L'estrosa mostra «Moda stile e costume» dalle calze d'oro della Duse al juke-box della poesia di Paolo Monelli

L'estrosa mostra «Moda stile e costume» dalle calze d'oro della Duse al juke-box della poesia LE PRODIGIOSE POSSIBILITÀ' CHE IL NOSTRO TEMPO QFFREALL'INGEGNO L'estrosa mostra «Moda stile e costume» dalle calze d'oro della Duse al juke-box della poesia Gremita di bizzarri elementi ideati da Pinin Farina - Il primo sguardo dal belvedere: modelle in cammino su una passerella rossa e tumulto di veli azzurrini e violetti che avvolgono il sommo delle vetrine - Le astrazioni dell'intelligenza e i grandi delitti - Turbine di immagini e di simboli - La letteratura spiegata al popolo con otto colossali volumi - Su un fondale il titolo 1999: visioni di un futuro di cui scorgiamo più con angoscia che con speranza i primi segni Un'opera originale, estrosa come uno spettacolo di varietà, ispirata ad una pungente critica del nostro tempo ed a compiacimento insieme per le vertiginose possibilità che sta offrendo all'ingegno umano, questa è la mostra che Pinin Farina ha intitolato « Moda Stile e Costume ». Il titolo è abbastanza vasto per abbracciare ogni aspetto della vita civile dal 1900 ad oggi; e non farà ma¬ iiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii raviglia trovarvi rappresentate la magia, la iettatura, l'esistenzialismo, i pericoli che ci minacciano e fanno di ognuno di noi un combattente di prima linea di una guerra mortale (automobili, aerei, fiammiferi di legno, bombe all'Orsini, scariche elettriche dagli elettrodomestici, funghi velenosi, calze di nailon), l'Apocalisse, l'anno £000 (anzi per scaramanzia l'anno 1999) ;'la moda ma- iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiinii iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiinn scinte e femminile (vesti, cappelli, un ombrello della regina Margherita, le scarpe di Greta Garbo, le calze d'oro zecchino di Eleonora Duse, t cappelli di Sforza e di Rotschild), gioielli, l'arte, la letteratura, il cinema, il teatro, il balletto, ,i juke-boxes, la malefica teleiisione (< 1900, Trionfo del video. Dappertutto, dove l'immagine sostituisce la parola, la materia distrugge lo spirito»); l'arte applicata (mobili, vetri, ceramiche, tessuti, legni di assoluta bellezza), lo sport, l'angoscia del futuro, la geometria non euclidea, le armonie delle strutture biologiche, un teatro per « mille », le forme del pane e del turismo. C'è tutto, chiedete e troverete, battete e vi sarà aperto; e ogni fenomeno ogni oggetto vi sarà mostrato secondo il caso con serietà, con severità, con i?'onia, con una strizzatina d'occhi, in maniera inattesa, induccndovi a considerazioni non previste. Così nella parete che illustra l'evolversi del turismo da individuale a fenomeno di massa, con il treno della prima ferrovia Napoli-Caserta accanto al Settebello, le tende dei campeggi e gli alberghi dalla botte di Diogene ai modernissimi palagi di maga Alcina, l'edicola dei souvenirs, la capsula spaziale, la storia della pastasciutta, si trova ti modo di condannare la muraglia di cemento che sta sorgendo lungo la riviera ligure per cui la visione del mare sarà d'ora in poi privilegio degli inquilini di certi falansteri (qui riprodotti) sorgenti su a filo della battigia. Pinin Farina vuole che il merito della mostra vada ai suoi collaboratori, lo scultore Garelli, gli architetti Cavallari Murat, Gobetti, Oreglia, .Raineri, e altri molti noti per varie attività, Tommaso Ferraris ed Ernesto Caballo, Franco Russali, Carlo de Carli, Folco Portinari; ma la stessa scelta che egli ha fatto di costoro, gente di fantasia inquieta e originale, è la prova che la mostra gli era già nata nel cervello presso a poco come doveva venir fuori; come fin dalla sua prima giovinezza le sue carrozzerie, e da ragazzetto se ne costruiva modellini di legno dolce, e spesso se le sognava di notte e si alzava per buttar giù, lo schizzo. Si mise subito a scambiare idee e progetti con i collaboratori, e