Università in sciopero di Paolo Serini

Università in sciopero Università in sciopero Oggi in. tutte le università e gli istituti superiori, i professori di ruolo o incaricati, gli assistenti, gli studenti e il personale amministrativo, tecnico e subalterno si asterranno concordemente da ogni attività: faranno cioè sciopero. Si tratta di uno sciopero sui generis: che si propone non tanto obiettivi economi-1 ci e sindacali, quanto di « richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica e degli organi responsabili sulla crisi dell'Università italiana e sulla necessità di rimediarvi con provvedimenti pronti e adeguati », secondo le indicazioni fornite, nel gennaio scorso, con Un documento comune presentato ai membri del Parlamento e del governo, dalle tre grandi associazioni rappresentative dei professori, degli assistenti e degli studenti. ,Per tale aspetto, esso va guardato con comprensiva simpatia da quanti si preoccupano delle sorti non solo della scuola e della ricerca scientifica, ma di tutta la vita civile del nostro paese. Che se -— come osservava di recente, nella sua relazione parlamentare sul Piano decennale, l'on. Tristano Codignola — « scuola in crisi vuol dire paese in crisi », per l'Università « quest'equazione è particolarmente vera e immediata ». Sia perché nell'Università « si formano i dirigenti del prossimo domani, professionisti ricercatori scienziati, dalla cui validità quantitativa e qualitativa discenderà sostanzialmente lo sviluppo della futura società italiana » ; sia perché in essa si formano gli insegnanti « dai quali dipenderà, in un circolo da cui non è possibile evadere, l'efficienza e l'orientamento di tutta la scuola primaria e secondaria, che alimenterà a sua volta l'Università di domani ». Un'Università che, secondo autorevoli previsioni statistiche, dovrebbe, tra una quindicina di anni, essere in condizione di avere almeno 400.000 iscritti e di fornire annualmente al paese i 50 mila laureati di cui esso avrà allora presumibilmente bisogno. Quanto lontana sia ancora la nostra organizzazione universitaria da simile condizione, e quanto grave sia la crisi che attualmente la travaglia, è noto. Oggi, la nostra Università non conta se non 175.000 iscritti (28,8 per ogni 10.000 abitanti, che discende però, nel settore dell'ingegneria, a 4 per ogni 10.000). Tuttavia, si dimostra sempre meno capace di assolvere il duplice compito assegnatole dal legislatore: « promuovere il progresso della scienza » e « fornire la cultura necessaria per l'esercizio degli uffici e delle professioni ». Ciò a causa dell'esiguità dei mezzi finanziari (circa 50 miliardi annui, in grandissima parte assorbiti dalle spese per il personale) e, quindi, dei mezzi di studio e di ricerca di cui essa dispone; del crescente grave squilibrio tra insegnanti e studenti (il rapporto medio è di un professore di ruolo ogni 109 studenti e di uno non di ruolo ogni 68) e tra professori di ruolo e incaricati (saliti negli ultimi anni al 62 per cento del totale dei docenti) ; e dell'insufficiente numero degli assistenti, che dovrebbero rendere più attivi ed efficaci i rapporti tra maestri e scolari e, insieme, costituire il grande vivaio dei futuri docenti e ricercatori. A questi inconvenienti bisogna aggiungere quelli derivanti da una cattiva distribuzione territoriale (ci sono regioni con tre o quattro università e regioni che ne hanno una sola o nessuna) ; da un insegnamento ancora, in non pochi casi, troppo aulicamente cattedratico e accademico; da strutture e da orientamenti non più rispondenti alle nuove necessità della cultura e della vita sociale; dall'estrema rigidezza dei piani di studio, che non lascia agli studenti se non una limitatissima libertà di scelta; da molteplici difetti di costume, non ultimo dei quali il cumulo dell'attività professionale o politica con 1,'insegnamento ; e, infine,, da quello che è il male che più affligge l'intera scuola italiana, in ogni suo ordine e grado: il suo distacco dalla viva realtà civile, sociale ed economica del paese e l'insufficiente comprensione dei suoi problemi e dei suoi bisogni. Ma se la crisi della nostra istruzione superiore appare, a giudizio comune, grave e non facilmente superabile (e meno che mai con provvedimenti affrettati e disorganici come quelli presi anche di recente), il fatto stesso che oggi gruppi sempre più numerosi e attivi di professori, di assistenti, di studenti, ne vadano dibattendo con crescente impegno gli aspetti e i problemi, e si trovino concordi sia nell'analisi dei mali sia nell'indicazione dei rimedi, è un fatto chiaramente positivo, di cui si farebbe male a trascurare o a sottovalutare il significato. Sperare che tali forze, operanti nell'interno stesso del nostro mondo universitario, bastino da sole ad assicurarne il rinnovamento, non sarebbe certo ragionevole. Ma altrettanto certo è che, se tale movimento — di cui lo « sciopero » odierno è una significativa manifestazione — si amplierà e intensificherà, esso finirà, prima o poi, oltre che con lo spezzare certe tenaci resistenze interne, con l'imporsi all'attenzione d'una classe politica che sinora non ha dimostrato molta sensibilità e molta intelligenza dei problemi dell'istruzione superiore e della ricerca scientifica (e, più in generale, della scuola). E con lo spingere Parlamento e governo ad affrontarli con energia e in modo organico: quali la gravità della situazione e l'urgenza dei problemi stessi richiedono. Paolo Serini

Persone citate: Tristano Codignola