Mondovì ridente

Mondovì ridente IL PI£MON7T_S50NOSC/UTO Mondovì ridente Grandi folle di visitatori : giungeranno nel prossimi mesi a Torino per l'esposizione di c Italia 61 >. Per. molti sarà forse 11 primo- incontro con il Piemonte.' Vorremmo che' non fosso limitato alia nòstra città: il Piemonte vanta molti centri troppo poco noti, ben degni di una visita per monumenti artistici e splendidi paesaggi ed Insigni memorie. Marxiano Bernardi ha già.illustrato Casale. Asti, Alba, Sai uzzo, ed aveva reso a Cuneo il giusto omaggio; ora. dopo l'Interruzione dovuta al premere di tanti fatti internazionali Bullo spazio limitato, presenta l'incanto e gli- sconosciuti tesori di Hondovl. » Nulla da eccepire.. Nel suo aggettivare le città piemontesi, ora un po' generico ora un po' retorico — Aosta « vecchia », Ivrea c bella », Cuneo « possente », Torino « regale », eccetera — questa volta il Carducci l'azzeccò in pieno: « ...e al vago declivio il dolce Mondovì ridente ». Perché davvero cosi sorrida non basta a spiegarlo lo sconfinato orizzonte che s'apre dall'alto del suo colle nelle giornate serene. Certo la veduta sulla pianura immensa solcata dai lucenti meandri del Tanaro e sulla bar. riera verdegialla delle prossime Langhe e sulla gran corona delle Alpi lontane, sembra il festoso saluto d'una terra felice a chi di colpo la scopre sbucando dal vicolo dietro la cattedrale nel piccolo giardino alberato, dóve s'alzt la trecentesca Torre Civica che due secoli fa servi al fisico nionrcgalcsc Giovanni Battista Beccaria per misurare un arco di meridiano del Piemonte. Ma J senso di letizia che Mondovì suscita da! suo. famoso «Belvedere» non va cercato soltanto nel più esultante panorama che possa offrire una città subalpina. Forse quel senso lo si deve piuttosto a una segreta armonia di rapporti .fra costume e ambiente, che ha saputo conservare agli abitanti una specie di affettuosa intimità coi luoghi a loro più cari. Sostando la domenica nella Piazza Maggiore appoggiata al fondale barocco della chiesa della. Missione e racchiusa su un lato dai'portici antichi e sull'altro, a un livello più basso, dalle case contigue al Palazzo di Giustizia nel quale il grande architetto Francesco • Gallo, - figliò di Mondovì, lasciò evidente segno- -del -tu& 'gusto, subito s'avverte un'atmosfera tipica, àTyèjfsa ila quella d'altre piazze provinciali. La gente non vi passa, e nemmeno vi passeggia. Vi sosta: vi si riposa seduta per ore sulle panchine lungo l'aiuola che taglia l'arca nella sua lunghezza; guarda ed è guardata come nel dehors d'un caffè, sembra bearsi senza limite di tempo d'una pace e d'un raccoglimento ch'è il suo più grato svago nel giorno festivo. Milioni d'italiani conoscono dal video di (Campanile Sera» questa piazza pittoresca, in cui r monrcgalesi fecero sfoggio strenuamente della mirabolante memoria dei loro < esperti »; però non sanno quale aura di familiarità l'avvolga, fra il monumentino ottocentesco del Della Vedova, la gotica (Casa dei Brcssani » di rosso mattone, e poco più. in là il solenne duomo di S. Donato, capolavoro del geniale Gallo. I monregilesi vi ci sono abituati, fa parte della loro vita quotidiana, probabilmente e saggiamente non vi rinunzierebbero nemmeno per lo spettacolo di Piazza San Marco; ma il forestiero ne resta colpito, gli viene spontanea la domanda: (Forse la feliciti è racchiusa nel cavo d'una mano? ». Non sapremmo .immaginare un color locale più intonato col futuro temperamento del pater fanrilias (una famiglia d'innumerevoli cittadini) che nacque qui presso. E', una piccola casa, a metà della viuzza che s'arrampica alla Cittadella costruita da Emanuele Filiberto, oggi sede d'una caserma d'Alpini famosi per il loro valore in guerra, quella dove Giovanni Giolitti aprì gli occhi al limpido cielo di Mondovì. Una casetta varie volte secolare, come indica la torricella in cotto che a destra sovrasta il terzo piano col suo grazioso fregio medioevale; però ridotta ad un aspetto borghese, accentuato da un