronunciare /rfst sconnesse, una delle quali però fu afferrata dai gendarmi con un certo stupore: « Dominique, l'ho uccisa io; Dominique... >, diceva il giovane addormentato, mentre dalla fronte gli scendevano grosse gocce di sudore. A varie riprese, durante l'incubo, il garzone ripete altre frasi, alcune delle quali acquistarono per i gendarmi un senso preciso. Quando si svegliò e li vide dinanzi a sé decisi a farlo confessare capi di essersi inconsciamente tradito. L'interrogatorio ricominciò dall'aggressione che egli aveva denunciato e alla fine il giovanotto fu costretto ad ammettere che l'aveva in- ventata di sana pianta. Poi dette una precisazione: « Mi sono ferito gettandomi contro il muro della cantina ». / gendarmi afferrarono la palla al balzo: -« Proprio nella cantina dove la piccola Dominique fu trovata assassinata, ti ricordi f >. Devaux impallidì, si mise a tremare e disse ancora: «Volevo anch'io passare per una vittima. Tutti mi sospettavano, sentivo su di me gli sguardi dei padroni e quelli di tutti i clienti della bottega, dei vicini... ». Infine, chinando il capo urlò come per sbarazzarsi con forza di un tremendo segreto: < E' vero però, l'ho uccisa io ». / gendarmi aspettarono che si calmasse e lo invitarono a raccontare con esattezza ciò che era accaduto. La piccola Dominique gli aveva chiesto dieci franchi ed egli glieli aveva dati. Le voleva bene. Mentre la bambina andava a comperare la caramella, lui era sceso nella cantina con i coltelli e un secchio d'acqua per arrotarli sulla mola. La piccina l'aveva poi raggiunto. « La vidi arrivare — ha raccontato — e mi si intorbidò lo sguardo. La vedevo come attraverso una fittanebbia. Non so perché, afferrai il coltello e la colpii alla gola. Poi lo lavai nell'acqua del secchio e ripresi il mio lavoro ». Quando i genitori si furono accorti della scomparsa della piccina, il suo assassino partecipò alle ricerche, accompagnò il piccolo cadavere al cimitero e nessuno avanzò sospetti contro di lui: la sua confessione ha colto tutti di sorpresa a Bron Parilly. Ma nello sguardo di ognuno egli leggeva invece il sospetto, non riusciva piti a dormire la notte e a volte si svegliata di soprassalto pronunciando il nome di Dominique. Non ne poteva più. Il suo cervello incominciava ad annebbiarsi. Il racconto del delitto lo ha finalmente calmato. Il giovanotto ha ripetuto la confessione al giudice istruttore, il quale ha deciso di farlo esaminare dagli psichiatri. 1. m.

Persone citate: Bron, Bron Parilly, Devaux, Jean Devaux

Luoghi citati: Lione, Parigi