Una candida fanciulla toccata dal male in "Viridiana" torvo film spagnolo a Cannes

Una candida fanciulla toccata dal male in "Viridiana" torvo film spagnolo a Cannes IL FESTIVAL SI E» CONCLUSO, STASERA LE PREMIAZIONI Una candida fanciulla toccata dal male in "Viridiana" torvo film spagnolo a Cannes Presentato anche "I cosacclii", oleografica pellicola sovietica (Dal nostro inviato speciale) Cannes, 17 maggio. Il racconto di Tolstoi, dal quale si dice tratto il film sovietico I Cosacchi diretto da Vassili Pronine, ebbe già una remota versione cinematografica nel 1927 ad opera di Hollywood. Fu uno degli ultimi film muti (in Italia venne presentato coti una approssimativa sonorizzazione mediante dischi nel 192%) ed ebbe per interpreti John Gilbert, Renée Adorée, Ernest Torrence e Nils Asther: quattro attori da gran tempo usciti, come U. regista George Hill, dalla scena e dalla vita. Se abbiamo ricordalo questa anticaglia, dove il racconto tolstoiano era trattato in chiave di western e di autenticamente russo non aveva che le acrobazie equestri dei Cosacchi, cioè cavalleggeri della Russia Bianca trasferiti a Culvcr City, è perché non troppo più moderno c consonante col modello è risultato al paragone il film di Pronine, che pure è russo fino al midollo. E' parso di navigare dentro un libro di lettura dove episodi e caratteri sfumano in effetti l e i a i ! e , i . e d tradizionalmente oleografici; il gusto del folklore caucasico prevale sulla intenzione di narrare l'avventura di un giovane aristocratico che si libera dei veleni cittadineschi e dei pregiudizi della sua casta, visitando il Caucaso e amandone una fiera fanciulla. Modesto ancha nei colori, stucchevole nelle pur grandiose sequenze di canto, di ballo e di equitazione acrobatica, il flint, è molto più vicino al melodramma che al documentario e le sue masse sembrano obbedire alla invisibile bacchetta di un direttore di coro. Notevoli, fra gli interpreti, Boris Andreiev, che canta con robusta voce di basso ed è uno dei migliori caratteristi del cinema sovietico, e, per la sua bellezza, l'attrice Zinaida Kirienko. L'ultimo film in competizione ha emanato bagliori d'inferno, tal quale fece il primo che, se ve ne ricordate, era il polacco < Madre Giovanna degli Angeli>, quello della monaca indemoniata. Lo ha presentato la Spagna e si intitola dal nome della protagonista, che per l'appunto è un'altra monaca, Viridiana. Il regista è lo spagnolo francesizzato Luis Bunuel, una specie di cavaliere errante della cinematografia, già campione, accanto a Salvador Dall, del cinema francese d'avanguardia, poi trasferitosi nel Messico da cui ha recentemente mandato, qui a Cannes, < Nazarim > e < La ragazza ». Da astratto Bunuel si è andato facendo sempre piti concreto; si compiace di un verismo pesante, schernitore. Se ne è avuta l'ultima conferma nel film di questa sera, dove con acre compiacenza egli caica la mano, il braccio e tutta la persona, sulle sventure della virtù. La monacanda Viridiana è richiamata al secolo dallo zio, un orco travestito da agnello. Ossessionato dal ricordo della moglie, cui la fanciulla somiglia, cerca di profanare la purezza della nipote ricorrendo a lusinghe matrimoniali corroborate da un sonnifero. Non riuscendoci, si impicca; ma non vi spaventate, siamo appena al principio. Viridiana, che dopo quello scandalo non può più monacarsi, ma intende perseverare nel servizio di Dio, risolve di trasformare un'ala della villa dello zio in ospizio per accattoni disgraziati; ed ecco fiorire una piccola corte dei miracoli, con storpi ciechi nani e persino lebbrosi, che dovrebbero benedire la carità che li alloggia, veste e nutre. Ed inve- cDfsitrnaccrs e a n n l o ù a e - ce, cosi è la vita, la giudicano una seccatura, e se ne vendicano con turbolenze e dispetti. Durante un'assenza della benefattrice, si mettono a tavola nel salotto buono, e vi sfogano gli isfinfi dell'orgia, fracassando tutto. Come dessert violenterebbero volentieri la padroncino di casa frattanto ritornata a vedere i suoi protetti. Ma ancora una volta, lo scempio del corpo le è risparmiato; non però quello dell'anima ormai persuasa della int!Ì7icibMt'td del male. Nella villa dell'impiccato si è insediato il figlio di lui, degno rampollo di tanto padre. Viridiana diventerà la sua amante, a mezzo con la serva. Favola torva, di un pessimismo lucente, quasi allegro. Ma anche di una rigidità matematica che appunto tradisce il calcolo, il piacere dello scandalo. Il film può stare fra i pezzi balzani, e non sono molti, di questa levigata mostra, e pur nei confini dell'artificio veristico, rivela una forte tempra di regista. Basterebbe la scena dell'orgia, con quell'esultanza picaresca, con quegli eccessi così bene equilibrati. E se le cose sono abnormi, Bunuel ha saputo avvolgerle d'una atmosfera propizia (quel sole bianco, quella vuota luminosità della campagna), che ce le fa apparire meno innaturali. Tra gli interpreti torna per la seconda volta, in veste di rapace, Francisco Rabat. La disgraziata eroina è Sylvia Final Il piede caprino di de Sade ha cosi chiuso la lunga cavalcata di film. Domani sera, presente il ministro dell'informazione Terrenoire, si avrà la premiazione cui seguirà uno spettacolo di balletti dell'Opera di Parigi. Chi vincerà la Palma d'oro f Molte le previsioni e tutte ragionevoli, giacché è mancato il film che sfondasse risolutamente il tetto della mediocrità. Si può credere così a chi pronostica il film polacco di Kawalerowicz come a chi scommette (ma sono pochi) sul giapponese di Ichikawa, o sullo svedese di Sjoberg. L'Italia, con le sue quattro opere in gara, è tra le favorite. Ove le nuocesse l'essere stata premiata l'anno passato, il film di Clément, « Che gioia vivere », di produzione italiana ma di un regista francese, sembra fatto apposta per togliere di impaccio i giurati. Per la migliore interpretazione maschile, se dipendesse da noi, nessun dubbio: il Perkins di €Aimez-vous Brahmsf*. Pur ammettendo che il Poitier dmpndgdgacBLn di « Uva al sole » non gli sta molto indietro. E che non si possono dire « chiusi » nemme no Don Murray («Le canaglie dormono in pace ») e Rod 8teiger (< Il marchio •»). La palma della migliore attrice è stata già popolarmente assegnata alla Loren (* La ciociara *), ma come non tener conto della Bergman del film di Utvakt La « suspense » è assicurata fino all'ultimo momento'. Il quattordicesimo Festival di Cannes passa alla storia senza lasciarvi gran traccia. Una discreta media di film, ma senza guglie. Anche nella cornice, non si è avuta la gaiezza e lo sfavillio di anni che si fanno sempre più lontani. Notevole, come sempre, il concorso degli attori sulla Croisette ma così razionato e sincronicamente legato ai rispettivi film, da conferire al grigiore piuttosto che a disperderlo Tutto sommato un festival distratto, di transizione. Leo Pestelli