Per cambiare la vita

Per cambiare la vita Per cambiare la vita II caso di Jean Guéhcnno sembra convalidare una vecchia impressione di lettore e, cioè, che uno scrittore porta dentro di sé, sin dai primi esercizi, una sua visione particolare, un'immagine letteraria' e per tutta la vita non fa altro che inseguirla, aspettarla, invocarla in tutti, i modi possibili. Oggi, a carriera quasi finita, possiamo ben dire che Guéhcnno da trent'anni a questa parte non fa altro che vagheggiare e misurare l'immagine della sua vita. L'autobiografia, prima sotto forma di saggio e poi, con luci sempre più aperte e dichiarate, come testimonianza e, infine, come musica dèlia memoria. Guéhcnno non avrebbe parlato di Michelet, di Rousseau, della Francia se all'origine di tutte quelle passioni intellettuali non ci fosse stata la scintilla del cuore e della memoria, se sin dagli anni duri dell'infanzia non avesse posto in alto un'immagine dell'uomo, sia pure incerta e informe, ma insomma tale da consentire il suo perfezionamento nello studio e nella quotidiana esperienza della vita. Almeno su questo punto ha avuto partita vinta e il ritratto che ci dà di se stesso adolescente e giovane ha tutto per rimanere in una galleria pur così ricca e viva come quella francese. Figlio di umile gente — padre calzolaio e madre cucitrice — Guéhcnno è nato nel 1890 a Fougèrcs: ha, dunque, passato da poco la porta dei settantanni e direi che l'ha passata bene, con un bel margine all'attivo. A volte Guéhcnno potrà sembrare invecchiato, soprattutto quando riprende motivi e suggestioni della sua lontana gioventù, ma in generale ha sempre qualcosa di vivo e di autentico da proporre e da restituire. Riesce meglio quando racconta, quando fa della memoria materia di studio e da questo punto di vista il libro che pubblica ora, Changer la vie, mon enfance et ma jeunesse (ediz. Grassct) è un po' la chiave dell'uomo Guéhenno così come lo hanno fatto gli avvenimenti c non già come lo hanno fatto i libri e le idee. Primo requisito dello scrittore è l'equilibrio. Guéhenno per nascita, per la sua esperienza di operaio fra i quattordici e i diciotto anni — in un periodo determinante per la formazione e in un'età aperta ai risentimenti e agli odi rrr avrebbe bcnjssjmo po-J tutp. concentrare il suo discorso su una pSrte sola e' diventare scrittore di protesta, cedendo in modo apparentemente legittimo alla polemica. Nulla di tutto ciò, fra i dati di partenza e il risultato c'è invece una specie di contraddizione, manca una linea di facile conseguenza e al suo posto troviamo la meditazione, l'abitudine al confronto critico, quello che l'esperienza può insegnare a un uomo onesto. Com'è arrivato a una posizione così prudente e utile? Non c'è dubbio, anteponendo l'immagine dell'uomo a quella dello scrittore, diffidando delle armi illusorie del polemista, anzi cercando di trovare nelle ragioni degli altri (per lui erano i privilegiati, i fortunati, quelli che erano nati senza il marchio del bisogno) una parte di vero, quel tanto che consente l'inizio del dialogo. Il titolo ha un preciso significato di esame di coscienza e il foglio che distrattamente è stato inserito nel libro ci ricorda a buon conto che « cambiare la vita » è stato il programma di Marx, di Rimbaud e di tanti altri. Guéhenno Io ripete con una specie di contrizione e di umiltà, anche lu< da giovane aveva creduto nella necessità di cambiare vita e mondo, ma già al momento di partire per la guerra del '14, a ventiquattro anni, aveva avuto modo di farsi un'idea precisa al proposito. Non si cambia la propria vita da soli e, per cambiarla, bisogna cambiare anche quella degli altri. La morale è stata giudicata tacile e in base a tale sentenza hanno accusato Guéhenno di spirito dimissionario, di sentimentalismo e di avere caricato eccessivamente di poesia il mondo duro