ogni volta che uno metteva fuori una proposta, una trovata stramba, efficace, ricca di possibilità, « benissimo, dicera, va pure aranti che mi fido ». Ecco perché la mostra l'ho paragonata ai modelli che si sognava di notte; così varia e gremita di bizzarri elementi, così articolata e balzana, pare invece il frutto di una felice improvvisazione, l'avverarsi di un sogno di una notte di mezza estate (dopo U7i pasto d'aragoste e pesci di scoglio e lamprede fritte, e sopra a tutto vino delle Cinque Terre). Il visitatore è costretto da un cammino obbligato a salire per prima cosa ad un alto belvedere dal quale affacciarsi: c spingendo l'occhio da ogni parte del vastissimo salone vede tante cose sparse in vivace animazione; sotto di sé una passerella rossa a zig zag con modelle in cammino (manie/tini oggi, domani fanciulle vere e vive); e non sa ancora che quelle composizioni monumentali che son veri e propri fumetti di cartapesta simboleggiano le esposizioni del passato, « t'iste con benevola ironia». Ma soprattutto non si raccapezza non vedendo né stalli né recinti né gabbie né luoghi chiusi; solo trasparentissime vetrine, e vetrinette su alte gambe che paiono in cammino, e grovigli metallici, e quadri e mobili e oggetti en plein air, come direbbe se ricordasse certe polemiche artistiche del secolo scorso. Ma vede soprattutto, e ne è sbalordito, un tumulto di veli azzurrini e violetti che avvolgono d'ogni parte il sommo delle vetrine, s'impigliano ai tubolari d'acciaio neri e nudi, fanno da sfondo e da cupola, compongono laggiù un magico paesaggio alpino di picchi e di vette e di nebbie Jumino.se, pendono a sinistra dal soffitto in dolce curva e voluttuosamente risalgono a creare un gentile groviglio, e si ha il senso di un'astrazione di donna distesa come l'Italia sul talamo fra due mari nel Canto: dell'amore del Carducci. (Imparerà poi che questa nube enorme di velo d'acetato è una scultura di Garelli intitolata semplicemente < Figura »). Scendendo dal belvedere il visitatore scorge accanto a sé enormi figure di scagliola che gli parranno sculture astratte, ma tali non sono; sono traduzioni spaziali di formule matematiche (ingrandimento di modellini di Siniagalll, che accanto al suo regolare mestiere di poeta ha questo hobby della matematica). Da queste astrazioni dell'intelligenza il visitatore è portato a considerare l'uomo di tutti i giorni nella sua realtà biologica; ecco figure come minuziosi ricami, come una,colonia di echinodermi, che sono strutture organiche al microscopio, « cellule fisse della cornea di rana », t corpuscolo del gusto », c getto del condotto uditivo », eccetera. ■ Questo passaggio dev'essere per i visitatori come una austera iniziazione, come un memento che tutte le cose al mondo, i minerali, i tessuti organici, gli elementi della terra e delle piante, In linee di resistenza dei metalli e del cemento, etc. etc. seguono ragioni di armonia naturale. Ma dopo questa lezione tutto corre più liscio; ci riporta alla realtà quotidiana e casalinga la mostra del pane di Franco Assetto, il pane nelle forme innumerevoli d'ogni regione d'Italia, i crostini emiliani che simboleggiano l'unione dell'uomo e della donna (et erunt duo in carne una), pagnottone sarde come ruote piene, altre friulane come enormi fusi, le manine articolate dei toscani, le colombe e i fiori sontuosi della Sicilia, michette, biciolàn, chiffel, filoni, un enorme millepiedi lungo un metro che è la piemontese ghèrsa da cui per successivo raffinamento nacque alla fine del secolo XVII il ghèrsin o grissino, aristocratico e fragilissimo. E qui ci si para innanzi un fortino alla Salgari ove Italo Cremona ci attende, ragno in fondo alla tela, con le sue fantasie macabre, una feroce interpretazione di cose del tempo corrente, la psicanalisi simboleggiata dall'Amore e Psiche del Canova fotografato dall'alto in un groviglio di lotta libera, Fantomas, lugubre spettro nero nella camera della fanciulla bionda che dorme, lo