II giornalista e l'ergastolano di Enrico Emanuelli

II giornalista e l'ergastolano II giornalista e l'ergastolano Anche gli avvenimenti che colpiscono l'immaginazione di tutti pare che tramontino presto, ma in realtà non è cosi. Essi, diventando ricordo, si tramutano in giudizi amari e in stati d'animo semisegreti, che agitano però le coscienze. Gli esempi si trovano nel campo della pubblica amministrazione (la stazione aerea di Fiumicino), della politica (la Camera che non permette di procedere contro un gruppo di deputati coinvolti nello scandalo Ingic), del'-, giustizia. E qui, per esemplificare, ci rifaremo alla fresca vicenda dell'ergastolano, ma guardando!;: Ja un punto di vista che potrebbe sembrare marginale. Non è necessario ripetere gli elementi di quella incredibile storia. Tutti i « personaggi » sono .stati messi in luce: l'innocente Salvatore Gallo; lo scomparso, ma non morto, suo fratello Paolo; la moglie di costui, che adesso è in carcere. Si è anche scritto sui due testimoni, che già nel periodo istruttorio "dicevano d'aver visto il presunto assassinato e furono prima ritenuti falsi e poi quasi costretti a ritrattare. Ma nessuno, con l'ampiezza che si meritava, ha parlato di un altro personaggio, che pure ha gran parte nella soluzione del caso giudiziario. Si tratta di un giornalista di Cutania, il suo nome e Enzo Asciolla e subito aggiungiamo di non averlo mai conosciuto nè sentito nominare prima d'ora. Quanto ha fatto merita però di essere divulgato, per riconoscergli quel che gli spetta e per cavarne qualche considerazione. Nel 1958, quando si celebrò a Catania il giudizio d'appello che doveva confermare la condanna all'ergastolo di Salvatore Gallo, il giornalista Asciolla segui il dibattimento dalla prima all'ultima udienza. Non rimase convinto e fu questa la prima mossa generosa del suo animo. L'Asciolla argomentava così: « Ammettiamo che Salvatore abbia ucciso il fratello. Al momento di nasconderne il corpo ha rivelato un'abilità diabolica, se i carabinieri e i cani poliziotto non sono riusciti a trovarlo. E' logico, allora, che questo stesso uomo sia stato poi così ingenuo da lasciare sul posto del delitto il berretto dell'ucciso, sporco di sangue?». (Da notarsi, aggiungiamo noi, che quel berretto fu ritrovato" dallo stesso Salvatore il quale non lo fece scomparire, ina 10 mostro ai carabinieri). Il giornalista, davanti a questi pensieri, non si dava pace e faceva del suo meglio — disponendo di pochi mezzi e di poco tempo — per tener viva la « questione », almeno dentro di sé. Ogni tanto l'avvocato che aveva difeso Salvatole dava ad Asciolla qualche notizia e Asciolla si rimetteva in moto, cercando nelle campagne, nelle fattorie, lungo le strade il Paolo ritenuto ucciso o qualcuno, almeno, che ripetesse di averlo visto. Ma anche quando riusciva a trovare un indizio e tentava di farlo vero con una testimonianza, tutti chiudevano subito la bocca. Di delusioni Asciolla ne ebbe molte, ma non abbandonò le ricerche. Ogni tanto c'era chi diceva in confidenza d'aver visto 11 morto Paolo (ma che orecchie sorde quei carabinieri) e rinascevano così le speranze. Una di queste confidenze, fatta da certo Licitra, suggeriva di cercare in piccoli paesi sperduti, Santa Croce Camerina e Torre di Serra Mezzana. Per molti giorni Asciolla andò da una casa all'altra: si era procurato una fotografia di Paolo e la mostrava anche a chi non voleva vederla. Finalmente la fortuna lo aiutò. Una donna, alla quale aveva mostrato la fotografìa (vecchia di molti anni) lo riconobbe, disse che lavorava sulle terre di suo marito e che proprio pochi giorni prima era scomparso. Aveva però dimenticato due quaderni sui quali si esercitava a scrivere, perché si era messo a frequentare le scuole serali. Se li fece dare e cercò poi di procurarsi una prova di scrittura di Paolo Gallo. L'impresa non era facile, ma trovò un vecchio atto notarile, per la locazione d'un terreno, sottoscritto molti anni prima da chi ritenevano adesso morto. 