Balthus e Campigli dominano l grande mostra Francia-Italia di Marziano Bernardi

Balthus e Campigli dominano l grande mostra Francia-Italia DA STAMANE ALLA GALLERIA D'ARTE MODERNA Balthus e Campigli dominano l grande mostra Francia-Italia Nel vasto, schiumante ribol-j l'limento di inquiete, spasmodi che e talvolta deliranti ricerche pittoriche di cui è fedele, impressionante specchio la grande esposizione < Pittori d'oggi, Francia - Italia » che stamani alle 11 s'inaugura nella Galleria d'arte moderna di Torino con l'intervento dell'ambasciatore di Francia a Roma, Gaston Palewski, è bell'elemento equilibratore la presenza, in due imponenti mostre personali, del francese Balthus e dell'italiano Campigli. Il primo, che dipinge secon: do la tradizione < figurativa > di un Bonnard o di un Matisse, è di dieci anni più giovane del celeberrimo < informale > Fautrier, idolo di Ungaretti. Il secondo, che trae le sue immagini dalle « arcane misure delle antiche forme mediterranee, tra primitivismo archeologico ed aura metafisica », come ha scritto adesso per il catalogo Franco Bussoli, è pressoché coetaneo del notissimo < astrattista-spazialista » Lucio Fontana (quello — per il pubblico — dei cartoni bucherellati e tagliuzzati). Bisogna quindi andar cauti nel proclamare ai quattro venti che la pittura dove uomo, natura, oggetti sono deliberatamente e chiaramente rappresentati, è diventata — per usar l'espressione da Arturo M'artini riferita all'analoga scultura — una «lingua morta >: e che l'arte dei giovani, del presente e del futuro, quella insomma che s'usa chiamar « viva », s'affida fatalmente al linguaggio astratto. Tutti i linguaggi artistici possono invece essere attuali e legittimi quando non li vizia o li impone una mentalità che non s'accorge di diventare, con ritardo, conformistica, oppure la moda, lo snobismo, e soprattutto un interesse pratico che gli si riconnette. Di Balthus (Balthus Klossowski de Rola, nato a Parigi nel 1908), il quale di recente è stato nominato dal ministro Malraux, direttore di Villa Medici, l'Accademia di Francia a Roma, s'ebbe un assaggio a Torino tre anni fa alla « Galatea » con qualche opera, di cui alcune qui ora ritornano. E' pittore di vaste e solide composizioni derivate dallo studio dei classici, principalmente di Pier della Francesca; e di substrato letterario, favorito dall'ambiente nel quale si educò: fra l'altro importante la. sua giovanile conoscenza di Rainer Maria Rilke. Qualche brano del decorativismo intimistico di y.uillard, qualche intarsio cromàtico di Màtlsse, gli soh forse rimasti impressij ma le sue intenzioni son quasi sempre essenzialmente allusive, spartite con meditato equilibrio fra uno psicologismo che sconfina nel simbolo {La dame au phalène, che tradisce un'origine preraffaellita rivista attraverso la pittura dei Nabis), e. un'analisi del subcosciente non scevra di qualche equivoca allusione, anche sessuale (La Chambre). Nell'insieme tuttavia, e persino nei paesaggi improntati alla solennità piuttosto che a un commosso sentimento agre ste, egli mira all'ampiezza co struttiva, all'architettura del- filaraclfrploferoLdmcotepfusìnchciomcupcataucuimdsttetidfisulebcptotesnvnl'utPmapCqstsspldastsdtztmmzesltt—lptBsLoPoPCWCltoC l'opera, al chiaro rapporto tra lofigure e ambienti, che fissa nel- gla memoria le sue originali lorappresentazioni. Di qui la sua |mclassicità misurata, un po' fredda, rielaborata in chiave postimpressionistica, da un colore morbido, pastoso, ancor fedele alle leggi del chiaroscuro. Un pompier a suo modo? Lo esclude quel che di inquieto, di dubbioso, di sensualmente morbido, di intellettualmente complicato, si vede