Il Presidente di Bonn a Berlino ha visitato il campo dei profughi di Giovanni Giovannini

Il Presidente di Bonn a Berlino ha visitato il campo dei profughi it Dovevo venire tra di voi che avete rischiato la vita 99 Il Presidente di Bonn a Berlino ha visitato il campo dei profughi Luebke dichiara: cVerrà il giorno in cui la polizia di Pankow dovrà rispondere dei suoi delitti» - Un fuggiasco racconta: «Se potesse, non resterebbe di là il 90 per cento della popolazione; ma ormai è finita, e per sempre» - Quattro milioni di rifugiati, fra cui 738 professori universitari, dal '49 (Dal nostro inviato speciale) Boriino, 30 agosto. Ero oggi a Marlenfeld quando improvvisamente è arrivato il Presidente della Repubblica federale Luebke, ed ho potuto assistere alla commovente manifestazione con la quale i profughi dalla Germania comunista hanno accolto il primo cittadino della Germania libera. C'erano in prima fila tra la folla molti di coloro che negli ultimi giorni hanno sfidato il piombo della polizia di Pankow per raggiungere l'Occidente: «Anche come berlinese — ha detto Luebke — non potevo non venire tra voi che avete rischiato la vita. La " Volkspolizel " comunista dovrebbe pensare a quel che fa: verrà-Il giorno in cui anche essa dovrà rispondere dei suoi delitti ». Non per tracciare ancora una volta la storia ormai troppo nota di questo campo attraverso 11 quale sono passati milioni di profughi,, ma per parlare con qualche protagonista delle ultime e più audaci evasioni, ero già da qualche ora a Marlenfeld. Noti è stato facile, i tempi sono cambiati: il giornalista che prima veniva accompagnato nel « Lager», dove gli veniva fornita ogni documentazione e organizzato qualsiasi incontro con i profughi, ora viene invitato a tenersi sulle generali, a dire il meno possibile. Per il parente o l'amico rimasto di là, per chi ancora si prepara a ten tare una fuga sempre più prò blematica, anche il nome di battesimo di un evaso, anche l'indicazione della strada seguita per scappare, può essere pericolosa, può precludere l:ultimo camminò della speranza Solo dopo avere fornito ogni possibile garanzia al capoufficio stampa del «Lager» vengo accompagnato in una stanzetta dove sono due giovani, e dove solo la presenze e le assicurazioni del funzio nario che mi accompagna mi evitano di esser messo subito alla porta. I due, sui vent'anni, uno biondo, uno bruno, con' tinuano a guardarsi dubbiosi, e cominciano a raccontare prudenti e vaghi. Sono luggiti il giorno prima del giovane — ho l'impressione che lo conoscessero — che giovedì scorso è stato ucciso dal comunisti nella Sprea mentre in pieno giorno, sotto il ponte della ferrovia sopraelevata, tentava di raggiungere a nuoto la riva occidentale. Anche i due giovani sono fuggiti a nuoto, ma di notte, attraversando un canale, in un punto scelto dopo dodici giorni di osservazione. Si consultano sotto voce e in dialetto prima di concedere: « Può dire che il canale era lo Havel >, e poi, improvvisamente rinfrancati: «E aggiunga pure che noi siamo di Potsdam ». Ora è il mio accompagnatore a interromperli seccamente, se no finirebbero col darmi tutti 1 particolari della fuga di cui evidentemente sono, ed hanno ragione di essere, orgogliosi. Sono tutti e due studenti di < facoltà non classiche », con la scarsità di tecnici avevano buone prospettive di lavoro anche nella Germania di Pankow, e fra i tedeschi dell'Ovest non si aspettano di trovare il paradiso: « Sono persone troppo soddisfatte di sé — dice uno coll'eccessiva gravità del giovani — e noi due siamo e restiamo gente di sinistra». « Eppure non avete esitato a rischiare la vita ». < Non è stato questo 11 peggio, ma il lasciare le fidanzate, i vecchi la terra dove la nostra gente ha sempre vissuto e dove non vuol più vivere ». « Se potesse incalza l'altro, non resterebbe di là 11 novanta per cento della popolazione ». « Ma ormai — concludono all'unisono tutti e due — è finita e per sempre ». Sembra che non aspettino altro che qualche mia parola di speranza per scatenarsi contro « l'Occidente che non rea giace con la forza contro il nuo vo e mille volte più pericoloso hitlerismo ». Sono esasperati meglio