Folla e fanfare a Italia 61

Folla e fanfare a Italia 61 Entusiasmante successo della «giornata popolare» Folla e fanfare a Italia 61 Aperto al,.pubblico il «Padiglione Unitario» - Questa rassegna ha attirato una calca strabocchevole: giovinette che ridevano divertite, uomini commossi, genitori che spiegavano ai figli - Le comitive si susseguivano, si mescolavano le une alle altre; migliaia di persone circondavano le «bande» militari - Poi venne il temporale - Solo i carabinieri rimasero impassibili a suonare sotto l'uragano Dicono che certe tribù dell'Africa centrale che cominciano soltanto ora, ma con tanto maggiore zelo, ad assumere alcune forme, del nostro modo di vita, quando da mesi ed anni hanno invocato invano la pioggia tèndono nel mezzo del loro borgo di capanne uno striscione su cui hanno fatto scrivere ad un bianco in uno dei nostri idiomi « Domani solenne inaugurazione della grande mostra » « Domani solenne cerimonia commemorativa », o simili; sicuri che all'indomani le potenze occulte che presiedono a queste cose rovesceranno sui loro campi piogge a torrenti. Son fatti accertati ormai, non attendono che lo scienziato che ne detti le leggi. Nessuna maraviglia quindi manifestarono stamane i torinesi quando svegliandosi con un eccezionale programma in vista per la giornata — festa della Repubblica, inaugurazione del padiglione unitario, prezzi d'ingresso all'Italia 61 ridotti di più che la metà, concerti straordinari di bande militari nei recinti dell'esposizione — videro dalle finestre un cielo imbronciato che non prometteva nulla di buono. E tanto maggiore soddisfazione hanno avuto in seguito, pur temperata nell'intimo del cuore da un presago « dura nèn », vedendo diradarsi le schiere delle nuvole e uscire il sole a dare il necessario lustro alla giornata. Quando poi nel pomeriggio venne a piovere, con rassegnazione hanno cercato rifugio sotto i portici, nei caffè, nei cinema; e con allegro tumulto i visitatori dell'esposizione hanno invaso in piena minacciosa i padiglioni insieme con le fanfare (quella degli alpini, giunta alla mostra con un quarto d'ora d'anticipo, col solito passo trasandato, sonando lente arie paesane, e la gente che colmava i viali se li prese in mezzo marciando insieme al passo .come .fossero, .dei lorot. quella dei bersaglieri che arrivò mezz'ora dopo, preceduta da una vetturetta rossa ed una balda ostessa trottando al ritmo insistente delle trombette leggere e costringendo la gente a fare ala; quella dei carabinieri che non si sono riparati come gli altri nel padiglio ne più vicino ma hanno con tinuato a suonare all'aperto per tutto il tempo che durò l'acquazzone). Ma insomma sei ore di sole, dopo la serie dei giorni umidi e bigi, sono bastate ai savi torinesi a trarre il miglior partito dalla vacanza; scampagnate in collina, sciamare di macchine sulle strade vicinali, spensierato passeggio per i parchi ed i viali; una folla cittadina tirata a lucido, linda, con un aspetto gentile e composto — la folla torinese è una delle più civili che abbia visto in giro per il mondo, più urbana anzi e vestita con maggior decoro di quella di certe grandi metropoli ricche e potenti ■—. E davano l'opportuno tono alla ricorrenza e facevano ricordare che non era un giorno festivo dei soliti, i soldati eleganti come per una rivista, alpini con le cordelline verdi, artiglieri con le cordelline gialle, bersaglieri col vastissimo cappello piumato; e ufficiali con la sciarpa turchina a tracolla; e vecchi signori con le medaglie o i nastrini delle ultime guerre (che mi facevano tornare a mente certe domeniche dello Statuto di quand'ero bimbo, scola retto a Torino, e m'imbattevo sui marciapiedi in vecchi signori grassocci con le medaglie delle guerre del Risorgimento appese alla giacchetta) e le bandiere alle finestre. Forse non tante come il 27 del marzo scorso; e non mi sono stupito di non vedere oggi a certi balconi patrizi i bandieroni di quel giorno con lo stemma dì Savoia e la corona reale (he ho viste ancora alcune: con il solo stemma, e queste mi hanno fatto piacére; in fondo quello stemma, quella croce, la portavano sul braccio i miei pochi e modesti compagni del Corpo Italiano di Liberazione, anno 1944, ricordati finalmente con onore nel padiglione unitario). Ma erano numerose stamane le bandierine che chiamerò proletarie, quelle che si capisce che son costate un sacrificio, c mancarono i soldi per l'asta, cosicché non sventolano, le poverelle, pendono appicci¬ cate alla meglio ai ferri di un balcone o sotto il davanzale d'una finestra. Naturalmente una grande parte della cittadinanza è accorsa alla mostra ; per l'allettamento del prezzo più basso, certo; ma anche per la curiosità di vedere finalmente il misterioso padiglione unitario, e per la promessa di spettacoli eccezionali, e perché i torinesi cominciano a rendersi conto