«Turcaret» di Lesage all'Alfieri

«Turcaret» di Lesage all'Alfieri Il Théàlro National Populaire diretto da lean Vilar «Turcaret» di Lesage all'Alfieri Turcarct di Lesage è la'mclassica comcdie de moeurs del Settecento francese, soltanto eguagliata e superata, affermano gli schemi scolastici, dallo splendido Mariage de Figaro del Beaumarchais. Alla descrizione di certi costumi del tempo, pessimi costumi, (la commedia è del 1709), si intreccia una violenta satira non soltanto di quella corruzione ma di un tipo sommamente rappresentativo, allora, e da tutti subito riconoscibile nelle più segrete turpitudini, e da tutti odiatissimo: il tipo dell** appaltatore fiscale >, del traitant, quel tale che aveva la mano libera e l'assoluto potere di dissanguare il popolo francese, riscuotendo a suo arbitrio le imposte in nome del re, gettando nella miseria la più laboriosa borghesia, arricchendosi incredibilmente, facendo grottesco sfoggio del denaro rubato, disperdendolo con donnette di malaffare, le famose coquettes. Figure di plebei che avevano raggiunto l'atroce potenza del denaro, quegli sfrontati aguzzini contribuirono non poco allo sfacelo economico, al disordine profondo di una società che doveva finire, bruciare e rinascere nella Grande Rivoluzione. Ma, si veda come facilmente abitudini, sensibilità, memorie si perdano, e come all'occhio dell'osservatore anche più preciso, al satirico più avveduto e fine sia difficile dare un ritratto del tempo, che duri e sia in qualche modo specchio ai posteri. Ancora a Rivoluzione calda, e nei primi dell'Ottocento, un ottimo critico, il Geoffroy, osservava che l'acre sarcasmo, la comicità, cruda, il fermento vitale della comme dia, non potevano più essere ben còlti, perché il pubblico non sapeva più, assolutamente, e chi fossero i traitants, e quali i loro costumi, e che insomma, caduti i risentimen ti antichi, cadevano in parte le ragioni dello spettacolo. Sentenza dura, ma a maggior ragione ripresa circa un secolo dopo, alla fine dell'Ottocento, dal Sarcey il quale con la sua ruvida, aggressiva bonomia indicava nella commedia celebre molti difetti: la mancanza di progresso vero, di azione, di carattere, assen te la gaiezza, scarso Pinteres se, e che il suo spirito non era affatto pétillant, ma comme enveloppé, e che in un dramma bisogna interessarsi a qualcuno, prender passione, e che una rappresentazione di cattivi costumi ne suffit point à réjouir les yeux ni l'esprit au thédtre. Insomma mancherebbe ai personaggi di Lesage il dono della simpatia umana, quella che i grandi poeti hanno saputo elargire anche ai peggiori gaglioffi, si pensi a Falstaff. " "' Orbene, la commedia di Lesage (che, fossero intrighi, cabale, o la riottosità, 11 sabotaggio dei comici stessi, non ebbe neppure al suo nascere uran successo), la commedia di Lesage è veramente bella, compatta, scritta in un lin guaggio fitto, essenziale, razio nale( senza fronzoli, senza con cessioni retoriche. Le sue pun te, i suoi sarcasmi sono di una esattezza, di una penetrazione esemplare, non è la rapidità scenica che conta qui ma la giustezza del tono, la mossa comica sempre aderente alla realtà disadorna e secca del personaggio. E come personaggio, Turcaret è certo grandioso. La sua viscerale avidità di denaro, i modi grossi e goffi dell'arricchito, la malvagità, la spietatezza, l'imbambola- bsfcvn«s mento di fronte alle donne e i a e à a a a l i ffi , - bagliori dell'intrigo sinistro, e la tronfia sicurezza, proprio sul margine della catastrofe, fanno di Turcaret una magnifica figura di scena. Turcaret cava sangue al popolo, la < baronessa » pela vivo Turcaret, il « cavaliere », giovinastro vizioso che si fa mantenere dalle donne, divora il denaro dalla «baronessa» sottratto a Turcaret, e il servo Frontin e la servetta Lisette liquidano tutti quanti. Alla fine del perverso