Incontro con il "Premio Nobel,, padre Pire che vuole diffondere l'amor fraterno tra i popoli di Giovanni Giovannini

Incontro con il "Premio Nobel,, padre Pire che vuole diffondere l'amor fraterno tra i popoli Incontro con il "Premio Nobel,, padre Pire che vuole diffondere l'amor fraterno tra i popoli Nel suo piccolo ufficio, in un borgo lungo la Mosa, il frate tiene due semplici ritratti : Anna Frank e Albert Schweitzer - Le iniziative nell'immediato dopoguerra a favore dei profughi - Ora ha fondato, alle foci del Gange, la prima «isola della pace» (Dal nostro inviato speciale) Bruxelles, settembre. Dai campanili di Huy i dodici rintocchi della mezzanotte rompono il silenzio della valle della Mosa, immersa nel plenilunio. Ieratico nella sua candida veste domenicana, Padre Dominique George Pire, Premio Nobel della Pace, aspetta che l'ultima eco si perda verso Namour e Liegi, prima di con eludere il lungo colloquio col giornalista italiano. Con la sua eccezionale, esasperata sensibi- lità, l'autore di una delle più grandi crociate di bontà, avverte facilmente nell'ospite straniero l'ammirazione ma al tempo stesso la perplessità per l'efficacia pratica di una battaglia individuale in un tempo cosi aspro, in un mondo così arido e distratto. < Dalla disperazione più atroce — dice 11 Padre — può, deve risorgere l'albero della speranza >. Siamo nel giardinetto pensile della modesta casa di Huy dove il fondatore dell'Europe du Coeur ha posto il suo quartier generale. <Vede questa pianta — mormora sflo randola con una carezza — co me ha forte il fusto, rigogliose le foglie? La terra dove affonda le radici l'ho raccolta io, ricca di ceneri umane, forse proprio quelle di Anna Frank, nel campo di Belsen ». Il Padre sorride al mio rab brividire, mi guida nel suo pie colo ufficio: un grande ritratto di Anna Frank, che il domenicano ha assunto a simbolo dell'orrore più disperato, è accanto ad uno di Albert Schweitzer, simbolo di tutte le più nobili crociate per la redenzione dei fratelli più diseredati. Sulla scrivanìa, tra un'infinità di oggetti strani ma in un loro perfetto ordine simbolico, spiccano un grosso mattone bruciacchiato i!d un piccolo uovo di gallina: c Quello — spiega 'Padre Pire — l'ho raccolto ad Hiroshima; questo me l'ha regalato in Tunisia un miserabile algerino che non aveva altro da donarmi per le mie opere >. Soppesa un po' nelle due mani il mattone e l'uovo: «Per l'umanità, tra il segno della guerra e quello dell'amore, non credo che sia il dono del povero ad avere un peso minore >. Il domenicano mi riaccompagna nelle vie deserte del borgo vallone verso, il ponte sulla AI- ~a e la strada per Bruxelles. «Anche tutto quanto ho fatto e faccio io, è certo piccola cosa in un mare di dolore, ma come il dono del povero vuole avere un peso e un senso che trascendono la mia umile azione >. Dissero i norvegesi due anni addietro nell'attribuirgli il Premio Nobel per la Pace: «Ciò che più conta nell'opera dì George Pire, è lo spirito che ne ha animato l'azione, è ciò che ha seminato nell'animo degli uomini e che, noi speriamo, l'avvenire vedrà germogliare sotto forma di disinteressate opere in favore dei nostri simili immersi nella miseria >. Non son certo di poco conto le realizzazioni concrete'di questo frate cinquantenne che dimostra meno dell'età sua, alto e robusto, lo sguardo penetrante e le mani forti e grosse. Studente al romano Angelicum, teologo a Lovanio, insegnante di filosofia morale a Huy, il reverendo padre ha poco o niente di mistico, sembra piuttosto un vescovo guerriero medioevale. Più che alla speculazione, è all'azione che si è sempre sentito irresistibilmente portare. Nel Belgio occupato dai nazisti, questa tendenza trova il più fertile ed eroico campo d'azione. Il giovane e sconosciuto domenicano crea le sue prime opere: un'organizzazione per l'aiuto alle famiglie povere, colonie che accolgono e salvano centinaia dì bimbi. E al tempo stesso, il frate si fa davvero guerriero: agente del servizio segreto alleato, cappellano dell'Armata Segreta belga, guida non soltanto spirituale dei partigiani valloni. Nel dopoguerra gli affidano una parrocchia nella sua terra, e in umiltà e obbedienza egli se ne occupa col solito attivismo ma per poco: lo attende una folla ben più grande di parrocchiani. Ne ha 1*« illuminazione > nel '49, ascoltando una conferenza sul problema delle « D. P. >, displaced persons, e non tanto su quello dei milioni di profughi dalle braccia robuste che prima o poi altri Stati accoglieranno, quanto sul dramma di decine di migliaia di vecchi o malati che nessuno vuole. Questo è il suo gregge: senza un'organizzazione, spesso contro organizzazioni esistenti, Padre Pire inizia il decennio di opere prodigiose che lo condurrà al Premio Nobel. Ecco per prima cosa i suoi « parrainages »: sedicimila profughi vengono messi a contatto con altrettanti benefattori che da tutto il mondo li. aiutano materialmente e moralmente. Poi gli asili per vecchi: da ogni parte dell'Europa divisa affluiscono in Belgio coppie oppresse dagli anni e dal dolore, stupite nel vedersi accolte con affetto, simpatia, calore umano. Infine, l'opera maggiore, e più nota: migliaia di persone ritrovano una casa, un lavoro, una speranza, nei. «villaggi europei > sparsi in Belgio, in Germania, in Austria (il penultimo intitolato ad Anna Frank, l'ultimo a Saint Exupery). E' il complesso di opere che Padre Dominique George Pire ha chiamato < l'Europa del Cuore », che gli è valso il Premio Nobel per la Pace (che in seguito non è più stato asse gnato a nessuno) «per la sua azione a favore dello sviluppo dello spirito di fraternità tra P gli uomini, i popoli, le razze ». Per il dinamico domenicano, il massimo ricc.noscimento internazionale serve solo come incitamento — « come frustata », dice luì — a far di più, a passare al nuovo progetto che mi sta appassionatamente illustrando da ore, dall'* Europa del Cuore», al «Mondo del Cuore », dalla battaglia per i profughi a quella per la fraternità e la pace fra gente di tutti i continenti e le razze. Prima dell'annuncio stesso, qualcosa il frate col suo consueto attivismo ha già cominciato a fare. In un moderno collegio-scuola sorto per incanto ad Huy, già quest'estate ha messo insieme decine dì giovani dì vari paesi e li sta ad¬ 1111111111111111111 11111111111111111111111111111111 destrando a diventare «buoni operai della pace ». Col vecchio sistema dei collegamenti epistolari, ha già messo a contatto migliaia di Bianchi e di Neri « per la comprensione ed il reciproco amor fraterno ». Ma adesso sta per entrare in azione lui personalmente, si accinge a partire per una delle zone più misere della terra. Accompagnato da un medico, da un ingegnere, da qualche tecnico, andrà in un villaggio pakistano delle foci del Gange, cercherà di aiutare materialmente e moralmente i duemila abitanti a trasformarsi in una collettività autosufHciente, organizzata, moderna: una « isola di pace ». Giovanni Giovannini 1111111111111111111111111111111111111111111111111111111111