11 « caso » non sarebbe stato risolto se non fossero sopravvenute altre circostanze. Egli venne a sapere che un tale, presente ad un incidente d'auto, dovendo poi firmare un verbale come teste, aveva scritto quel nome e cognome che da tanto tempo gli agitavano l'animo. Andò dai carabinieri di Santa Croce Camerina e si fece mostrare il verbale firmato: subito, confrontandolo coi due quaderni e col documento notarile, le incertezze cadevano Su quelle carte una stessa mano inesperta aveva lasciato segni chiari e rivelatori. Allora Asciol¬ la disse all'appuntato dei carabi-Jbnieri quel che gli pareva d'aver scoperto e si sentì rispondere: « Lei qui fa nascere un vespaio. Chissà quanti guai ». Tutte queste notizie e storie vennero pubblicate da Asciolla sul suo giornale di Catania, i carabinieri si misero in moto e dopo ventun giorni, alla periferia di Ispica, trovarono l'uomo che da sette anni una sentenza aveva, esplicitamente, dichiarato morto. * * Il merito di Enzo Asciolla non è soltanto quello di aver scoperto che il ritenuto morto era vivo, ma è anche quello dì aver riaperto la bocca a molti che non avevano più il coraggio di parlare. I suoi articoli, sul giornale catenese, dicevano chiaramente: « Paolo Gallo, che la magistratura ha ritenuto ucciso dal fratello Salvatore, si aggira nelle campagne del Ragusano ». Queste parole bastarono per rimediare al guasto psicologico che si era verificato molti anni prima con l'imprigionamento di quei due testimoni che, in buona fede, avevano detto quel che oggi tutti sappiamo. Infatti su segnalazione d'un venditore di benzina, certo Gennaro Caruso, i carabinieri rintracciarono l'uomo che cercavano: molto probabilmente, senza questo aiuto, non l'avrebbero mai trovato (l'ambiente — dice Asciolla — sembra fatto apposta per far perdere le tracce di un uomo). Questa vicenda, come si diceva in principio, sta già diventando un « ricordo » che si trasforma in giudizio. E, ragionandovi sopra, non si potrebbe dir meglio di come ha detto l'onorevole Del Bo: fatti del-genere (testimoni ritenuti subito falsi e sbrigativamente minacciati di incriminazione) avvalorano « quel senso diffuso di diffidenza dei cittadini ad entrare in contatto con gli organi giudiziari ». Lasciamo da parte l'errore della condanna, che nasce da un cumulo di circostanze diaboliche, buone per umiliarci o per metterci di fronte ai nostri limiti umani, e consideriamo soltanto la collaborazione che un cittadino deve dare alla giustizia. Quei due primi testimoni, nel caso Gallo, avevano tentato di offrirla, ma l'atteggiamento del magistrato inquirente chiuse la porta alla verità e nessuno avrebbe più potuto riaprirla servendosi ancora di quei mezzi che dovreb- saAamfgsfzzrcnspdpallcspnuiiiiimiiiiiiiiiimiiiiiiiiii limilllllllllllllllll bero essere ritenuti validi: le te stimonianze. Il figlio dell'ergastolano, il suo avvocato difensore, il giornalista Asciolla nello spazio di due anni avevano trovato numerosi indizi, ma sentivano l'impossibilità di offrirli alla giustizia. Anche se la giustizia si fosse rimessa in moto subito si sarebbero riaccese le diffidenze, le paure, quindi il silenzio.,Così, con quella mossa iniziale sbagliata e che di per sé rendeva obbligatorie in una unica direzione le eventuali testimonianze, si realizzava un paradosso: gli organi e gli uomini preposti ad aiutare la giustizia si vedevano nella condizione di non poterla più aiutare. Fu necessaria allora una iniziativa privata, quella del giornalista Asciolla: egli, libero, perseverante, ottimista fece quel che altri, più qualificati, si erano da molti anni e per sempre precluso di poter fare, ma non certo per colpa dei cittadini. Enrico Emanuelli

Luoghi citati: Catania, Ispica, Santa Croce Camerina