«Il re dei re» un Gesù hollywoodiano

«Il re dei re» un Gesù hollywoodiano «Il re dei re» un Gesù hollywoodiano «I due nemici»: arguta condanna della guerra - «Mondo di notte n. 2»: come si diverte la gente (Ideal) Nessun dubbio che la storia della vita di Gesù sia il soggetto più grandioso e splendido che un produttore possa vagheggiare. Tra i molti che ardirono affrontarlo ricordiamo C.B. De Mille, il cui Re dei Re, realizzato nel 1927, fu visto da seicento milioni di spettatori, cifra, per quel tempo, favolosa. Era un Aimone anche troppo disinvolto, ma almeno in una sequenza, diventata celeberrima: la salita al Calvario è' la Crocifissione, rasentava quel fervore spirituale che un soggetto di tanta altezza merita e impone. Lo stesso purtroppo non si può dire di quest'altro Re dei Re, a colóri per grande schermo prodotto dall'americano Samuel Bron ston, scritto da Philip Yordan e diretto da Nicholas Ray, I" quale se supera il primo per ricchezza di mezzi e resa spet tacolare, gli resta però inferio re appunto per il livellamento oleografico delle immagini e degli episodi, per la fredda di ligenza con cui anche questa < vita » è fatta entrare nel tradizionali moduli delle biografie hollywoodiane. L'appunto più grave concerne la figura del Protagonista, che affidata al volonteroso Jef frey Hunter, uno dei tanti bei ragazzi del cinema americano, non splende (come Invece faceva nel film di De Mille, grazie al grande attore H.B. War ner). ed è soltanto una siluetta come tutte le altre. Pruden¬ te e corretto sotto il rispetto religioso, il film di Ray (l'au tore di < Johnny Guitar » e «Gioventù perduta>) se ne sta nei limiti d'una dignitosa divulgazione popolare, dove un certo misticismo di convenienza trova il modo d'accordarsi col sesso (Salomè, la sedicen-lne irlandese Brigid Bazlen), la. violenza, l'avventura e altri ne- cessari ingredienti del genere; colossale ». Nel comporre il miscuglio il regista ha dato prova di abilità: il suo film è un grosso, e variato.spettacolo ohe riempie gli occhi di suggestive illustrazioni e sollecita la mente a considerare l'importanza storica dell'avvento del Cristo e la perennità del suo messaggio. In mezzo a un visibilio di attori si segnalano Robert Ryan (Giovanni Batti sta), Hurd Hatfield (Ponzio Pilato), Rita Gain (Erodiadei, Harry Guardino (Barabba). * * (Corso) — La simpatia che corre fra nemici intelligenti quando sanno di combattere una guerra sbagliata è il sottofondo psicologico del film italiano a colori / due nemici, che il regista Guy Hamilton ha diretto sopra un abile copione di Ago, Scarpelli e Suso Cecchi D'Amico. In toni non dissimili da quelli della Grande guerra, ossia guardando la tragedia dall'angolo arguto, vi si narra un episodio dello scontro fra italiani e Inglesi nel deserto etiopico, al tempo che i primi abbandonarono l'Abisslnia. Il maggiore inglese Richardson col suo pilota sono fatti prigionieri da un reparto italiano comandato dal capitano Blasi; e convien subito dire che il primo ha la maschera puntuta di David Niven e il secondo il sorriso luminoso di Alberto Sordi, perché nell'incontro di questi due « tipi », inglesisslmo l'uno, ltalianissimo l'altro, è il sapore e la morale del film. Sordi, un po' per simpatia e un po' per convenienza, favorisce la fuga di Niven, che rilanciato dal suo comando all'inseguimento del reparto italiano, fa poi a sua volta prigioniero Sordi Si capisce che gli restituirebbe la cortesia se potesse: ma la guerra, accidenti a lei, è la guerra. L'amicizia, che è fra i due, esce rafforzata da uro scontro con una tribù abissina, In cui italiani e inglesi combattono a fianco a fianco. Al capitano Blasi e ai suoi, avviati più tardi ai campi di concentramento, il maggiore Richardson renderà col cuore gonfio di commozione l'onore delle armi. Cosi riassunto, il film può sembrare un po' troppo semplicistico; ma è merito degli autori, compreso il soggettista Luciano Vlncenzoni, se a vederlo fa l'effetto opposto, se la psicologia di quei due nemici per procura e amici per eie- zione, è fine e internata, e si risolve, sia pure attraverso to ni umoristici, in una severa condanna della guerra. L'elo- gio al garbatissimo regista può essere appena limitato dalla considerazione che aveva, alle mani due attori- come quelli; trascinatori, infallibili. Ciascuno nelle sue corde, e senza sopraffarsi, Sordi e Niven hanno spesso trasceso le rispettive macchiette dell'* italiano » e dell'* Inglese >, per darci due uomini, che nella differenza di sangue, di nazionalità, di costume, di linguaggio e di divise, hanno in comune la ragione per andare perfettamente d'ac cordo: l'umanità. Per amore di questa bella lezione si può condonare al film (che ha fra gli altri interpreti Michael Wilding, Amedeo Nazzari e Harry Andrews) qualche leggera sbavatura o nota troppo insistita. 1. p. * * (Astor) ' — Riprendendo la formula felicemente coniata da Blasetti, e poi seguita da altri con crescente fortuna, Gianni Proia e Luigi Russo offrono in Mondo di notte n. 2 un nuovo e ricco campionario dei mille modi con cui la gente di ogni paese ama divertirsi. I teatri, le sale da ballo, i ritrovi notturni delle Americhe, dell'Africa, dell'Asia e dell'Europa sciorinano sul grande schermo a colori spettacoli più bizzarri che divertenti, più morbosi che interessanti (l'erotismo, in questo genere, è e rimane l'Ingrediente maggiormente richiesto e più generosamente dispensato). Non è un film, e nemmeno un documentario, ma uno spettacolo appunto; e allo spettatore meno avido di emozioni e più attento al costume esso può fornire materia per qualche non inutile, ma sconsolante, riflessione (si badi, ad esempio, come le ballerine di Las Vegas sguaiatamente rammodernano il classico can-can). vice

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