non discutere: lascio due studenti che si preparano a partire per qualche Università della Germania federale, provo a rintracciare qualcuno dei poliziotti o soldati.di Pan kow fuggiti nelle ultime due settimane. Questa volta nulla da fare: a Marlenfeld 1 militari non ci sono, appena si presen tano vengono presi in consegna direttamente dalle forze alleate. E al comando ameri cano di Griinewald un ufficiale dei servizio informazioni ride divertito alle mie domande « Posso confermarle soltanto che di Vopo iVolkspolizisten) ne sono scappati parecchie decine, e che c'è sempre qualche case nuovo». Indugio tra i grigi edifici di Marlenfeld: il colpo d'occhio è sempre quello di prima) come se la frontiera non fosse mai stata chiusa ed i profughi continuassero a giungere anche al ritmo di duemilacinquecento al giorno. Dal 'blocco del 13 ago sto sono affluite al «Lager» al tre quindicimila persone, in mi nlma parte evasi, in assoluta maggioranza gente che era già prima passata nel settore oc cidentale e non si era ancora presentata al campo. Nei cortili, code di centinaia di profughi ai allungano con teutonica pazienza davanti all'ufficio del medico, dei documenti, della polizia. In queste case di Marlenfeld sembra che si sia ricreato a Berlino Ovest lo squallido quadro della Berlino Est con gli uomini vestiti alla meglio, con le donne dagli abitucci dozzinali e le ragazzine che per prima cosa, appena arrivate, corrono dalla pettinatrice e si spalmano le labbra con troppo fossetto. Parlano tutti poco volentieri, solo le donne raccontano più facilmente qualcosa — le solite cose — sulla difficile vita in .terra comunista, sul quotidiano problema della spesa nei'snegoai dove un.-giorno ci sono solo patate e un giorno solo carote, dove i capi di abbigliamento sono brutti e cari, dove per avere un piccolo frigorifero occorre mettersi in lista e attendere sei mesi «Ma non è per questo che slamo qui — aggiungono tut tavia — nemmeno di là è mai mancato il cibo, il lavoro e la paga ». Non è per questo: sul plano puramente materiale ed immediato qualche tecnico, qualche operaio, anche qual che intellettuale può averci persino rimesso ad abbandonare un posto ben retribuito una carriera sicura. Oggi a Marlenfeld c'era, un gruppo di giovani operai che esami nava senza troppo entusiasmo le offerte di lavoro di una ditta di Dusseldorf: i quattri ni — dicevano con una certa sufficienza — non sono certo troppi ma è quanto basta per cominciare una vita, per sperare Analmente in un -domani. I motivi economici si mescolano a quelli politici nei determinare il più grande esodo di un popolo nella storia del nostri tempi. Tra le cifre più o meno ufficiali '(aggiornate al 30 luglio, a prima cioè del blocco) quella relativa al totale dei profughi dal 1949 è di quattro milioni e ottantacinquemila persone (ma conviene ricordare che contem- S poraneamente le Germania Occidentale ha accolto altri nove milioni circa di espulsi dal vari territori orientali). La distinzione del profughi per categorie risale solo al 1954, ma anche senza avere conseguentemente un valore assoluto è significativa: su quattro milioni, ad esempio, di evasi dal regime dei lavoratori, 1 lavoratori sono un milione e selcentomila. Guardiamo tra gli intellettuali e in testa a tutti ritroviamo come i più .«'tergici al regime di Pankow i medici, circa 22 mila (Un numero incredibile per un Paese che comèta Germania comunista ha solo 17 milioni di abitanti). A 17 mila « politici » fuggiti dopo aver provato il carcere o le persecuzioni di Ulbricht, seguono 16.885 maestri che non hanno esitato davanti all'alternativa di diventare 1 diffusori capillari del comunismo o di fuggire. Più sorprendente il numero all'incirca uguale — 15.536 — di ingegneri che avrebbero potuto agevolmente chiudersi nella loro attività di tecnici. In coda all'elenco per professioni troviamo una cifra sbalorditi va: 738. professori universitari Coltra a quelli di medicina, che sono compresi nel primo gruppo). Giovanni Giovannini atzav Il presidente della Germania Occidentale, Luebke, al centro, visita il campo di M arlenfelde a Berlino (Telef.)

Persone citate: Havel, Ulbricht