della realtà, quel mondo che puro egli aveva conosciuto così bene negli anni di miseria e di fatica. Ma su questo punto l'autore risponde nell'atto di ringraziamento con cui apre il volume e precisamente là dove ricorda il padre che sapeva cosi bene sperare e non aveva il senso del male, il padre che guardava cose e persone con piacere. Dopo il padre, Guéhenno parla della madre e della sua rassegnazione cristiana e la loda perché sapeva soffrire e non si ribellava al dolore del mondo. Sono stati questi personaggi — i genitori, la balia di Peiné, gli amici del padre (i piccoli profeti del socialismo, gli operai che adoravano la Giustizia con la maiuscola) — a disegnare il territorio ideale in cui lo scrittore s' sarebbe mi» so e il insegnargli la fedeltà dia musici delle prime aspirazioni. Ma Guéhenno conta fra i perso¬ naggi che hanno fatto la sua anima, la natura, il bosco inteso come riserva di sogni, il mare visto un mattino a Saint-Malo e naturalmente i libri, i maestri, gli amici. ,i I libri non fanno che restituire ciò che gli si presta », la sua sarà dunque Una lettura umana, prima che retorica e letteraria: un mezzo di conoscenza più che di piacere e di potenza. La seconda giovinezza di Guéhcnno, quella che lo vede rientrare nei ranghi della società come studente della Scuola Normale, funziona da filtro per le nozioni e i sentimenti accumulati nel tempo della prima dura esperienza. Altro requisito: la fedeltà. Guéhcnno noti tradirà mai la sua origine, non si trasformerà in un professore-professore (ci sono altri esempi di professori che vengono dalla campagna o dalla fabbrica ma non sono' rimasti attaccati alla prima patria) e non dimenticherà quel calore, quel modo di partecipazione, per cui seppe mantenere il contatto fra la cultura e la memoria, fra la dottrina che i libri gli offrivano e il cuore delle sue prime esperienze umane. Per fare un esempio, l'amore furioso per Renan, l'aver tenuto L'ave' nir de la science come un vangelo non gli hanno impedito di restare attaccato a una misura di equilibrio. Non vediamo Guéhenno passare dall'idolatria della verità alla sconfessione della verità, anzi egli è stato l'unico a suggerire una interpretazione serena della famosa frase di Renan : « Forse la verità è triste ». Triste, ma per questo non meno da rispettare, non meno da amare. E Guéhcnno aggiunge: «La verità, qualunque essa sia, non può essere triste, se la gioia sta nel movimento stesso dell'anima che la cerca e la pensa ». Lo scrittore risuscita un mondo scomparso per sempre, una classe, una vita, degli uomini che al nostro occhio corrono il rischio di essere giudicati male e accusati di ingenuità e sentimentalismo? Guéhenno non risponde direttamente ma affrontando il problema con un esempio familiare, a nostro avviso lo risolve assai bene. Sembra che la madre in qualche momento di collera gli dicesse: puoi leggere quello che vuoi, ma non riuscirai mai a parlare bene come tuo padre. E Guéhenno aggiunge subito: » E' vero, non ci sono mai riuscito ». Ma che cosa bisognava intendere per parlare bene? Lo scrittore, elencate tutte le possibili accezioni, conclude: «Vuol dire parlare sempre e secondo la salvezza terrestre di tutti gli uomini, perché siano un po' felici e conservino la libertà e l'onore. Forse allora la vita camberebbe ». Dice ancora Guéhcnno, per scrivere bisogna aver visto vivere molti uomini, soprattutto bisogna averne visto morire molti. Certo è una regola difficile e inattuale, su cui siamo in troppi a girare al largo: specialmente chi punta sulla letteratura da laboratorio e separa lo scrittore dalla vita, per farne un oggetto di gusto, e non l'umile strumento della verità. Carlo Bo EdaiMIIIMIIlllIIIIllllllllItlllllTMIlIllMlillllllIlUlin

Persone citate: Carlo Bo, Jean Guéhcnno, Marx, Michelet, Rimbaud, Rousseau

Luoghi citati: Francia