nelle sue tele. Quanto a Massimo Campigli, per lungo tempo parigino (e fu parte della sua fortuna), così ben definita è nella comune conoscenza la sua pittura, che questa presenza a < Francia-Italia » sembra più un omaggio che un'iniziativa di cultura. Da vent'anni piace ripetere — e lo ripete anche il catalogo — l'aforisma del poeta Carrieri: < La sua storia è un muro bianco. Un muro su cui Campigli ha dipinto delle immagini. Tutto è chiaro e indecifrabile ».»Cosa stia su questo muro lo si sa. Donne color terracotta (e terrecotte appiattite sembrano infatti) in forma di clessidre, sole, appaiate, a file ribaltate in uno spazio assurdo che le colloca le une sulle altre come i ranghi d'una biblioteca, donne che guidano cortei di bambine, riduzioni in piccolo d'esse medesime, teste tonde o triangolari senza fronte, cappellini schiacciati a guisa di focacce, occhi fissi attoniti, l'anticaglia che non sa se voglia diventar vita o continuare a celarsi sotterra. La sua archeologia: Micene, l'Etruria. La sua metafisica: un mistero modesto e ripetuto tanto da divenire tavoletta. Perciò la sua pittura, con simili sottintesi, piace ai poeti, ai letterati; ma piace anche ai pittori per la finezza tonale. Certo, passando da quadro a quadro, vien da domandarsi se il pittore non abbia talvolta sentito un po' di noia a starsene prigioniero in questo schema che alla fine ha il sapore d'una formuletta. Ma l'artista, parlando di sé come d'un altro, trent'anni fa già aveva detto: «Continuerà il suo gioco, dipingerà teste su teste. Quel che importa è che sia vera pittura ». E dal punto di vista del gioco pittorico, autentico, nulla da eccepire. Anzi, si deve applaudire. Questi sono i due cardini intorno ai quali ruota la foltissima mostra, la quale, nel decimo anniversario della fondazione di « Francia-Italia », vuol essere un'antologia — avverte sul catalogo la signora Marella Agnelli che presiede il comitato promotore (al solito, Vittorio Viale deus ex machina) — degli artisti partecipanti „ftlle precedènti edizioni. Non sorprenda dunque di ritrovarvi, tra i francesi, Alix o Bissière, Borès o Clave, Dufour o Gi schia, Hartung o Lapique, Lanskoy o Manessier, Masson o De Staél, Ozenfant o Pignon Poliakoff o Singier, Tal Coat od Ubac, i due Van Velde, Prax o Szenes, Soulages o Chastel, Dumitresco o ZaoWou-Ki, Chauvin o Cottavoz, Couy o Debré o Zadkine (con l'aggiunta quest'anno di Fautrier); e tra gli italiani, Afro od Ajmone, Becchis o Burri, Cagli o Cantatore, Capogrossi CoPoscvRcbuPgI o Cannassi, Cassinari o Chi- ghine, Davico o Dova, Dorazio o Fontana, Gentilini o Giacometti, Guttuso o Levi-Montal- Cini, Mafai o Magnelli, Meloni o Moreni, Morlotti o Pauluccì, Peverelli o Pirandello, Radice o Romiti, Ruggeri o Santomaso, Scanavino o Spinosa, Vacchi, Vedova, Cagli, Corsi (nuovi, se non erriamo, Giunni, Rambaudi, Francese; e Crippa che espone dei pezzi di sughero bruciacchiato applicati sopra un supporto di legno intitolati Personaggio o Nulla da aggiungere). I frequentatori di « FranciaItalia» dal 1951 conoscono le ricerche, i dubbi, i tormenti, gli entusiasmi, le meditazioni estetiche, che rispondono ai nomi ora citati, ciascuno dei quali è indice, con innumerevoli variazioni, delle tendenze più vistose della pittura contemporanea. E nell'insieme tutto ciò costituisce un panorama grandioso, tinto talvolta di tragici bagliori, che paiono un riflesso della condizione più drammatica del mondo d'oggi. Per conto nostro dunque pensiamo che la mostra, al di fuori dei fatti d'arte, vada intesa, più che altro, come un documento del tempo attuale. Marziano Bernardi

Luoghi citati: Francia, Italia, Parigi, Roma, Torino