La bella favola del re scalpellino di Marziano Bernardi

La bella favola del re scalpellino I COSTRUTTORI DI CATTEDRALI La bella favola del re scalpellino C'è una chansun de geste che narra d'un sire francese fattosi assumere per penitenza semplice bracciante con misero salano nel cantiere d'una cattedrale in costruzione. Dopo una settimana gli operai preoccupati che costui facesse ribassare, in concorrenza, le paghe, si misero d'accordo, e abbattutolo a colpi di martello ne gettarono il corpo nel Reno. Dice la leggenda che i pesci lo riportarono a galla, e che da allora vaga a filo di corrente illuminato da tre ceri; ma il racconto ha un più concreto significato: che manovali, tagliapietre, muratori, scalpellini, carpentieri, vetrai, copritetti, maestri e garzoni senza contare il vero e proprio architetto, costituivano dall'XI al XIII secolo maestranze perfettamente qualificate e organizzate per quel gigantesco lavoro che in meno di duecentocinquant'anni coprì l'Europa di straordinari templi, e che la bella immagine dell'intero popolo d'una città, uomini e donne, vecchi e fanciulli, trascinato dal fervore religioso a costruire o ricostruire quasi con miracoloso istinto di improvvisati artefici la propria cattedrale, è da relegare nel mondo delle seducenti favole. Non è favola invece — che le opere magnifiche ancor Io testimoniano col loro splendore e le dimensioni colossali — Io spirito di emulazione, la gara addirittura temeraria degli uomini del Medioevo nel darsi chiese sempre più vaste, sempre più audacemente elevate al cielo, sempre più riccamente adorne, e d'una capienza, dunque, che in rapporto col numero degli abitanti dei luoghi ove sorgevano lascia tuttora perplessi. La cattedrale di Amiens, la più spaziosa di Francia, per esempio, coi suoi 7700 metri quadrati di superficie, può contenere 10.000 persone: quante ne contava, al tempo della sua costruzione, l'intera città. Sarebbe come se ai giorni nostri una metropoli di milioni d'anime possedesse un edificio per accoglierle tutte. Come spiegarsi una così sorprendente incongruenza, dato che non è supponibile che neppure nella più mistica età della storia umana una cittadinanza totalmente si trasferisse nelle feste comandate in una sola chiesa lasciando le case deserte? La risposta ce la dà Jean Gimpel nel suo avvincente libro che ora il Mondadori ha pubblicato nell'ottima traduzione di Giulia Veronesi, / costruttori di cattedrali: pagine studiose che hanno il piglio e l'interesse incalzante d'un romanzo avventuroso e davvero universale, quantunque non tocchi che la vicenda di Francia, tanta è l'epica grandiosità di eventi costruttivi-mai prima riscontrati nemmeno lungo le dinastie faraoniche e mai più ripetutisi nel corso dell'architettura europea. Rifacendosi alla tesi geniale dell'insigne medioevalista belga Henri Pirenne, egli paragona l'impulso creativo del popolo francese fra circa il 1050 e la fine del Duecento, all'entusiasmo pionieristico americano fra il XIX ed il XX secolo, dal quale sorse, orgoglioso simbolo di esuberanza giovanile, il grattacielo, e che stimolò la corsa all'altezza fino ai 102 piani e ai 448 metri dell'Empire State Building. E' lo spirito del borghese medioevale, animato di fanatico patriottismo, fiero di aver strappato le proprie libertà al vecchio signore feudale, che bandisce con gioia ambiziosa la « Crociata delle Cattedrali ». Nulla di abbastanza grande e spetta coloso per la « città » ch'è di ventata la sua vera patria col ri fiorire dell'economia sul princi pio del Mille; ed è la stessa men talità di conquista, di affermazione della sua nuova potenza, che spinge il giovane popolo americano alla scalata dei « pri «iati mondiali ». La fede religiosa è, sì, il primo movente, e l'esempio di Cluny si irradia, con non meno di 1400 conventi, su tutto il mondo occi dentale dal Portogallo alla Polonia. Ma, stando sempre sul terre no del culto, chi non ricorda i tonanti ammonimenti del cistercense San Bernardo, uniformatosi alla dottrina severa di San Roberto, rivolti ai prodighi cluniacensi che avevano voluto un tempio vasto come il romano S. Pietro? E' il suo gran duello col Suger, l'abate di Saint-Denis. E quello esclama : « O vanità delle vanità, la chiesa è tutto uno scintillio, ed intanto il povero ha fame; si modellano in belle forme i santi e le sante, i fedeli vanno a baciare le statue, e dimenticano persino Io slancio della preghiera! ». Questo