terrazzino che fa pensare a un'esistenza quieta, a una continuità d'abitudini domestiche, a un lento trascorrer d'anni uguali. La porta incorniciata da uno stipite in marmo di sagoma classica, forse qui collocato per ingenuo desiderio di decoro, s'apre su un breve andito in penombra diviso da una colonnetta, con una scala a sinistra. E' difficile raffigurarsi bambino, e non ccm l'inevitabile stiffelius ministeriale e còl cappellone che gli ombreggiava i baffi e il pizzo, colui che cosi a lungo doveva reggere le sorti d'Italia; nei vecchi album di fotografie vi sono ritratti ingialliti che fissano per sempre un'immagine escludendone tutte le altre; e del resto quasi non si legano a questa casa i ricordi del bimbo, portato .'tòsto altrove a educarsi presso gli zii materni. Eppure, guardandola, par proprio, che'uri ..uomo'' della natura di. Giolitti noti potesse'nascere in ambiente diverso, tanto questa suggestione di antica e solida provincia che spira dalla stradetta silenziosa < rassomiglia » al costume del gran politico che nei momenti di crisi nazionale occorreva andar a cercare non nei corridoi di Montecitorio bensì al gioco delle bocce di Cavour. Ma torniamo sulla Piazza Maggiore. Non toccherà a tutti la fortuna di essere amabilmente introdotti dalla ospitale sorella del vescovo stesso nel bellissimo Palazzo Vescovile dove dal t)6i al 1566 fiorì lo ( Studio » che indispettiva i torinesi privati della loro Università (e il diplomatico Emanuele Filiberto lasciò poi che il Senato sentenziasse a favore di Torino con disappunto, a loro volta, dei monrcgalesi). Tuttavia se il turista insisterà, se dirà d'aver già contemplato nella chiesa della Missione il trionfo di S. Francesco Saverio, magnifico preludio allo spettacoloso soffitto romano di Sant'Ignazio che Andrea Pozzo, come per farsi le ossa, qui dipinse con secentesca foga illusionistica nel 1679, 'a cordiale damigella gli concederà di ammirare le decoratissime sale, gli stupendi arazzi fiamminghi su cartoni del Rubens, il Crocifisso eburneo attribuito al Bernini, le deliziose sale ( cinesi » composte con parati concessi da Napoleone; e dal terrazzo del privato appartamento del presule un altro meraviglioso panorama naturale che rivaleggia con quello del « Belvedere » e nuovamente conferma l'aggettivo carducciano. Fu questa immensità di spazi ch'è privilegio di Mondovì Piazza a far nascere in Carlo Emanuele I il desiderio del più vasto santuario dei suoi Stati, appunto nei pressi della graziosa città? Se mai, Ascanio Vittozzi, rielaborando, i disegni di Ercole Negro di Sanfront, secondò -^ambizione del prìncipe con un progetto di tal grandiosità che ancor oggi'sbalordisce, -e rende obbligatoria per chi. viene in Piemonte la visita à" Vicòfórte. La morte dell'architetto -orvietano ■nel 1615, la solita mancanza di quattrini, le" guerre,' Jc. pestilenze, rinviarono di oltre un secolo il compimento dell'opera gigantesca iniziata nel 1596; finché nel 1702 il trentenne Francesco Gallo assumeva la direzione dei lavori terminati fra il 1731 e '33 con la sua prodigiosa cupola ellittica, quarta per vastità in Italia dopo quelle di S. Pietro, del Pantheon e di S. Maria del Fiore, poi, affrescata a metà del secolo dal Bortoloni, dal Bibicna e dal Biella; ma delle pitture certamente insigni di Sebastiano Galeotti nulla invece resta. Qui volle il suo sepolcro il battagliero duca sabaudo, e l'adornarono sul finir del Settecento gli scultori Collino d'elegantissime statue. Le sue ossa dovettero fremere in quella che poteva riuscire un'Altacomba piemontese, al cannone del Bonaparte che tuonava alla Bicocca di S. Giacomo. ( Passa ristoria, operatrice eterna, - tela tessendo di sventure e glorie... ». A sera, una sera d'aprile di ccntosessantacinque anni fa, il vincitore ordinava un ricevimento nella sala capitolare della cattedrale di Mondovì. Da questo colle cominciava la moderna storia del Piemonte, Marziano Bernardi 'i ' i ' i [ r11 ' i 11111m : 11111111111 r 11111111111111111111 • 11111