A Gela sono sorte case per 3 miliardi ma la gente vuol vivere nelle grotte coi muli di Francesco Rosso

A Gela sono sorte case per 3 miliardi ma la gente vuol vivere nelle grotte coi muli L'industria ha portato* ricchezza, non ha rotto abitudini secolari A Gela sono sorte case per 3 miliardi ma la gente vuol vivere nelle grotte coi muli Tremilacinquecento «cavalcature» dividono ancora il giaciglio con i padroni in spelonche malsane, mentre le costruzioni nuove e razionali rimangono disabitate - Il fenomeno non si può spiegare con l'inerzia delle autorità : gli interventi sono stati massicci, Gela vanta un ospedale modernissimo, alberghi, bar e negozi si moltiplicano - Sopravvivono pregiudizi tenaci che bisogna vincere, elevando il livello dell'istruzione (Dal nostro inviato speciale) Gela, 27 ottobre. Ci sono vaste zone della Sicilia In cui gli uomini con l'opaca coscienza, le cose con l'inerte silenzio, testimoniano un pericoloso immobilismo spirituale che minaccia di perpetuarsi nonostante 11 progresso. E' la Sicilia più povera, dove imperò il latifondo, la Sicilia della mafia, delle vaste e poco remunerative colture cerealicole, delle zolfatare, dei braccianti che lavorano novanta giorni l'anno per salari miserabili, un territorio immenso che incomincia da Gela, sì allarga alle province di Enna e Caltanissetta, ridiscende su Agrigento e si prolunga fino a Sciacca e Selinunte. La riforma agraria prima, i cospicui investimenti industriali poi, hanno tentato di rompere questo cerchio di miseria in cui il delitto, sempre enfatico e mostruoso, sembra esplodere per germinazione spontanea, ma finora i successi sono stati modesti e proprio a causa della passiva accettazione di condizioni avvilenti che si vorrebbe indicare come tradizione e norma di costumi. Questa breve indagine parte da Gela, la città siciliana che per la scoperta del petrolio e la costruzione del ciclopico complesso petrolchimico dell'Eni dovrebbe più di ogni altra aver sentito l'urto persin brutale del progresso tecnico e sociale ed è rimasta invece, tranne poche eccezioni, ferma - nel suo ottuso mondo di sempre. Era il tramonto quando sono giunto sulla grande piazza Umberto e la facciata della Chiesa Madre intrideva la tenera arenaria nel rosso sanguigno che ;1 sole riverberava affogando nel mare. All'angolo di un distributore di benzina, un cantastorie motorizzato commuoveva il numeroso uditorio con lacrimevoli filastrocche sul brigante Musolino Lunghe file di carretti col mulo fra le stanghe rotolavano con stridore sul selciato, fra il lacerante strombettare di automobili frettolose. Tor me di bambini completavano il frastuono con grida gioconde, guizzando fra carretti e automobili come pesci nell'ac qua. Con le ombre del crepu scolo, piazza Umberto si affollò come per un comizio. C'era no soltanto uomini, mezzo esercito di uomini taciturni, divisi in gruppi, le nere coppole calcate fin sugli orecchi, assembrati intorno all'ignuda Cerere di bronzo, alta sul pie destallo di una fontana secca L'amico che mi accompa gnava disse: f Questo è il salotto di Gela >. Una frase che potrebbe apparire logora e celava invece una verità amara: i gclesi si incontrano sulla piazza, o nelle strade perché non vogliono ricevere amici e conoscenti in quella che essi chiamano casa. Girammo per le vie della città contadina e guardavamo ia gente muover si nei maleodoranti terrani come principi nella reggia, abituati a vivere in quell'am biente da sempre, non rilega no più gli aspetti deprimenti della loro esistenza. I contadini avevano staccato la < cavalcatura >, il mulo aveva ritrovato il giaciglio in un angolo del terrano, distan te un metro dalla tavola in torno a cui si sarebbe riunita la famiglia per la cena, e altrettanto dal letto in cui tutti si sarebbero abbandonati nel sonno. Alcune galline razzolavano al centro dello stanzone, sul pavimento di terra. In municipio mi hanno detto che i muli conviventi nelle abitazioni dei padroni sono diminuiti: nel 1958 erano 4000, ora sono circa 3500. Al posto del mulo, mi hanno precisato, è ora possibile vedere qualche motoretta. E' vero, ci sono alcune motorette dov'era l'antica lettie ra e sui poveri mobili accade talvolta di vedere qualche ap parecchio radio, ma in misura irrilevante. Gela cresce di mil le abitanti l'anno per il solo incremento demografico e van ta il tasso di natalità più alto d'Italia, il 26 per mille. Gli stormi di bambini che si vedono per le strade sono il frutto di una mentalità ferma ai secoli scorsi, quando l'altissima mortalità infantile ren deva precaria la possibilità della sopravvivenza familiare Oggi vivono tutti, ma la manìa dei coniugi di mettere al mondo un numero spropositato di bambini non è scomparsa, le famiglie con dodici, quattordici figli sono quasi la norma. I bambini, è ovvio, vivono coi genitori ne' terrano, col mulo, la capra, le galline, e l'abitudine alla convivenza promiscua di uomini e animali nella stessa camera minareia di protrarsi per c'issa quanto tempo ancora. Non è più possibile spiegare il fenomeno con la miseria materiale e l'inerzia delle autorità perché, come ovunque, anche a Gela gli interventi sono stati massicci. La città conta oggi circa 54.000 abitanti, ed è costituita nella mas sima parte da contadini per 1 quali l'Ente riforma agraria siciliana