Europa e Commonwealth di Giuseppe Medici

Europa e Commonwealth L?ADEI1QÌE ìjtJGXESE AJL I£€ Europa e Commonwealth Il Primo ministro dell'Australia, mr. Menzies, recentemente ha detto : «Nei caso che la Gran Bretagna entri nel Mercato comune, esattamente sullo stesso piano della Germania, Francia, Italia, dopo un dato periodo di tempo, forse sette od otto anni, ci sarà libero commercio interno. Allora il burro danese potrà entrare liberamente nel Regno Unito, mentre il burro australiano e nuovozelandese incontrerà una barriera tariffaria comune e perciò pagherà un dazio. Cosi il grano della Francia andrà in Inghilterra senza pagare dazio, mentre il grano dell'Australia perderà gli attuali vantaggi. Ciò è estrèmamente grave. Io sono sicuro che la Gran Bretagna, se decide di negoziare, farà tutto il possibile per assicurare la nostra partecipazione, quando questi particolari problemi saranno presi in considerazione ». Questa dichiarazione, e le analoghe precisazioni dei primi ministri del Canada, dell'India, della Nuova Zp landa e degli altri paesi della Comunità britannica, dimostrano che essi sono soprattutto preoccupati delle difficoltà che incontrerebbe l'economia dei loro paesi in quei settori la cui prosperità dipende dall'esportazione, a condizioni di favore, sul mercato inglese. Accade sempre così, ed è naturale che così sia, perché i problemi particolari ottengono pronta udienza presso tutti i governi, mentre le soluzioni di interesse generale stentano a farsi strada perché premono profondamente soltanto a esigue minoranze illuminate. Dopo gli esaurienti colloqui dei « tre pellegrini » di Londra — i ministri Sandys, Thorneycroft e Heath — che hanno visitato tutti i governi della Comunità britannica per discutere i problemi dell'accesso dell'Inghilterra al Mercato comune, è apparsa più evidente la complessità dei rapporti economici che legano quei paesi, uniti da una comune educazione civile e politica; ma è anche sembrato non sia stata data abbastanza importanza alla forza storica che spinge la Comunità . britannica — e non soltanto l'Inghilterra — a cercare una stretta collaborazione con la vecchia Europa continentale. Infatti, mentre le due potenze affermatesi dopo la seconda guerra mondiale, e cioè gli Stati Uniti d'America e l'Unione Sovietica, dato il loro carattere naturalmente autarchico, hanno un prevalente interesse politico a collaborare con i numerosi paesi « non impe gnati » — molti dei quali fanno parte del Common wealth e dell'Unione Francese, oppure ne facevano parte fino a poco tempo fa, — l'Europa Occidentale vi ha un fondamentale interesse economico perché vi trova le materie prime di cui ha bisogno; e così si va facendo strada la convinzione che i paesi dell'Asia, dell'Africa e dell'America Latria non hanno tanto interesse a ricevere aiuti gratuiti da potenze aventi specifici scopi di carattere politico, quanto a collaborare, su di un piano di parità, con potenze industriali, legate al. loro destino perché devono alimentarsi alle materie prime che essi posseggono in larga misura. Tanto più che se gli aiuti senza contropartita possono avere, in un dato momento, lo specifico compito di superare le situazioni difficili proprie del « decollo » dei piani di sviluppo, però il progresso durevole si può ottenere soltanto sulla base di scambi internazionali che assicurino un normale progresso economico. D'altro lato comincia ad essere chiaro che l'Europa Occidentale può rappresentare la fonte di cospicui mezzi di pagamento internazionali per l'Asia, l'Africa e l'America Latina; e ciò sia. mediante trasferi menti di capitale, sia attraverso lo scambio di merci nel quadro di autentiche iniziative economiche; tanto più che, in questo quadro, c'è il grande vuoto lasciato dai tradizionali finanziamenti inglesi. Con la caduta, fra l'altro, degli interessi netti per capitali investiti all'estero da oltre 200 milioni di sterline correnti nel 1913 a soli 80 r.Mlioni di sterline attuali (media degli ultimi otto anni), l'Inghilterra non dispone più di ingenti capitali da investire all'estero; da ciò le difficoltà dei paesi sottosviluppati, che non possono ricevere sufficienti capitali dalla madre patria, e quelle della madre patria che .vede sorge - nelle ex-colonie industrie finanziate con capitali locali o di terzi paesi. Basta ricordare che nel 1913 l'Inghilterra poteva contare su di un complesso di investimenti all' estero stimati in 3800 milioni di sterline, effettuati in moltissimi paesi, per comprendere la sua determinante funzione nell' economia internazionale. Tanto che ancor oggi la .Comunità britannica è la più grande organizzazione commerciale preferenziale del mondo e le sue esportazioni rappresentano il 25 % delle esportazioni mondiali e le sue importazioni il 30% del totale. Ma i mercati della Comu¬ nità britannica si sono sviluppati ad un tasso molto minore di quasi tutti gli altri mercati del mondo. Inoltre l'Inghilterra ha perduto terreno come esport, .tire nel suo stesso Commonwealth. ESPORTAZIONI INGLESI, IN MILIONI DI STERLINE 1955 1960 Araa della sterlina 1396 1448 Nord America 344 564 Mercato comune 420 560 Erta 312 396 Altri paesi 520 712 Totale 2992 3676 Da queste cifre risulta che l'aumento di 684 milioni di sterline verificatosi dal 1955 al 1960 si deve per soli 52 milioni all'area della Sterlina, mentre l'incremento delle esportazioni nel Nord America e nel Mercato comune è stato rispettivamente di 220 e 140 milioni di sterline (Cfr. i sei nu¬ meri del The Times dal 10 al 15 luglio 1961). Se i paesi della Zona di libero scambio si uniranno a quelli del Mercato comune, aumenterà la possibilità di sviluppo della grande industria europea, con un sicuro aumento del peso dell'Europa negli affari mondiali. Inoltre, evitando di approfondire il solco fra le due aree, vi sarà un'espansione negli scambi interni europei. Infine, se la Gran Bretagna abbandonerà o ridurrà le preferenze che i suoi prodotti oggi godono nei mercati della sua Comunità, un nuovo motivo di concorrenza stimolerà l'economia britannica; e così si attuerà il patetico abbandono della vecchia idea imperiale dell'autosufficienza del Commonwealth, per accettare, su di un piede di parità, la concorrenza dell'industria e dell'agricoltura dell'Europa continentale. Giuseppe Medici

Persone citate: Menzies, Sandys