Ottime anche per la "cura dell'uva,, le viti tipiche dei vini piemontesi

Ottime anche per la "cura dell'uva,, le viti tipiche dei vini piemontesi Una fonte di salute sulle colline del Monferrato Ottime anche per la "cura dell'uva,, le viti tipiche dei vini piemontesi Le varietà propriamente da tavola arrivano quasi tutte dalle Puglie - L'Italia produce uva da mensa più di tutti gli altri Paesi del mondo, sette milioni di quintali Sotto questo titolo II Ministero d'Agricoltura pubblicava alcuni anni fa una pregevole raccolta di scritti di fisiologi e clinici italiani, tutti intesi a mettere in giusta luce le singolari prerogative igieniche ed alimentari del frutto della vite: di quello che Arturo Marescalchi definiva «il frutto più bello >; e altri insigni studiosi « un raggio di sole fatto salute >, «nutrimento e medicina»: virtù, del resto, già conosciute ed esaltate sin dai tempi più antichi, da Celso a Galeno a Plinio. Su di esse è ritornato in un recentissimo scritto Sabato Visco, l'illustre direttore dell'Istituto della nutrizione del Consiglio Nazionale delle Ricerche, affermando che tali virtù sono state anche maggiormente precisate attraverso ulteriori studi di medici e nutrizionisti; e che la loro Importanza è stata studiata nell'uomo sano e in quello malato, nella gestante e nella nutrice, nei fanciulli e nei vecchi. Studi che han messo ancora una volta in piena luce come la complessa composizione biochimica del frutto della pampinea vite — dalla sua ricchezza in glucosio a quella in sali minerali — lo renda «un vero ricostituente dell'organismo umano in genere, e soprattutto di quello dei bambini »... I viticoltori italiani non possono che rallegrarsi di questa esaltazione che la scienza medica tributa al frutto dei loro sudori e delle loro continue ansie. E dovrebbero anche inorgoglirsi se sapessero che proprio l'Italia sta in primissima linea — fra tutti i paesi del mondo — in fatto di produzione d'uve da tavola (o se vogliamo, In senso più lato, mangerecce). Nell'ultimo quinquennio Infatti quella di uve da tavola propriamente dette, s'è aggirata su d'una media di 3 milioni 700 mila quintali, ai quali si debbono aggiungere altri 3 milioni e 300 mila ql. di uva da vino consumata come frutto fresco. Sono quindi in totale 7 milioni e più di ql. di uva che vengono destinati al consumo diretto anziché alla vinificazione. Nessun altro paese raggiunge tale cifra: la stessa Turchia, che notoriamente non produce quasi vino, ma consuma pressoché tutta l'uva come frutto, non arriva ai 6 milioni; seguono gli Stati Uniti (anch'essi grandi consumatori d'uva ma non di vino) con 4 milioni 800 mila; la Francia con 3 milioni e mezzo (Algeria compresa); la Spagna con 2 milioni e 300 mila, l'Urss, forse con 2 milioni e mezzo... Non tutti i nostri 7 milioni vengono però consumati dal popolo italiano, perché circa 1 milione e mezzo viene esportato (e anche a questo riguardo noi deteniamo un primato per ora incontrastato). Detraendo la parte che mandiamo all'estero, restano dunque circa 5 milioni 700 mila ql. pel consumo interno. Molto? poco? Indubbiamente, se confrontiamo 11 consumo qual è In tanti altri paesi, dovremmo dire che è già molto; ma, a ben pensarci, non è poi tanto per il paese più vitifero del mondo, la cui produzione totale di uva oggi s'allontana di poco dai 100 milioni di ql. Fatti i conti, in base alla popolazione presente (al 1" gennaio 1961, 49.502.000 abitanti), risulta un consumo prò capite di kg. 11,3 all'anno. Se si pensa che d'una uva da tavola che si rispetti bastano 3-4 grappoli per fare un chilo, tale consumo s'aggira sui 40 grappoli all'anno. Pochino, quando si consideri che, a differenza del vino, Il consumo si estende (o dovrebbe estendersi) a tutti: uomini, donne, vecchi e bambini... Non sembra pertanto utopistico pensare che il consumo attuale potrebbe senza grandi difficoltà raddoppiarsi, triplicarsi, a tutto vantaggio non solo del viticoltori, ma del popolo Italiano. Sappiamo bene che non è proprio la buona volontà dei consumatori a far difetto, e che molti sono gli ostacoli che si frappongono alla realizzazione della più cordiale loro collaborazione con i produttori... per aiutarsi a vicenda. Né vogliamo minimizzare le difficoltà — nel caso specifico delle uve da tavola — di realizzare Il tante volte auspicato passaggio diretto dal produttore al consumatore. Basti pensare che lo stesso grande mercato di Torino si provvede in parte prevalente dalle Puglie, la regione che produce da sola circa la metà dell'uva da tavola italiana, e anche in questa prima fase della stagione, la maggior parte della buona e bella uva ci giunge di là Tuttavia è certo che si possonr. compiere ulteriori notevoli progressi, limitando II numero degli intermediari e i rispettivi margini di guadagni, si da evitare ciò che è stato tante volte lamentato anche per i prodotti ortofrutticoli In genere: che i prezzi pei ti pubblico risulta no triplicati rispetto a quelli che pprcepisce il produttore Piuttosto vogliamo aggiun gere per coloro che hanno la possibilità di portarsi, durante la stagione vendemmiale sui luoghi stessi di produzione, cioè fra le nostre vitifere colline, che la « cura dell'uva > o ampeloterapia, e meglio ancora la cosidetta ampelofagia, possono essere molto utilmente attuate anche con uve non propriamente da tavola. Abbiamo una quantità d'altre uve, che si dicono a doppio uso o a duplice attitudine: cioè da vino e da mensa, che possono egregiamente rispondere allo scopo (ad esempio, per citare uve piemontesi, l'ottimo Dolcetto, il Cortese, la Favorita, l'Erbaluce). Se esse poco si prestano al grande commercio dell'uva da tavola, sia per le minori attitudini al trasporto, sia per la più modesta loro apparenza, dal punto di vista igienico e dietetico non han nulla da invidiare alle più elette uve da tavola; anzi, si prestano anche meglio alle cure d'uva (non per nulla l'Uva di Merano, che serve per quella ormai antica e rinomata Stazione ampeloterapica, non è che lo Schiavone del Trentino: base dei piacevoli vini di quella regione). E per concludere, vorremmo ancor una volta esaltare le virtù delle cure d'uva fatte sul posto, rioè fra le nostre pittoresche (ma ahimè! oggi troppo neglette) colline. Alle prerogative intrinseche del frutto s'aggiungono in tal caso anche quelle non meno benefiche che derivano dalla vita che - almeno per alcuni giorni — si può trascorrere all'aria libera e pura, sotto i raggi d'un sole non più scottante (gradito forse solo a coloro che cercano la tintarella!), e in un riposante silenzio, che oggi invano sì cerca sulle nostre spiagge, divenute pressoché tutte un tumultuante formicaio umano. E sarà ad un tempo un contributo che si darà alla soluzione dei gravi problemi della collina. Giovanni Dalmasso

Persone citate: Arturo Marescalchi, Galeno, Giovanni Dalmasso, Visco