risponde: «Si dispongano vasi d'oro e tutto ciò che più si considera prezioso nel creato per ricevere il sangue di Gesù Cristo », e copre di paliotti dorati il suo aitar maggiore. Il medesimo slancio d'amore li fa agire in direzioni opposte. Ma senza l'humus che fertilizza la nuova società medinevale senza la fiduciosa aura che ne vivifica il clima, non si giustificano né fatti né date. La crociata delle cattedrali trascina vescovi, canonici, semplici privati a sacrificare parte dei loro ben- per finanziare costruzioni che costarlo somme favolose: .1 Sens nel 1133, a Noyon nel 1161, a Laon nel 1160, a Parigi nel 1163, a Bourges nel 1192. a Chartres nel 1194, a Rouen nel 1202, a Reims nel 1211, a Le Alaiis nel 1217, ad Amiens nel 1221: prodigi dì vertiginosi muri, pilastri, archi, volte, guglie, pinnacoli, vetrate, statue a migliaia, che nascono nel giro di cent'anni. Da città a città la gara s'impegna con uno spirito che oggi si iirebbe a sportivo ». La volta di Notre-Dame tiene il primato con 36 metri e mezzo? Reims allora lo vuole suoerare di quasi 2, Amiens di 6, Beauvais si sforza a batterlo di 12, ma paga la sfida col crollo del 1284. Inutile la rampogna di Pierre le Chantre : « E' grave peccato costruire chiese eiKumi come si fa ora... con l'usura dell'avarizia, con l'astuzia della menzogna, con gli inganni dei predicatori», immensa è la soddisfazione del bor- ghese nel pensare che la catte- drale della sua città e la più ampia, la più alta, la più ornata di Francia. Ma a questo sentimento s'accompagna un'altra considerazione: il suo spontaneo comunicare coi personaggi e con le storie dell'Antico e del Nuovo Testamento che, scolpiti nei sottarchi e nei pilastri dei portali, sono familiari e cari al suo cuore. « Ciò che rende quest'epoca commovente e armoniosa — scrive il Gimpel — è che il letterato e l'uomo del popolo possedevano lo stesso mondo figurativo, ed avevano ricevuto la stessa educazione, la sola differenza consistendo in una diversità di grado ». E analogamente sentivano ed agivano i costruttori di cattedrali maestri e manovali. Nella civiltà medioevale non esisteva an- " i < ì > ' 1111 1 ■< 111 ( ! 111111111M1 i 111M11111111111 r 11 cora il divario fra lavoro e capolavoro, fra operaio e artista, un concetto che si farà strada e s'imporrà esclusivo soltanto nel Rinascimento. « Le espressioni che definiscono nel Medioevo, in latino, gli operai che tagliano la pietra — ricorda ancora il Gimpcl — non permettono generalmente di distinguere quelli the tagliano semplicemente dei blocchi squadrati da quelli che sagomano le volte ad arco acuto, i rosoni, e le sculture dei portali. Gli scultori vengono confusi nella massa degli scalpellini. Ciò che può sembrare strano a noi, perché pensiamo che vi sia una differenza enorme fra coloro che compiono un lavoro apparentemente meccanico com'è quello di squadrare lastre di pietra, e coloro che scolpiscono, con l'anima, le statue magnifiche della cattedrale ». Fu un vantaggio la distinzione critica che ha posto sull'altare l'artista, sotto la tutela della letteratura, degli scrittori de! Rinascimento quasi a disprezzo del lavoro manuale e della bellezza vivente con la sensibilità di una pura « forma »? Il nostro autore ne dubita, e probabilmente ha ragione. Perché è proprio col venir meno di una mirabile perizia manuale, quando, con l'inizio della guerra dei Cent'anni, nel 1337, si chiudono 1 cantieri della fede e si aprono i cantieri della distruzione, e gli scalpellini-scultori di Chartres e di Reims sono chiamati a costruir fortezze in vece che cattedrali, e i tagliapietre trovano lavoro non nel sagomare archi rampanti ma nell'arrotondare palle da cannone, che la crociata delle cattedrali vede compiuto il suo ciclo. Lo spirito d'iniziativa e d'invenzione dei grandi costruttori del Medioevo si spegnerà in un freddo ripetere, « senza fede e senza fiamma », i gesti ispirati dalla coscienza religiosa e civile'd'un tempo ormai superato. Chiusa l'età dei « costruttori », comincerà quella degli « architetti ». Ma il popolo di statue uscito dai cantieri francesi per glorificare Dio esaltando la bellezza umana, non apparterrà più alla vita quotidiana, sarà consegnato — imperituro — alla storia dell'arte ed all'ammirazione dei posteri. Marziano Bernardi 11111111111111 11 111 ( 11111 1 ! 1111 ■ 11111 ! 11 ! 111 i 11 i i 11111 II

Persone citate: Chantre, Gimpel, Henri Pirenne, Jean Gimpel, Laon, Noyon, Sens