Sono evasi in abito scuro con la chiave lasciata appesa al chiodo dal guardiano

Sono evasi in abito scuro con la chiave lasciata appesa al chiodo dal guardiano Sconcertanti risultati dell'inchiesta sui tre fuggiaschi di Avellino Sono evasi in abito scuro con la chiave lasciata appesa al chiodo dal guardiano Tre agenti sospesi dalle funzioni: quello di sorveglianza alla porta, quello che non controllò il numero dei detenuti dopo la « passeggiata » e quello che, scoperta la fuga, aspettò prima di dare l'allarme - Uno dei tre ricercati, condannato per omicidio, aveva minacciato, se fosse tornato libero, di uccidere il tenente dei carabinieri (Nostro servizio particolare) Avellino, 5 ottobre. L'inchiesta ordinata dal ministro della Giustizia per la fuga, avvenuta un mese fa, dal carcere giudiziario di tre detenuti — dei quali uno considerato criminale di estrema pericolosità — tuttora latitanti, ha. accertato un fatto a stento credibile se non fosse documentato nel rapporto dell'ispettore generale Pietro Sorrentino, inviato dalla Direzione generale degli istituti di prevenzione e di pena: i tre scapparono perché l'agente di custodia addetto alla vigilane, za del cancello-1 aveva* appeso la chiave ad 'un gancio e se' n'era andato. Per i tre fu quindi un semplice gioco aprire e uscire in strada. E se anche gli altri avessero saputo in anticipo che era così facile' andarsene, a quest'ora nel. carcere sarebbe forse rimasto solo il direttore, Fede¬ rico Francioni. Dallo stesso itiiiiiniiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiHiiiiiiiiiiitiiiiu e i e, o e' u a i e o i carcere, chiamato dopo quell'episodio eia prigione delle fughe*, evase, t! 7 maggio '51, Vito Nardiello, detto « il lupo dell'Irpinia », responsabile di numerose' rapine e omicidi, fra cui quello di un carabiniere. Con lui scapparono il macellaio bolognese Pietro Salomone e il pastore calabrese Giuseppe Polimeni, che furono poi ripresi. Nardiello, rifugiatosi fra i boschi dell'Appenino campano, è tuttora latitante dopo più di dieci anni. Il € n. ly dei tre evasi nello scorso settembre è Ferdinando Roberto. Ha 67. anni ed è di) Cffys&pà-,Irp%no\; nella stessa' provincia. Fu arrestato i' 9 aprile di quest'anno in contrada Macchia net .orso di una battuta organizzava dalla tenenza di Montella. La Procura della Repubblica aveva emesso contro di lui tre mandati di cattura: due per furti di bestiame e il terzo per avere ucciso a colpi di fucile, all'inizio del 'GÌ, il commerciante Antonio Cantarella. La magistratura lo sospetta colpevole anche di un altro omicidio. Nell'inverno del '61, fu trovato morto a Montemarano un giovane contadino, Antonio Pastore. Al momento dell'arresto il Roberto aveva una pistola di calibro identico a quello del proiettile estratto dal cuore della vittima. I carabinieri suppongono che egli si fosse aggirato per le campagne coperte di neve, entrando di notte nel pollaio contiguo alla casa della famiglia Pastore. Uno dei figli, Antonio, udì il rumore e usci armato di doppietta4 ma l'intruso sparò per primo. Il Roberto ha sempre negato questo delitto. Il secondo evaso è Andrea Viglioglia, di Melfi (Potenza). Condannato per furto, avrebbe dovuto riacquistare la libertà il S5 maggio 1966. La moglie Rosalia, dopo il trasferimento del marito ad Avellino aveva lasciato il pae se in Basilicata, stabilendosi a Montella. Dal giorno della fuga » scomparsa e ciò fa supporre che fosse stata informata in anticipo. Il terzo, Giorgio De Vita, llllJlIMlrilllMII i Mlillllllllllllllllllllilill condannato anch'egli per furto (la pena sarebbe scaduta il 15 giugno '6k), è di Pianura, presso Napoli. L'evasione avvenne alle 15,30 del 8 settembre. Viglioglia e De Vita avrebbero dovuto indossare l'uniforme a strisce, invece al momento in cui hanno lasciato il carcere avevano due < completi », l'uno grigio e l'altro blu, offerti da altri reclusi. Le uniformi, tagliate e fatte scendere attraverso le tubature dei servizi igienici, non sono state mai più ritrovate. L'antica prigione, costruita nel 1795, ha tre < bracci ». Al momento della fuga i carcerati erano -ioti, gli agenti di custodia 107. Dal < braccio », che attraverso un androne immette nel cortile su cui si apre la porta carraia, quel pomeriggio uscirono novanta detenuti per la <. passeggiata > quotidiana. Di solito una guardia li conta e ricontrolla poi il loro numero quando essi rientrano. Il 6 settembre la guardia addetta a quel controllo non c'era. Terminata la < ricreazione », al segnale di un altro agente in servizio innanzi alla porta carraia che dal cortile si apre sull'esterno — precisamente in via Cristoforo Colombo —, i novanta rientraro.no. Non vedendo più nessuno nel cortile ormai completamente vuoto, l'agente in servigio alla « carraia » appese la chiave in uno sgabuzzino di legno con una parete a vetri e se ne andò dopo avere girato la serratura di quello sgabuzzino. Ma nel « braccio » non erano rientrati novanta, bensì ottantasette. Gli altri tre, infilatisi in una delle aule ohe danno nel cortile, visto allontanarsi l'agente, uscirono di nuovo, andarono nello sgabuzzino, tagliarono il vetro con un diamante, presero la chiave, aprirono la carraia e subito furo no all'aperto. Nel vederli lasciare il carcere, la sentinella in servizio su quel lato ebbe il pensiero di aprire il fuoco, ma poi, osservando la numerosa gente per là strada se ne lllillIllllllllllllMEMIIllllllItlllllllIFlIllllItlI} astenne. Il suo stupore dovette essere tale che mancò persino di sparare in aria, e quando finalmente si decise a dare l'allarme era ormai troppo tardi: i tre, servendosi di un camion in transito — al cui conducente chiesero il favore di un passaggio —, si erano già allontanati. Il Ministero, in attesa di più severi provvedimenti, ha sospeso dalle loro funzioni, oltre ad un sottufficiale, l'agente che non fece il controllo sui detenuti andati a prendere l'<aria>, l'altro che appese la chiave nello sgabuzzino e il terzo che, di sentinella, non avvisò nean¬ che con una fucilata in aria. Continuano accanite in tutta la Campania, la Puglia e la Basilicata le ricerche per catturare i tre evasi. Esse sono dirette soprattutto ad impedire che il Roberto possa compiere nuove vendette. Quando fu arrestato nella scoria primavera, egli disse che se fosse riuscito a scappare avrebbe dovuto uccidere almeno altre quattro persone. Fra queste nominò l'ufficiale dei carabinieri Francesco Di Donna, comandante la tenenza di Montella, che ebbe < il torto » di aver facilitata la sua cattura. ' ' V- cgv