che andare a far colazione ih questo o in quel ristorante della mostra, in un'atJnosfera di fuorivia, veneta abruzzese bolognese napoletana, è' come una scampagnata più nuova e più comoda. E giunti alla mostra i cittadini, sono stati quasi sopraffatti da un'altra gran folla, gente venuta dalla campagna, dai borghi vicini, dalle province; plotoni compatti di giovani provinciali, di educande, di famiglie ed affini; e donne contadine con gli ori e la veste di seta nera delle grandi occasioni, e i loro uomini con baffi all'Umberto I e il passo lungo-e il cappello messo in un certo modo, che rivelava una spavalda giovinezza di soldati risuscitata da quest'aria risorgimentale. I giorni scorsi, ogni volta che entravo nel Palazzo dèi Lavoro notavo come i visitatori andassero intorno seri, per non dire accigliati; con l'aspetto intimidito o preoccupato di chi si trova di fronte a cose ardue da capire, e a problemi a cui non s'è mai pensato, e diciamo pure a celebrazioni del lavoro umano un po' troppo ricorrenti ( « In fondo, che progresso è questo nostro che non ha trovato la maniera di liberarci dalla maledizione divina, di campare la vita col sudore della fronte? »). Non ho visto nessuno sorridere nel Palazzo del Lavoro, per quante volte ci sia andato. Ma oggi no. Le persone che a sciami entravano e uscivano dal gigantesco gabbione le ho...Yiiip^ridsntiJkwwfi9R, la faccia di soddisfatta esperienza, di lieta attesa ; e certamente anche per il piacere di ritrovarsi insieme in tanti; perché l'italiano è socievole, ama il prossimo, molto prossimo, quando uno spettacolo lo diverte vuole far partecipe del suo sentimento quanta più gente sia possibile intorno a sé. Davanti ad alcune sezioni c'erano code pazienti, e nell'interno una-ressa enorme, specialmente nei padiglioni della Russia, degli Stati Uni ti, della Gran Bretagna; non trattenuti quelli che .si ac cingevano ad entrare in que st'ultimo dai commenti di chi ne usciva avvertendo di stare attenti al mal di ma re. (Per entrare nel padi glione della Gran Bretagna si traversa su una passerei la di legno dagli orli rilevati fatta come un pontone, e poiché vi ruota intorno una parete curva si ha il senso che la passerella sia agita ta da un continuo rollìo, e i più sensibili hanno sùbito la nausea del mal di mare). Gli ordinatori della mo stra unitaria possono essere soddisfatti. Questa rassegna di fotografie e di documenti con commenti serissimi co me ve l'ho descritta, senza oetri padiglioni, i disegnini umoristici della Germania, o i grandi schermi giranti della Svizzera con dilettose visioni di laghi di monti di pascoli, o certi misteriosi gabinetti della Gran Bretagna o degli Stati Uniti, questa rassegna che qualcuno aveva annunziata come « noiosa » ha attirato una calca strabocchevole e curiosa di tutto, e qui davvero lieta d'istruirsi; ho visto genitori davanti ai cinque tabelloni appositi alla parete spiegare ai figlioletti come 11 nome Italia, che iti; dìcava ali origine soltanto la pgncPe ridgravmle1dseiesvn punta estrema dello stivale, giungesse nel corso di alcuni secoli a diventar nome comune dal Lilibeo fino a Pola presso del Quarnaro; e capannelli d'uomini maturi considerare con occhi umidi i disperati fanti dei disegni di Pietro Morando; e ragazzette spettinate e spavalde ridere largamente ammirando le acconciature delle audaci prime bagnanti del 1890 e i baffuti campioni dello sport del principio del secolo ; o assistendo alla proiezione di pellicole con le stralunate facce e i gesti nevrastenici delle dive del cinema muto. Molto mi sono piaciuti gruppetti di visitatori che s'erano accaparrato un posto da star comodi a sedere, e si godevano immobili a lungo il tumulto colorato della moltitudine nella semplice felicità di farne parte; e guardavano nel. cielo il coraggioso sole del mezzodi sfolgorante fra nubi ancora bianche e benigne; e s'incantavano nella veduta delle colline su cui ombre di trapassanti cirri erano come gioielli di ametista o di onice. Gente della provincia questi contemplatori tranquilli, lo si vedeva bene, con la borsa dèi viveri portati a i a n i da casa; immagino che sian venuti a Torino non tanto per l'esposizione (ma anche all'esposizione sono venuti 200 lire non sono poi la gran rovina) quanto per visitare o rivedere dopo molto tem po questa città così amabile pur con un'ombra di riservatezza, così accogliente a chiunque venga a chiederle ospitalità. H pomeriggio era ancor giovane, quando d'un tratto rotolò il tuono giù dal cielo nero, e galoppanti nu vole sorgenti da dietro i colli riportarono la pioggia rituale. ir. — - m Paolo Monelli ; o va dDuecentomila persone hanno panoramica della fo la lungo le cose strane e nuove di alpunta estrema dello stivaleMolto mi sono piaciuti da casa; immagino che sian

Persone citate: Paolo Monelli, Pietro Morando, Savoia, Umberto I