spogliarello per famiglia, lo spiritismo, il guanto dello sfregiatore con rilevate punte di r:etallo, i grandi delitti, la letteratura gialla n nera, e via così, roba da sognarsela con l'incubo. Ma fuori del fortino la mostra è mossa c viva come un palcoscenico. Traversa in alto un nastro d'alluminio fatto come una pista per la sei giorni in cui motociclette si impigliano, che lega insieme gli aspetti dello sport antico e moderno, cimeli, immagini di campioni, la bicicletta di Coppi, gli cj; voto degli sportivi, una canoa, un reattore, un veliero, un aliante. Di qua dalla passerella rossa cento e più opere eccellenti di pittura, da Klimt a Segantini, da Corrà a Picasso e a Braque, a Kandinsky, a Klee, a Pollock, a Dubuffet sono accolte in vetrine ove pendono libere sì che se ne può ve¬ dere il rovescio della tela, o esposte su pedane. E fanno riscontro oltre la passerella i modelli della moda, intelligente rassegna di Nani Antota, Alessandro Fersen e Francesco Marangolo; da cui appare che sempre l'arte precede il gusto e lo stile, le stranezze e le novità della moda, e c'è sempre un artista che giustifica o suscita le fantasie di un Poiret, di una madame Vionnet, di una Schiaparelli, di un Dior. Sotto quest'aria scanzonata c'è sempre una reale profondità di intenti, e finalità etiche e. critiche, o interpretazioni paradossali, o istruttivi accostamenti. Così le,vetrine con le figure della moda terminano con la vetrina dell'esistenzialismo, <la cattiva educazione dopo cinquanfanni di progressive delicatezze », ore trionfa un pupazzo angoloso e nero sotto una cascata di fili lunghi neri in cui è facile riconoscere la ninfa Egeria di questa moda. E così la sezione « teatro, cinema e balletto » (a cura di Enzo Ferrleri), dalle avventure del « teatro libero» di Antoine, dal futurismo, dai grotteschi, documenta la degenerazione della musica in scatola, dei concorsi di bellezza, dei jukeboxes, il decadimento di un costume e di una società preannunciato dal funebre umorismo di Ohaplin. La letteratura è spiegata al popolo con otto colossali volumi ad altezza d'uomo, con pagine di antologia di una trentina di autori defunti dall'ultimo Ottocento a ieri, da Nievo e Verga a De Sanctis e a De Amicis, da D'Annunzio e Salgari e Afarinetti a Pirandello a Bargese e a Ojetti, da Bontempelli da Savinio da Longanesi a Brancati ad Alvaro a Lampedusa; e per ognuno un commento, motto e contromotto, per cura di Giuseppe Trevisani di cui basti un esempio: «Le macchine avevano bisogno di stampare molti libri. E così succedeva che Luciano Zuccoli si vestisse da scrittore ». Per i poeti è più semplice; un gettone in un apposito juke- boxe; e ne esce la poesia desiderata. La morale sta in fondo, all'ombra di enormi quinte di alluminio che s'incalzano, si protendono, si piegano sul visitatore tanto più piccolo e smarrito, fanno pensare ad aggressive Mantidi religiose antropofaghe; e sul fondale, che reca il titolo « 1999 », t'mmagini di un futuro di cui vediamo più con angoscia che con speranza i primi segni; formule che possono svelare il mistero dell'universo o affrettarne la distruzione, macabre ipotesi (<la scimmia discende dall'uomo t> <un consiglio per le vacanze: visitate la valle di Giosafat »); il pensiero affidato ad una pila, « non pensate più, è lavoro da serve »; il temuto avverarsi delle più catastrofiche profezie di Nostradamus (vi ho già detto che predisse con esatte parole la bomba di Hiroshima); e versetti dell'Apocalisse, e quei versi così presaghi del Leopardi, « Ahi ahi ma conosciuto il mondo - non cresce, anzi si scema»; «E' figurato il mondo in breve carta; - ecco tutto è simile, e discoprendo - solo il nulla si accresce ». Unico sollievo a queste immagini ed a queste voci, e vaga promessa che tutto andrà per il meglio, è il sorriso ambiguo e pur sereno di un'arcaica statua greca messo a sfondo di quasi tutti questi pannelli. Paolo Monelli

Luoghi citati: Bargese, Caserta, Hiroshima, Italia, Lampedusa, Napoli, Sicilia