Il paese ideale sorge vicino a Sanremo non si ode ronzio di motore né voce umana di Paolo Monelli

Il paese ideale sorge vicino a Sanremo non si ode ronzio di motore né voce umana Sa ano sprone di colle tra dne vallette amene Il paese ideale sorge vicino a Sanremo non si ode ronzio di motore né voce umana Le alte case grigie aggrappate ad un campanile sono vuote - Ci si inerpica per vicoli erti e l'occhio spazia verso il mare bianco e remoto - E' Bussana vecchia, abbandonata dopo il terremoto del 1887 - Il solo abitante è Ottavio, approdato qui da cento vicende per il mondo - E' con lui Clizia il vasaio, che crede ancora nell'esistenza di artisti che s'inebriati solo dell'aria montanina e dell'acqua di fonte (Dal nostro invìo i speciale) Sanremo, - agosto. Già, perché « Sanremo » in una sola parola? si ch'oderà qualche lettore. Ght.o spiego subito: per vergogna. Sanremo in realtà è San Romolo. Da san Romolo prese il nome l'antica Villa Matutiana quando si cinse di mura e si proclamò città, in onore di Romolo vescovo di Genova morto in un eremo sui fianchi del monte Bignone che domina la città da nord-ovest; e san Romolo si chiama il torrente che ha le sue sorgenti in quel monte e sbocca in mare a dritta del molo. Ma il vocabolo Ro. molo nel vernacolo locale s'era talmente contratto e • le vocali talmente attenuate che sonava come Remo; e la gente cominciò a dire san Remo anche parlando in lingua, senza dar retta ai cittadini istruiti che continuavano a scrivere Sanctus Romulus. Oggi i sanremesi hanno stabilito di scrivere « Sanremo » in una sola parola ner celare quell'origine popolaresca, e far credere ad una oscura etimologia ligure o celta in cui i santi non c'entrino affatto. Ma non per parlare di filologia mi accingo a scrivere questo articolo; sì bene per parlarvi di un paese ideale, unico al mondo, che sorge a poca distanza da Sanremo, venti minuti di macchina, anche se io ci ho messo un'ora buona per arrivarci. Infinito è stato il mio sollievo quando ho lasciato l'Aurelia girando a sinistra e mi son trovato su una stradacela rotta e polverosa, ma finalmente vuota e deserta, verso una catasta di alte case grigie aggrappate ad un campanile, su uno sprone di colle fra due vallette amene! Pensate. Le strade vi sono deserte in ogni ora del giorno < della notte. Le-case sono vuote. Non vi è traccia di edifici pubblici, non si ode suono alcuno né ronzìo né battere di motore né voce umana. Non vi è sindaco né guardie né radio né cinema né cani né ufficio postale né luce elettrica. Non vi sono botteghe né insegne della pubblicità. Si sale, si scende, ci si inerpica per vicoli erti sotto oscuri archivolti; e passando dalla via centrale a quella di circonvallazione, l'occhio spazia su l'una o l'altra valletta coltivata a fiori, nera di ulivi, scendenti verso il mare bianco e remoto. Sì, le finestre sono occhiaie senza stipiti né davanzale, dalle porte senza battenti si vede che l'interno è un groviglio di erbacce, ma questa vegetazione irruente non invade tutta ia via, si apre fra essa un varco pulito su cui l'andare è agevole. Non si sentono odori di putrefazione, di umidiccio; l'aria è leggera e vuota. Non potrebbe qui il poeta conversare con i cari mosconi: « Zu zu, cari mosconi, come stanno ■ - le vespe e i calabroni^ ». Non ci sono mosconi né tafani né esseri volanti o striscianti. Mai ho veduto una città morta così netta, così nuda, così essenziale. Non ci sono ruderi; le case sono case, gli archi archi, le strade strade, le due chiese hanno il tetto scoperto, come i templi antichi. Questa è dunque Bussana vecchia, borgata abbandonata dai suoi abitanti dopo il terremoto del 1887; la Pompei del settentrione, dicono le guide. Pompei non c'entra. Qui sotto, chi scavi, non trova né cocci né cimeli. Il terremoto non la di strusse, la colpì solo duramente nella parte più alta, dove un certo numero di case rovinò, ed ora le macerie sono Bassaia informe ; e cad de il tetto della chiesa. Le case rimaste in piedi si sarebbero potute riattare, le volte erano solide, così i muri maestri; ma era la sesta la settima volta nel giro