Un miliardo per ogni giorno che Allah manda sulla Terra di Giovanni Giovannini

Un miliardo per ogni giorno che Allah manda sulla Terra PER IL SULTANO DEL PICCOLISSIMO KUWEIT Un miliardo per ogni giorno che Allah manda sulla Terra I «risparmi» del sovrano nelle banche di Londra superano i duemila miliardi di lire - Quel lembo di deserto è una fonte inesauribile di ricchezza • Il dittatore dell'lrak, Kassim, voleva farne una sottoprefettura e lo annunciò sui giornali • L'immediato intervento inglese, appoggiato dagli altri Stati arabi, ha impedito l'annessione - Risentimenti e speranze a Bagdad (Dal nostro inviato speciale) Bagdad, ottobre. Ancor oggi, dopo lunghe consultazioni e severe ricerche, vari ed autorevoli esponenti del corpo diplomatico a Bagdad mi assicurano che non ha precedenti nella storia quanto capitò in questa capitale il mattino del SS giugno scorso quando l'annuncio della nomina di un viceprefetto fu automaticamente e concordemente interpretato come una proclamazione di guerra. Appena letto sui giornali locali che l'Onestissimo e Fedelissimo Zaini Abdel Karim Kassim aveva conferito il grado di qaimaccaim o viceprefetto alle dipendenze del mutasarif o prefetto di Bassora al signor Abdallah Salem Balah, i diplomatici si precipitarono al telefono o alla radio per sentire cosa mai era successo in nottata, e qualcuno corse alla finestra per MEIIIIItìtlllllllllliM 1IIIIII1I1I1IIIIIII! !tll vedere se ci fosse in giro qualche segno di movimenti di aerei o di paracadutisti. Il loro stupore non era certo ingiustificato: il territorio della nuova sottoprefettura, almeno fino alla sera prima, non faceva parte dell'lraìc ma coincideva esattamente con, quello del sultanato indipendente del Kuweit, e il signor Abdallah Salem Salato,, improvvisamente trasformato in funzionario di Bagdad, altri non era che il, sovrano del Kuweit stesso. Era chiaro quindi — si dissero tra loro i diplomatici — che nella notte le truppe del grande Irak avevano fulmineamente occupato il piccolissimo Kuweit e che lo sceicco Salem Salah aveva accettato il fatto compiuto rassegnandosi a trasformarsi in vioeprefetto (certo — osservò saggiamente qualche ar;abo — di mala voglia, anche perché lo stipendio di un qaimaccam irakeno non llllllEllltltllll1llllllllll!IIIIM!lllMtllltlflMtlIIIII 1111111 ■ 111111111111 ■ Il 11 II 111E11111111M E11 [ i 111 II IM111II arriva alle centomila lire mensili: poco quindi per un uomo come lo sceicco che ricava dalle royalties del petrolio più di trecento miliardi all'anno ed i cui risparmi nelle banche inglesi sono calcolati sui duemila miliardi di lire italiane). Ma se l'Irak aveva attaccato — conclusero i rappresentanti esteri — c'era da attendersi nel giro di qualche ora l'intervento armato della Gran Bretagna che, esattamente' cinque giorni prima, aveva posto fine al suo protettorato sul Kuweit continuando per') a garantire la sua assistenza militare allo sceicco. . L'ultima previsione si rivelò subito esatta: l'intervento inglese nel piccolo regno del petrolio, ci fu, massiccio e immeaiato. Ma non ci furono né guerre né scontri per il semplice fatto che gli irakeni non avevano mai occupato il paese di cui sui giornali avevano annunciato la trasformazione in una loro sottoprefettura e si erano limitati a movimenti di truppa nella zona di frontiera. La cosa appare ancor oggi così stravagante che nessuno a Bagdad, straniero o irakeno, riesce a darmi una spiegazione convincente (salvo prendere per fondate le voci secondo le quali il gen. Kassim aveva sì tutte le buone intenzioni di effettuare un fulmineo colpo di mano ma si sarebbe urtato contro la perplessità delle sue stesse truppe e soprattutto degli ufficiali ai quali aveva affidato il compito dell'attacco ad un altro popolo arabo). Per VIrak, comunque siano andate le cose, il bilancio appare oggi pesantemente negativo: la Gran Bretagna ha rafforzato il suo prestigio con un intervento militare effettuato, cosa senza precedenti, col favore più o meno esplicito di tutti gli altri Stati arabi i quali hanno subito fatto blocco contro Kassim, hanno inviato un loro corpo misto a sostituire i soldati inglesi nella difesa del Kuweit, hanno ammesso il piccolo sultanato nella loro Lega, e ne rivendicano ora l'ammissione alle Nazioni Unite. In compenso — mi dicono esponenti irakeni, stringendosi nelle spalle — abbiamo finalmente affermato l'ineluttabilità dell'unione fra i due Paesi, il futuro vedrà la reclizzazione dei nostri diritti. Il presente, intanto, è amaro per Bagdad, duramente colpita soprattutto dal generale schieramento ostile di tutti i Paesi fratelli della Lega Araba. E la reazione è aspra, appena cori- tenuta: nel corso di un lungo colloquio^ uno dei principali collaboratori del gen. Kassim, il dott. Katifl, direttore degli affari politici al Ministero degli Esteri