Nuove norme nella zona delle Alpi per le riserve di caccia comunali
Nuove norme nella zona delle Alpi per le riserve di caccia comunali Nuove norme nella zona delle Alpi per le riserve di caccia comunali Il diritto di associazione assicurato a tutti i cacciatori iscritti alla Federazione italiana, indipendentemente dalla loro residenza ■ Necessità di incrementare i selvatici e di intensificare la sorveglianza • Le sanzioni per i contravventori Un decreto del Ministro dell'Agricoltura del 19 luglio scorso, ha apportato sostanziali modifiche alle norme per il funzionamento delle riserve comunali di caccia nella zona faunistica delle Alpi, costituire in base all'art. 67 della vìgente legge. Detto articolo dispone che nella zona delle Alpi è data ai Comuni la facoltà di costituire in riserva di caccia tutto il territorio della circoscrizione del Comune, escluse le zone riservate dal privati, a condizione che la riserva venga ceduta in gestione alla rispettiva sezione della Federazione italiana della caccia a vantaggio di tutti gli iscrìtti. Queste riserve sono sempre state oggetto di malcontento e di critica, da parte dei cacciatori non ammessi che in ogni assemblea annuale chiedevano una revisione della loro gestione, attuata in base ad un decreto del Ministro dell'Agricoltura risalente al 1940. Estesesi enormemente includendo anche zone collinari, erano in pratica riservate ai cacciatori locali paganti una quota annua di lire 4000 mentre i rari foranei che vi venivano ammessi dovevano sborsare una cifra spesso più che quadrupla. Il Ministro, presa in esame la situazione- ed a seguito di contìnui reclami, ha col suesposto decreto modificato le norme preesistenti, stabilendo all'art. 6 che gli iscritti alla Federazione italiana della caccia hanno diritto di diventare soci delle riserve comunali delle Alpi, indipendentemente dal luogo della loro residenza. La sezione provinciale cacciatori di Torino ha provveduto sollecitamente alla redazione del nuovo regolamento che, allo scopo di tutelare la fauna alpina e provocarne l'incremento, prevede fra l'altro la costituzione in ogni consorzio di zone di rifugio vietate assolutamente alla caccia, esclusa quella ai nocivi. Le quote di associazione che prima erano molto inferiori per i iocali (di questo aveva mosso lagnanze in questi giorni un cacciatore della provincia di Cuneo su < Specchio dei tempi ») sono state Ausate uguali anche pei cacciatori della provincia e sono doppie per i non residenti nella medesima. Le infrazioni al regolamento comportano sanzioni che vanno da 5000 a 50.000 lire e quella al divieto di caccia per le sottonotate specie comportano le seguenti penalità: capriolo e cinghiale L. 100.000 per capo, femmina del gallo di monte 50.000, caccia in zona di rifugio e sulla neve (escluso tetraonidi e camoscio) ed in tempo di divieto L. 50.000. Per ogni capo ucciso in più del concesso, camoscio L. 100 mila, lepre, fagiano o pernice L. 50.000, sempre oltre ad eventuali procedure penali e con riserva dei danni. I giorni di caccia sono stati ridotti, restando vietata 11 martedì, giovedì e sabato di ogni settimana. Data la quasi assoluta impossibilità di ripopolamento per la selvaggina di monte, due sono i problemi essenziali che devono essere risolti per le zone Alpi e cioè quello dell'incremento del selvatico e quello, preminente, della sorveglianza attualmente scarsa ed in molte riserve quasi nulla. La montagna si presta ad un esteso bracconaggio troppo spesso impunito, g, m.
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