girotondo, dispersa ai quattro venti quella tribù di farabutti, Frontin il più abietto di tutti, può esclamare: «Ecco finito il regno del signor Turcaret; incomincia il mio». Si è giunti alla conclusione senza riuscire a tirare il fiato. Sì, la commedia è bella, potente, ma è proprio questo il punto, ci si respira un po' a stento. E non per un'insufficienza, una deformazione o corruzione dell'arte di Lesage, ma per il carattere stesso di quest'arte, a suo modo mirabile ; carattere estremamente, assolutamente « realista ». Diceva il Faguet che Lesage è il « realista » puro. E osservava che, per esempio, questo Turcaret è la « realtà » stessa: nulla di più, nulla di meno. Assennatissima l'idea dì non dissimularne la scelleraggine, di averlo rappresentato ladro e crudele, ma anche opportuno l'accorgimento di non avere insistito troppo, di averlo mostrato forse più ridicolo che spregevole. Scellerato e burlesco, ogni suo gesto è infallibile, ogni parola è netta. Così lo vediamo, così ci appare, senza margini, esattamente come nella vita «reale»; e così gli altri personaggi, che non si atteggiano mai, che non hanno una vita « intensa » originale, sublimata: no, vivono comme vous et moi. Al punto che Turcaret è un dramma poco teatrale, e piace più letto che ascoltato alla ribslta, perché alla lettura, quella strettezza, quella misura calcolatissima, riprende sul filo della fantasia, nella connivenza del lettore accorto e sensibile, un suo flato più ampio e leggero. Non vorremmo arrischiare un'eresia, ma anche Becque non ha avuto poi in scena una fortuna pari alla sua grandezza di scrittore realista. Bisogna forse leggerlo, anche lui, per ritrovare nei suoi periodi asciutti il senso intelligente e implacabile di ciò che vive. La rappresentazione di Turcarct offerta dal Théàtre National Populaire, diretto da Jean Vilar, è molto bella. Subito, ciò che più desta ammirazione e rispetto, simpatia e consenso, è l'equilibrio, l'armoniosa omogeneità di una recitazione che penetra veramente, con delicata intelligenza, il testo e lo rende plastico e vivo con misura che potremmo dire in taluni momenti perfetta. Scenografia e ' costumi di Gustave Singier alti di tono, ma espressivi; una regìa abile, rivelatrice, non provocatrice, la regìa di chi sa che in una commedia come questa le parole sono tutto. Un'attrice particolarmente aggraziata anche nell'ignobile personaggio della baronne, è Christiane Minazzoli, leggiadra, lieve su quelle birbanterie; un interessante, acuto Frontin era Dominique Paturel dallo sguardo lampeggiante e smorzato, che dell'antico servo ribaldo ha dato un disegno in certo senso moderno: cinismo e indifferenza L'attore Jean Davy era Turcaret, e plasmò il suo grosso personaggio a vigorose spatolate, con molto sfoggio di colore, di rozzezza, un che tra il villano e il malvivente. Con i loro compagni, che minutamente ma non senza vigore disegna¬ rsmMTtvesstc rono gli altri pittoreschi e così spesso sgradevoli personaggi, Flamand, « le chevalier », « le marquis », Marine, Lisette, M. Rafie, M.me Jacob, M.me Turcaret (ch'era l'attrice Mathilde Casadesus) e via dicendo, personaggi che tutti insieme sono un vivente, lucente, policromo campionario di perversità, essi hanno ricomposto e rianimato il quadro di Lesage, che merita davvero di essere visto, ammirato, applaudito. E' un esempio, è il frutto di una grande letteratura, di un mondo di intelligenza, di osservazione, di ferma razionalità, che ancor oggi testimonia la ricchezza e l'eccellenza di una cultura e di una civiltà. Vilar chiese le musiche di scena a Duke Ellington: non ne sappiamo il perché. Dovessimo dire che stonano terribilmente, che guastano tutto, diremmo una bugia; ci pare che tutt'al più diano un piccolo fastidio epidermico. Ma passano in fretta. Il bellissimo spettacolo è stato cordialmente applaudito. f. b.