ha fatto molto spezzando i latifondi e costruendo case coloniche. Soltanto per la costruzione delle case sono stati spesi circa 3 miliardi di lire, ma tutte quelle case sparse come bianchi dadi nella pianura e &ul colli sono disabitate. I contadini non le vogliono, il prezzo del riscatto è indubbiamonte eie vato, ma certo non arriva alld 50.000 lire di affitto fanno che si pagano normalmente per l'unico stanzone In cui abitano in media etto bambini coi genitori e gli animali. Il fenomeno della mafia e l'insicurezza non hanno quasi mai turbato la vita di Gela, per cui i contadini, pur vivendo isolati nelle case coloniche, non .correrebbero il rischio di sgradevoli' incontri; tuttavia, non c'è modo di indurli ad ancorarsi ai loro campi, preferiscono alzarsi alle tre di mattina, attaccare 11 mulo al carretto, percorrere molti chilometri di strada per essere sul campo all'alba, tornare a tarda sera alle maleodoranti spelonche nelle quali, nonostante il vento del mare e il gran sole che inonda le strade, i bambini intristiscono come erbe cresciute al buio, anziché vivere in campagna. La tendenza a raggrupparsi in un grosso nucleo urbano potrebbe essere considerata espressione di una forte tendenza alla vita associativa, ma i siciliani sono individualisti per natura, come vita sociale non vanno oltre la famiglia che, come dice lo scrittore Leonardo Sciascia, « gli consente il passo verso la vittoriosa solitudine ». Il siciliano di queste zone, infatti, ancor più che individualista è un solitario, comunicare con lui è estremamente difficile non soltanto al « continentali » ma ai siciliani stessi. In quei sordidi terrani che prendono luce solo dalla porta fermentano sogni, immagini, desideri che talvolta esplodono in delitti incredibili, dettati, si direbbe, dall'enfatica magniloquenza che si nota in ogni manifestazione esterna dlgzdlbrtscctLàdnlvensdsPrdcAdsstddcdftmcIltglnssnciiiiiiimiiimmini mimtiiiimiiiii im di questa parte di Sicilia, nello sfarzo degli antichi templi greci e nelle moderne costruzioni. Cito un delitto assai indicativo dell'atmosfera di Gela. La mattina del 20 settembre scorso, la porta del terrano in cui abitavano i fratelli Lauria* fu spalancata verso le 6,30. Sul letto posato al centro dello stanzone, vestito con gli abiti migliori, era stato composto nella morte Paolo Lauria il paralitico. Intorno ài. suo corpo, anziché mazzi di fiori, erano sparse banconote, da dieci, cinque e mille lire. Il fratello che lo assisteva, Pietro Lauria, disse che era spirato improvvisamente nella notte. Vennero i conoscenti in visita, venne anche una sorella dei Lauria col marito. Mentre stavano attorno alla salma, Pietro Lauria staccò dalla parete una scure e calò due fendenti sulla testa del cognato che sopravvisse per miracolo. Arrestato per tentato omicidio, Pietro Lauria confessò spontaneamente di avere strangolato nella notte il fratello paralitico. « Ero stanco di sentire le sue lamentele, disse con voce incolore. Mio cognato, invece, volevo ucciderlo perché è un mascalzone».La prima ipotesi che si affaccia alla mente è che il contadino fratricida sia pazzo, ma da quanto è emerso si sa che egli è perfettamente sano. Il suo delitto rientra in quella casistica con cui gli scrittori intimisti cercano di spiegare la solitudine dell'uomo, la sua impossibilità di comunicare. Pietro Lauria era un solitario, come solitari sono i suoi vicini di casa, gente che non vuole uscire dal proprio cerchio di intimità per non subire limitazioni alla propria indipendenza. Di questi esempi, cioè di delitti esplosi come conseguenza di nature solitarie, introverse, è piena la cronaca della provincia di Caltanissetta e il più frequente è quello dei frati di Mazzarinommuni imi mi mmmmiimmm di cui parlerò altra volta. In questo mondo, che può sembrare primitivo per le sue manifestazioni elementari di esistenze quasi animalesche, ed è invece travagliato da incomprensibili fermenti, si è brutalmente inserita la civiltà industriale; ma i risultati finora registrati sono sconfortanti. Il petrolio di Gela ha indubbiamente provocato un trauma psichico nella vita della città, sono sorti alberghi per i petrolieri e i turisti che vengono a visitare le ciclopiche rovine delle mura greche e 11 prezioso museo, sono stati costruiti un palazzo municipale che servirebbe le necessiti, di Torino, ed un ospedale che non sarà mai ultimato tanto è vasto, si moltiplicano i negozi di elettrodomestici, i bar, le gioiellerie, ma sono servizi che, si rivolgono ad una clientela limitata, pressoché estranea alla vita intima di Gela, che continua ad essere contadina nonostante l'industrializzazione, ed è ancora contraddistinta dagli opachi terrani in cui vivono alla rinfusa uomini e animali. « E' questione di tempo, mi dicevano in municipio, non si può rompere in un giorno una .catena di abitudini secolari ». Il ragionamento è esatto, aiiitiiiiiiirtiiiiMiiiirniiM ninMiiHinMiini ma sarebbe colpevole attendere che i gelesi si autoeduchino ad una esistenza più dignitosa. A Matera sono riusciti a sloggiare dagli immondi « sassi » i contadini ostinati a vivere nelle caverne. Lo stesso deve avvenire a Gela, le norme sanitarie valgono anche per gli abitanti dei terrani. Francesco Rosso

Persone citate: Leonardo Sciascia, Musolino, Paolo Lauria, Pietro Lauria