Appello agli inglesi perché «adottino» gli elefanti che muoiono di sete nel Kenia

Appello agli inglesi perché «adottino» gli elefanti che muoiono di sete nel Kenia —== Da otto m e si Sion catto pioggia s— Appello agli inglesi perché «adottino» gli elefanti che muoiono di sete nel Kenia La siccità ha già ucciso migliaia di pachidermi - Un colonnello britannico, direttore dei parchi africani, indice una colletta per costruire un acquedotto - Con 2900 lire si può salvare un animale - Rinoceronti impazziti fuggono dalle riserve e sono abbattuti dalla popolazione terrorizzata e a i o a e (Dal nostro corrispondente) Londra, 20 luglio. Una drammatica richiesta di aiuti è giunta a Londra dal lontano Kenia. Migliaia di animali sono morti, o stanno morendo, uccisi dalla siccità, in uno degli sterminati « parchi nazionali » della colonia mili iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii britannica. La maggioranza delle vittime è costituita da elefanti. I pachidermi ancora vivi errano, esausti, sgomenti o impazziti alla disperata ricerca di una stilla d'acqua. A rivelare al mondo questa triste notizia, è stato il colonnello Mervyn Cowie, direttore iiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiii;iiiiiiiii di tutti i < parchi nazionali > del Kenia. Si è deciso, a parlare solo perché il problema è divenuto, in queste settimane, di vitale urgenza e perchè le autorità locali non sembrano avere le risorse necessarie per una rapida soluzione. Cowie vuole 90 mila sterline, ne ha già raccolte 26 mila: si è rivolto ora al pubblico britannico, americano e di altri Paesi per trovare il resto. La plaga colpita dalla crudele siccità si spiega nella parte sud-orientale del Kenia, nella zona di Tsavo, a mezza strada circa fra Nairobi e il porto di Mombasa. Da otto mesi, cioè dalla fine dello scorso anno, non cade su questo territorio una goccia d'acqua: pozzi, torrenti, ruscelli si sono trasformati in aridi, sabbiosi cunicoli. Branchi di animali hanno cercato di evadere da questo inferno e si sono avventurati in selvagge regioni a sud e a ovest di Tsàvo. Là, non più protetti da divieti di caccia, sono stati uccisi da bianchi e da indigeni allarmati dalla loro comparsa. Otto mesi fa, il < parso nazionale » di Tsavo ospitava H mila animali: la sete ne ha ammazzati 10 mila. Dei !f mila rimasti, almeno S mila sono elefanti, e il loro numero decresce celermente col passare di ogni giorno. Fotografie colte sul posto ci mostrano i maestosi pachidermi nell'ultimo istante di una atroce agonia, o madri ohe scavano con la proboscide entro il terreno nel commovente ma vano tentativo di trovare una polla d'acqua per i piccoli. Un altro gruppo che desta profonde preoccupazioni è quello dei rinoceronti. Questo animale sta divenendo sem pre più raro, in molte parti dell'Africa è ormai scomparso. Nel Kenia, ne sono già periti duemila, poche sono le speranze di salvare quelli ancora vivi. L'opera di soccorso è re¬ ntgts3ev sa più ardua dalla torva natura di queste bestie, sospettose e pronte alla violenza. A Tsavo, tormentati come sono da una straziante sete, costituiscono un pericolo per chiunque cerchi di assisterli. Il progetto di Gowie prevede la posa di due tubature, ognuna delle quali porterebbe al centro del « parco nazionale » l'acqua di un diverso fiume. Secondo il colonnello, sarebbe questa la sojusiori più.,rapida per il semplice m^.ivo che non ne esistono altre. Tutto dipende ovviamente dalla speditezza e dalle generosità con cui il pubblico intemazionale rispon. derà all'appello giunto dal Kenia. Notizie da quella colonia informano che le « pipelines » potranno essere collocate man mano che le offerte affluiranno al fondo aperto da Mervyn Cowie. Sarà insomma una corsa contro l'orologio, la sete e la morte. La richiesta d'aiuto ha ricevuto in Inghilterra vasta pubblicità eia « Società per la protezione degli animali » ha subito offerto 200 sterline 'non sembra molto, ma è una società con molti impegni e modesti capitali). Altre somme tono state offerte da privati, da aziende, da istituti della City e — sembra — da qualche giardino zoologico. Molti inviano il loro contributo direttamente a Cowie, presso la direzione dei «Royal national parks in Kenia». Altri, alle società zoofile o ai giornali. Uno di questi quotidiani, il Daily Mirror, con quattro milioni e mezzo di lettori, ha avuto una brillante idea. « Perché non adottare un elefante assetato t»: chiede oggi con un grande titolo. « Tremila elefanti a Tsavo invocano acqua, — spiega il giornale — con soli 36 scellini (2900 lire) potete dare da bere, per un anno, a uno di questi pachidermi. Per un elefantino, bastano 18 scellini (1500 lire) ». Non vi sarà ovviamente un'adozione vera e propria, e i SS o i 18 scellini finiranno nel fondo assieme con le altre offerte. Ma il do no, soprattutto per i bambini, aiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii assumerà così un più vivo caldo valore sentimentale. Riuscirà il colonnello Cowie a salvare i tremila elefanti e gli altri mille animali che ancora lottano, a Tsavo, contro la morte t Nessuno lo sa con certezza: ma nessuno pare molto ottimista. Un esploratore britannico, ora nel Kenia, scriveva ieri: <Ho visto scene che vorrei dimenticare. Ho visto brancni di,selvagge urea ture uccisi' (eht'amente dalla sete e dalla fame. Tale è il loro tormento che i più fortunati sono gli animali che muoiono». Mario Ci rie Ilo Questa foto scattata nel Kenla mostra un'elefantessa che scava con la proboscide nel terreno nel vano tentativo di trovare acqua per il suo piccolo (Telefoto)

Persone citate: Cowie, Mervyn Cowie