di un secolo che gli tremava il monte sotto i piedi, i bussanesi ne ebbero abbasta'n za di vivere in ansia e pau ra, si portaron via tutto, mobili suppellettili ricordi, e andarono a farsi un paese nuovo pochi chilometri più a valle. A farlo apposta, da allora non c'è stato più il minimo sussulto del suolo; il campanile è ancor lì bello • diritto, le mura delle case superstiti sono solide e ben piantate. Tanto che qualche anno fa vennero a cercarvi abitazione alcune famiglie di calabresi, che poi mettendo a cultura le scese brulle intorno, e rigenerando gli ulivi, e portando fin lassù la coltivazione dei garofani, han fatto quattrini e si sono costruite casette belle e pulite qui intorno. Alcuni erano rimasti, i più poveri, gli ultimi arrivati; il comune di Sanremo ebbe timore che gli potesse cadere un muro addosso, e quattro mesi fa gli ha portati via tutti, dando loro comodi alloggi in un quartiere nuovo della città. Un cartello ufficiale vieta a tutti di mettere il piede nella rovina; Bussana è tornata sola, pura, « lungi al rumor degli uomini». Ma non tanto eremo da far rimpiangere in certi moménti che sia tale; quando uno è stanco di andar curiosando per vichi e corti, in barba al divieto ; e l'aria leggera gli ha dato appetito. Ed ecco che al limite inferiore del paese, nella casa più bassa riattata e rintonacata alla peggio, c'è una rustica accogliente osteria, con una terrazza ombreggiata da un graticcio, a cui giunge con refrigerio il vento marino; e qui Ottavio, approdato da cento vicende per il mondo, toscano e conversevole, con una saggia moglie e una nidiata di nipoti narra al passeggero la leggenda di Bussana, e versa un vinetto che si alleva lui, e va giù come niente, e inebria così dolcemente che uno va via dimenticando di pagare il conto. Il solo abitante di Bussana vecchia, e con lui Clizia il va¬ saio; e qui la cosa si fa romantica. I giornali pubblicarono due tre mesi fa che un ricco americano, Mr. W. L. Horpeace, aveva manifestata la intenzione di comperare tutta la rovina; per farne una colonia di artisti o un gigantesco night-club, con spettri fra le mura e Civette meccaniche negli anfratti. Poi si disse che il comune di Sanremo, di cui Bussana vecchia è frazione, aveva chiesto sessanta milioni per venderla, e che il miliardario americano era d'accordo. E' tutta un'allegra invenzione. Mr. W. L. Horpeace non è mai esistito. Ma esiste Clizia il vasaio (Clizia è un vasaio cretese del settimo secolo avanti Cristo, in cui rivive il giovane torinese Mario Giani, che è anche pittore e cuoco e poeta, romantico, senza barba, senza zazzera, oké sotto tutti i rapporti). Che si è ricavata un'abitazione nel mezzo del paese con licenza dei superiori, o forse perché ha avuto la furberia di mettere sull'uscio un cartello con la scritta « Sede della colonia internazionale degli artisti » ; che egli intende far sorgere fra le macerie addomesticate ; e pare che il suo programma abbia avuto l'approvazione dell'Unesco. « Vede, — mi dice centellinando acqua di fonte sulla terrazza di Ottavio, perché il poverino è astemio, e questa è forse la cagione delle sue ingenue fantasticherie; — vede, qui debbono venire a vivere artisti scelti da ogni parte del mondo, che non sentano il bisogno delle comodità moderne, della luce elettrica, della radio; che si nutrano, se Ottavio non arriva con le provviste, di pomodori e di ulive, e si faccian luce con la lucerna a olio, e quando hanno sete vadano giù col secchio alla fontana in fondo al paese, come faccio io ». E la sede di riunione degli artisti dovrebbe essere il castello dei conti di Ventimiglia di cui i resti coronano la collina sopra un paese, e che vorrebbe restaurare con l'aiuto dell'UnescOi Caro Clizia, gentile, educato, e puro. Tanto che crede ancora, forse il solo in tutto il mondo, all'esistenza di artisti come quelli della Bohème, barbuti, cavallereschi, vestiti di toppe, lieti di essere poveri, in comu¬ nione con la natura che amano ritrarre e che s'inebrian solo dell'aria montanina e dell'acqua di fonte. Paolo Monelli

Persone citate: Aurelia, Bignone, Mario Giani