Una mostra interessante e varia anche se priva di grandi capolavori

Una mostra interessante e varia anche se priva di grandi capolavori Impressioni riassuntive sui XXit t'estivai di Venezia Una mostra interessante e varia anche se priva di grandi capolavori Briganti, messaggi sociali, psicanalisi, polemiche pacifiste, deviazioni morali e altri temi hanno dato una prospettiva abbastanza esatta del cinema d'oggi - Forse il gelido film di Resnais non meritava di vincere, ma i registi italiani hanno nel complesso deluso Un'impressione riassuntiva della XXII Mostra cinematografica di Venezia? Cominciando dal tempo, che ha avuto sempre splendido, è stata un'edizione, nella, sua modestia, abbastanza fortunata. Senza polemiche e tanto meno risse, senza veleni né incidenti. I quattordici giorni sono stati improntati da una placidità, se vogliamo un po' sonnacchiosa, ma civile e distensiva. Di che ha non poco merito la nuova direzione di Domenico Meccoli, che non ha mai cercato il rumore, ma come le buone padrone di casa ha operato senza farsi sentire. Rispetto all'arte del film, le cose potevano andare meglio, ma anche peggio. La mediocrità è ormai l'attributo di tutti i festival, che sono troppi; e la differenza dall'uno all'altro è appena stabilita da un più o un meno di decoro. Questo non è mancato alla nostra Mostra, decana di tutte, che se non ha potuto farci banchettare con quattordici capolavori, anzi nemmeno con uno, ha ovviato a'ia carestia servendoci almeno dieci film interessanti varii di temi e di timbri. E' stata la Mostra del < briganti >, ma anche delle < amicizie particolari!, dei messaggi sociali, delle polemiche pacifiste, della psicanalisi, delle esercitazioni stilistiche fuori del tempo e dello spazio. Naturalismo ed estetismo, neorealismo e barocchismo, De Amicis e Freud, Balzac e Joyce, si so- no dati la mano attraverso una iprospettiva abbastanza esatta del cinema d'oggi. Nazione per nazione, gli Stati Uniti, con due opere anche troppo normali (Estate e fumo di Glenville, e Ponte verso il sole di Perrier) hanno confermato un -loro crescente disinteresse per le mostre d'arte. Mentre l'Unione Sovietica, con una sola carta (Pace a chi entra di Aulov e Naumov), ha simpaticamente esaltato la pace in un film di guerra. Ha deluso, ma su un piano di robiltà stilistica, la Polonia con Sansone di Waida; ha dignitosamente annoiato la Cecoslovacchia con II giorno in cui l'albero fiorirà di Krska; ha fatto un figurone la Jugoslavia essendogli stato attribuito il film più polemico discutibile e discusso della Mostra, il Tu non ucciderai di Autant-Lara, apologia dell'obiettore di coscienza. I festival si addicono al Giappone, che anche al Lido è piaciuto grazie al vivido arazzo del grande Kurasawa (La guardia del corpo); e se il trattare un tema più che scabroso con serietà e pulizia è un gran merito, all'attivo di questa edizione metteremj anche d'averci presentato l'inglese Vittima di Dearden. Poi la Francia, la grande vicina. Con l'opera prima di Albicocco, La ragazza dagli occhi d'oro, ci ha dato un film specioso ma elegante, frollo ma singolare; con L'anno scorso a Marienbad di Resnais un allucinante gioco d! immagini che ha fruttato quella cosa seria che è un «Leone di San Marco>. Abbiamo lasciato per ultima l'Italia, di cui s'era detto che presentando ben quattro nini sui quattordici avrebbe rischiato grosso. Profezia facile e purtroppo giusta al cinquan- ta per cento. Vernina Vanini di Rosselllni è stato il grosso tonfo del carte1 lone, e comparativamente all'aspettativa anche II Giudizio Universale di De Sica ha deluso. All'uno e all'altro potranno giovare i ri tocchi; ma intanto ecco due nostri grandissimi registi in fortunati, mentre un terzo, il Castellani del Brigante può dire di essere caduto in piedi. E allora? Al giovane De Seta, il vanto del film più <puro> della quaterna: Banditi ad Orgòsolo. Se l'esperienza insegna, alla prossima edizione della Mostra rispetteremo un po' meglio il galateo dell'ospitalità. Un altro neo è stata la < sezione informativa», per la curiosa ragione che è andata troppo bene. Ed è un neo piuttosto grosso perché può rimettere in discussione la pur provvida « nuova formula > della Mostra del Lido. Che figura ci fanno i quattordici film, gli eletti, se possono entrare in paragone, e non di rado soccombere, coi film dell'* informativa >? Qui abbiamo visto un Olmi (Il posto), un Pasolini (Accattone), un Ciukrai (Cielo pulito) che, per tacere del francese Rouch, dell'inglese Reisz, dell'americano McKenzie, dell'argentino Torre Nilsson e di altri, non avrebbero sfigurato nella maggior cornice. Molti di questi film sono di giovani; e giovani sono De Seta e Albicocco. Dal complesso della Mostra è uscita chiara la nota della precocità. Buoni registi oggi si diventa molto In fretta, anzi subito: basta avere qualcosa da dire; e questi giovinottl traboccano di contenuti. Per converso si è visto un certo declino dei grandi maestri, non più perfettamente in filo con gli umori e i problemi d'oggi. La premiazione. La mancanza d'un pinnacolo (e doveva essere il filiti di De Sica e Zavatttni) ha messo all'ultimo momento in difficoltà la Giuria. Ma nell'ordine dei ripieghi, 11 premio alla gelida crlt.tografla di Resnais, non ci può trovare consenzienti, e al gran pubblico riuscirà misterioso come il film stesso. L'assunzione dell'Ansio scorso a Marienbad ha giovato al film rusro (Premio speciale della Giuria), anch'esso esaltato sopra i meriti, mentre è pacifico che al film di De Seta dovesse toccare il premio per l'opera prima. Secondo le previsioni e secondo giustizia è anche la « Coppa Volpi > all'attore giapponese Toshiro Mifune; ma non così l'altra « Coppa > a Suzanne Flon (modesta caratterista del film di AutantLara), nettamente soverchiata dall'americana Geraldine Page protagonista di Estate e fumo Ad ogni modo è andata così e senza sollevare troppo scalpore. Era proprio scritto che tutto dovesse correr liscio quest'anno, sulla laguna. Leo Pestelli