Il Trümpy fece a pezzi la moglie ma non ne gettò i resti nel fiume di Massimo Conti

Il Trümpy fece a pezzi la moglie ma non ne gettò i resti nel fiume Si ripropone il quesito: come mori la sposa torinese? Il Trümpy fece a pezzi la moglie ma non ne gettò i resti nel fiume Secondo il capo della polizia che scandagliò le acque, il corpo martoriato si sarebbe dovuto trovare - Si riaffaccia l'ipotesi che la Barale non sia stata strangolata, ma uccisa col veleno: l'imputato ne avrebbe disperso il cadavere per impedire che fosse scoperta la causa del decesso - Il prof. Menzio di Torino, che ebbe in cura la vittima, smentisce che la giovane soffrisse di cuore (Dal nostro inviato speciale) Heilbronn, 25 ottobre. Enrico Triimpy, con tutta certezza, tagliò in pezzi il cadavere della moglie, ma appare molto dubbio ora che ne abbia gettato i resti nelle acque del Neckar. come egli va sostenendo. A chiusura della udienza odierna si è presentato alla Corte d'Assise di Heilbronn il canitano della polizia fluviale Faulbaum per rìfèikti sulle operazioni di scandaglio del fiume, da lui dirette al tempo del delitto. « Scandagliammo il Neckar e i vicini canali per intere settimane con l'ausilio di squadre di palombari. Non trovammo il minimo resto della vittima. Ritengo — ha spiegato il capitano Faulbaum — che se il Triimpy avesse gettato veramente il corpo della moglie in quelle acque, sia pure in pezzi, noi di sicuro avremmo trovato qualche cosa>. Un mormorio di sorpresa è corso nell'aula. Triimpy sostiene di avere gettato i resti della Barale da due punti del Neckar, in modo che se ne perdessero le tracce. < Le ossa invece — sta scritto nei protocolli della polizia — le gettai in un vicino canale >. Ricordando questi particolari, il Pubblico Ministero, dott. Greiss, ha domandato al teste: € Siete proprio certo che si sarebbero potuti trovare dei resti anche a distanza di un meset ». (Il crimine fu scoperto circa un me se dopo, cioè verso la metà del luglio 1960). Teste — Per quello che riguarda i resti lanciati dai ponti non posso escludere che a distanza di un mese fossero andati completamente perduti. Ma per quanto riguarda le ossa nel canale indicato dall'accusato, escludo che sia bastato un mese a farne sparire le tracce. Triimpy non può avere iiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiniiiii iiii Miiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii gettato i resti della moglie in acqua —, ha ripetuto con vigore il capitano Faulbaum. E' possibile, ci si domanda, che sia sparito del tutto, anche se non era più intero, il cranio dell'assassinatat Dopo il delitto il Triimpy fece dei viaggi, di cui alcuni già ricostruiti dalla Corte. L'accusa quindi non esclude che il Triimpy abbia occultato altrove il corpo della sventurata moglie perché non se ne potes- sero stabilire le cause della morte. Sulla scomparsa della salma si regge la fragile tesi della lotta tra l'accusato e la mo glie, la notte del delitto, che serve da presupposto per la legittima difesa. Si riaffaccia il dubbio che il Triimpy uccise la moglie in altre circostanze, forse dopo averla drogata, t con freddo proponimento. Il « debole cuore » della vittima e la sua < gola sensibile » avrebbero provocato il decesso della Barale durante la lotta. Per saggiare la solidità di questi argomenti portati dalla difesa, il tribunale ha interrogato oggi il medico che ebbe in cura Giuseppina nel maggio del 1955, il prof. Paolo Menzio, vicedirettore della clinica oto rinolaringoiatrica dell'Università di Torino. La deposizione del prof. Menzio, in veste di teste e di perito, avrà peso considerevole sull'andamento del processo. Per due ore consecutive il clinico torinese ha illustrato alla Corte le condizioni della Barale quali risultarono da un suo breve ricovero nella clinica- di Torino. Alla Barate avrebbero dovuto essere tolte le tonsille: < La nostra diagnosi — ha spiegato il prof. Menzio — fu tonsillite criptica cronica. Rilevammo altresì nella paziente un ipertiroidismo (ingrossamento della tiroide connesso, in quel caso, ad una superfunzionc della ghiandola 6t?ssa) ». Dall'esame di un internista risultò poi che la Barale aveva sofferto di angina e soffriva, a quel tempo di reumatismi. Accertate ora le condizioni di salute della Giuseppina, toccherà poi ai periti del tribunale stabilire se a rendere mortale la stretta del Triimpy al collo della moglie furono, con qualche verosimiglianza, quelle sue disfunzioni. Sembra però che i periti non se la sentano di convalidare l'ipotesi fatta appunto per scagionare l'assassino. Per cercare sostegni alla propria tesi, il difensore, avv. Schiltz, ha sottoposto il prof. Menzio ad uno stringente interrogatorio. Il difensore cercava soprattutto di insinuare dubbi sulla saldezza cardiaca della vittima, ma pare non vi sia riuscito. Con molta chiarezza il prof. Menzio ha risposto che nell'esame della Barale < noti risultarono segni obiettivi di insufficienza cardiocircolatoria ». Che la Giuseppina non soffrisse di disturbi cardiaci lo provano anche le sue gite sulle montagne del Piemonte, fino ad altezze di 3500 metri, rievocate oggi alla Corte dalla signora Teresa Barale, madre della vittima. Immobile sul suo banco, anche oggi Enrico Triimpy ha seguito con estrema attenzio ne i racconti dei testimoni bisbigliando di tanto in tanto qualche osservazione al difensore. La faccia affilata e un po' tetra del Triimpy non rivela mai emozioni. Era freddo ed egoista — hanno affBrinato concordemente parecchi testimoni che ebbero <• conoscerlo, per lo più compagni di lavoro — ma nei rapporti umani sapeva rendersi simpatico. Era cortese, se non cordiale, sempre corretto. Era avarissimo, si è confermato ancora da più parti. Alle sue donne tutt'al più regalava fiori e, particolare curioso, in occasione del proprio compleanno: altro segno palese del suo egocentrismo. Anche Brigitte Ulmer, una graziosa signora di 25 anni, ebbe un mazzo di garofani per il compleanno del Triimpy. Il presidente, dott. Stoll, ha interrogato a lungo la Ulmer sui suoi rapporti con l'accusato: — Che cosa avvenne durante il vostro primo incontro in casa del Triimpy t Teste — Bevemmo assieme un caffè espresso. — E poi.* — Poi lui mi baciò. — Nicnt'altro! — Nient'altro. E' stata poi la volta di una niiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii dottoressa, la signora Anne liese Steckermeier, cui il Trilm py, sempre ansioso per la prò pria salute, si rivolgeva di fre quente. La dottoressa vide per l'ultima volta l'accusato il 24 giugno del i960, pochi giorni dopo il delitto, quando cioè i Triimpy, secondo la difesa, soffriva per un forte dolore cagionatogli dalla moglie durante la lotta. < Venne per pagare i miei onorari. Gli domandai notizie della sua salute, 'i Sto benissimo — rispose — tuffo a posto " ». Tutte le vicende che precedettero il delitto cominciano ad apparire ormai come un piano mostruoso escogitato per trarre in inganno la giustizia. Anche i molti discorsi del Triimpy sui maltrattamenti e sulle umiliazioni inflitte a Giuseppina Barale per costringerla a fuggire da Heilbronn (ne riferirono ieri con copia di particolari le sue amiche) possono forse rientrare in quei suoi disegni: nel senso che Triimpy fin dal primo momento medita il delitto. La chiave psicologica del crimine l'ha offerta oggi, acutamente, un altro teste: « Triimpy era minuzioso, pedante, pignolo — ha dichiarato il testimone, un suo ex-superiore —; era anche abilissimo nella caccia all'errore, benché minimo nella contabilità dell'azienda Scopriva le minuzie, ma perdeva poi i contesti, la superiore visione delle cose ». Massimo Conti Il prof. Menzio di Torino ad Heilbronn per il processo: la sua deposizione è durata circa due ore (Tel.)

Luoghi citati: Heilbronn, Piemonte, Torino