"Mio figlio non è un freddo assassino ma un povero ragazzo nato sotto le bombe,,

"Mio figlio non è un freddo assassino ma un povero ragazzo nato sotto le bombe,,La patetica arringa doil'awocato Morrico alle Assiso cfJ JRoi "Mio figlio non è un freddo assassino ma un povero ragazzo nato sotto le bombe,, Il difensore ha parlato con tono fermo, dominando l'emozione - «Ha sbagliato e deve pagare, ma bisogna condannarlo per quello che ha realmente fatto e non per quello che gli si attribuisce » - L'aw. De Marsico, di parte civile, esprime all'avversario il suo « ammirato stupore » (Nostro servizio particolare) Roma, 19 luglio. Giovanni Morrico — che ha preso la difesa del figlio imputato di omicidio a scopo di rapina — ha pronunciato oggi la sua arringa. Persino il più pericoloso avversario, l'avv. Alfredo De Marsico che rappresenta la parte ciuile, ha sentito il bisogno di dargli atto del coraggio con cui si era assunta la tremenda responsabilità. Come accusatore non gli ha risparmiato nulla e non poteva essere altrimenti: come uomo ha voluto che sapesse con quanto « ammirato stupore » la sua « impresa » fosse stata seguita ed apprezzata anche da coloro i quali non condividevano affatto le sue ipotesi giuridiche. L'unico che non e riuscito a trovare la forza non soltanto di rivolgergli una parola, ma uno sguardo per ringraziarlo è stato il figlio, Gabriele, che, alto, grosso, ha cercato quasi, sul banco degli imputati, di rannicchiarsi il più possibile su se stesso, forse per sottrarsi alla curiosità crudele di chi era andato ad affollare l'aula per uno < spettacolo » inconsueto. Appena conclusa la fatica, il padre si è allontanato, poi e ritornato e ha seguito il resto della discussione ignorando la presenza del figlio. L'avo. Morrico ha cinguant'anni. E' uri uomo forte, ricco di energie, estremamente sicuro di sé, si e interessato quasi sempre di problemi civilistici. Il campo penale era per lui un settore quasi inesplorato sino al giorno in cui, dieci mesi or sono, all'alba del se settembre 1960, suo figlio lo avvertì di avere aggredito un uomo. E quando il vecchio benzinaio Pietro Agliotti mori per le conseguenze dell'aggressione, Giovanni Morrico ritenne suo preciso dovere indossare la toga per assistere il figlio non come padre, ma come avvocato. Lo sconsigliarono tutti ad affrontare una impresa che non aveva precedenti: ma furono suggerimenti inutili. Intuiva d'avere l'animo sufficiente e l'energia per evitare che l'istinto professionale venisse annullato da quello paterno. Al proprio dramma, un dram ma terribile ed angoscioso reso più grave da certe accuse mossegli dal figlio in istruttoria («Quando stavo a casa era come se fossi in albergo. Tutti mi consideravano uno stupido e allorché chiedevo qualche volta consiglio, mio padre eludeva ogni mia domanda limitandosi a dire soltanto che ognuno deve cuocersi nel proprio brodo »), Giovanni Morrico ha dedicato soltanto poche battute. « Signori giudici — ha premesso — è inutile che io descriva quale sia il mio stato d'animo in questo momento ». Afa non è stata una premessa retori¬ ca sapendo perfettamente che la pietà potrebbe essere difficilmente la chiave risolutrice del processo. E' stato piatto sto il bisogno di fissare con chiarezza i termini del problema dal suo -punto di vista. « Mio figlio ha sbagliato e deve pagare. Ma deve essere condannato soltanto per quello che ha realmente fatto e non per quello che gli è stato attribuito ». Poi ha discusso la tesi che. aveva curato in tutti i dettagli con calma, con semplicità, senza affanno, senza emozione, evitando sempre, nei limiti del possibile s'intende, che il padre potesse prevalere sull'avvocato. Qualche volta ha chiamato il figlio per nome, ma ha cercato di correggersi subito quasi chiedendo scusa ai giudici di questo involontario errore: ha preferito indicarlo con il cognome se non addirittura più sempli cernente come « l'imputato ». Ha nascosto il proprio tormento dietro un fazzoletto con il quale si è asciugato di tanto in tanto il sudore che non era unicamente la conseguenza del caldo. Soltanto in una occasione è sembrato trascinato dal sentimento ed è stato quando ha dovuto descrivere ai giudici l'imputato. L'avvocato ha lasciato allora il posto al padre e nella voce si è afferrata per intero l'amarezza di quel mo mento: « Gabriele Morrico è stato descritto — ha detto — come un cinico. E' soltanto un povero ragazzo che ha agito in uno stato di scompenso psichico. Io posso dirvi che è uno sbruffone, uno sprovveduto; ma posso dirvi anche che è un giovanotto dall'animo semplice e che comunque non è un freddo assassino, un farabutto. E' stato un ragazzo non fortunato nato ad Asmara mentre infuriava un bombardamento. Gli si attribuiscono delle frasi con le quali egli avrebbe accusato suo padre. Può darsi che le abbia pronunciate. In ogni modo posso affermare che di fronte alla impossibilità di fargli seguire i miei consigli ho preferito lasciargli seguire la sua inclinazione per la musica. Qualunque coca abbia fatto però è mio dovere aggiungere che ho ritrovato mio figlio quando all'alba di quel triste giorno di settembre mi svegliò per invocare il mio aiuto perché un uomo venisse salvato ». L'accusa parla di omicidio volontario (il pubblico ministero ha chiesto la condanna a SI anni di reclusione). La difesa sostiene che l'omicidio fu preterintenzionale. « Se avesse voluto uccidere — ha spiegato l'avv. Morrico — non gli sarebbe mancata la possibilità con la sua forza non davvero proporzionata alla debolezza della vittima ottantunenne ». Rapida e scarna è stata la conclusione: t « Noi, signori giudici, vi abbiamo affidato un ragazzo. Restituiteci un uomo non peggiore di quello che vi abbiamo dato ». Ha preso poi la parola l'avvocato De Marsico: «7 fre imputati — ha affermato — non sono che il residuo di una triste selezione per cui non meritano di essere conside rati con pietà. La società deve difendersi dall'tncalzare di un fenomeno pericoloso che non sembra avere confini e nazionalità. La società deve difendersi da questi giovani che /tanno disprezzo ed odio per lo sforzo compiuto da chi intende raggiungere una mèta ». E quale è la pena cui dovrebbero essere condannatit Secondo il rappresentante della parte civile è quella prevista per chi ha ucciso volontariamente un uomo, un vecchio responsabile soltanto di portare con sé qualche banconota: il numero dei colpi vibrati da Gabriele Morrico sul capo della vittima non è sufficiente a spiegare la intenzione omicida f Il processo si concluderà domani. g. g- L'avvocato Giovanni Morrico, a destra seduto, nell'aula del Tribunale di Roma; difende il figlio Gabriele, il primo a sinistra sul banco degli imputati (Telefoto)

Persone citate: Alfredo De Marsico, De Marsico, Giovanni Morrico, Pietro Agliotti

Luoghi citati: Asmara, Roma