e capo della delegazione irakena alla Lega, mi traccia un quadro critico, e desolante, del mondo arabo.. A parte Paesi lontani come quelli del Maghreb o il Libano preoccupato soprattutto della sua neutralità o la Giordania sempre schierata con chi ha i quattrini — cerca di spiegarmi questo diplomatico abile e appassionato — scontavamo in partenza come ostile solo l'atteggiamento dell'Arabia Saudita che come il Kuweit ha un arretrato regime familiarefeudale ed ha territori, sul Golfo Persico dalla frontiera alle Bahrein, che sono chiaramente irakeni (un accenno, quest'ultimo, da non trascurare per il futuro). Ma come giudicare — chiede ironicamente il dott. Katifl — il socialista e panarabo Egitto di Nasser ohe si schiera a favore del medioevale ed infinitesimale staterello, contro un'unione che avrebbe trasformato un paese arabo nella maggior potenza petrolifera del mondo f Ecco finalmente la parola magica < petrolio > ma meco immediatamente il dott. Katifl. e tutti i suoi colleghi diventare improvvisamente laconici, ignorare il Kuweit, parlarvi soltanto delle trattative, oggi interrotte, fra l'Irak e l'Irak Petroleum Company alla quale Kassim chiede una partecipazione azionaria del £0%, la concessione allo Stato dei terreni non ancora sfruttati dalla società, e vari altri miglioramenti. Tutte cose dalle conseguenze ragguardevoli ma modeste se confrontate con quelle che avrebbero potuto derivare dall'unione tra Irak e Kuweit. E qui qualche cifra è inevitabile. Il Medio Oriente che prima della guerra produceva il 6% del petrolio mondiale e nell'immediato dopoguerra il 12%, oggi è arrivato a circa il S5%. Il suo incremento è stato più forte che in qualsiasi altra parte del globo, e continuerà ad esserlo perché, se la sua produzione è ormai un quarto di quella mondiale, le sue riserve sono calcolate a più di un terzo. Fra gli Stati' arabi, l'Irak produce (dati del 1959) il milioni di tonnellate all'anno, l'Iran 45, il paese Saudita 53, ed il microscopico Kuweit più di qualsiasi altro: 69 milioni di tonnellate (tutti gli altri messi insieme — Qatar, Zona Neutra del Kuweit, Egitto, Bahrein — non arrivano ad una ventina di milioni). iiiiiiiiiimii iiiiiniiiiiuimiminiiiiiiiiiiiiii Basta una semplice addizione per vedere quali prospettive di immenso potere economico abbiano spinto l'Irak a vagheggiare l'annessione del Kuweit. Sè il colpo gli fosse riuscito, il gen. Kassim avrebbe, controllato da solo metà del petrolio del Medio Oriente, un ottavo di quello mondiale, con sicure prospettive di ulteriore incremento: il che gli avrebbe conferito un sicuro leadership del mondo arabo ed anche una eccezionale posizione di forza nei confronti delle compagnie petrolifere. E a parte queste rosee prospettive future, l'aggiunta delle royalties del Kuweit a quelle irakene gli avrebbe fornito un fiume d'oro tale da sanare tutte le sue odierne difficoltà. Già oggi il solo Irak incamera royalties sul suo petrolio per circa centottanta miliardi di lire italiane all'anno, una cifra quasi pari a tutta la spesa del bilancio statale. Eppure la situazione economica è pesante, l'industria inesistente o quasi, il commercio arenato, l'agricoltura insufficientemente sviluppata. E il motivo di tanta contraddizione è semplice: le spese militari assorbono metà del bilancio, altri miliardi sono impiegati in una potilìca di prestigio nel mondo arabo, in aiuti, ad esempio, agli insorti algerini 0 all'arretratissimo Yemen. Impadronirsi del Kuweit avrebbe significato aggiungere ai centottanta miliardi di proprie royalties, i trecento e più dello Sceicco mettendo insieme circa cinquecento miliardi per un Paese dalla popolazione complessiva di sei milioni e mezzo di abitanti (qualcosa come se in aiuto al bilancio della Repubblica italiana con i suoi cinquanta milioni di abitanti cadessero dal cielo, o meglio scaturissero dalla terra, quattromila miliardi di lire all'anno). Peccato che si sia rivelato troppo semplicistico il metodo scelto dal gen. Kassim per annettersi il Kuweit: quello di annunciarne sui giornali la trasformazione in sottoprefettura irakena e di elevarne alla carica di viceprefetto lo stesso sceicco felicemente Tignante. E' vero che per Abdallah Salem Salah si sarebbe trattato di un altro stipendio da centomila lire al mese: ma è dubbio che Sua Altezza avrebbe potuto accorgersene dal momento, che ad ogni mattino che Allah manda in terra, lo sceicco del Kuweit si trova irrimediabilmente afflitto da un miliardo in più, fra royalties e redditi, di quanti ne aveva la sera prima andando a letto. Giovanni Giovannini iiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiim.iiuim ninnimi Le linee punteggiate indicano il tracciato degli oleodotti

Persone citate: Abdallah, Abdallah Salem, Abdallah Salem Balah, Abdel Karim Kassim, Nasser, Neutra, Salah, Zaini Abdel