I «paras» abbandonati dai generali tornano alla loro base nel deserto

I «paras» abbandonati dai generali tornano alla loro base nel deserto Epurazione in Algeria, 400 arresti in Francia per stroncare nuovi complotti I «paras» abbandonati dai generali tornano alla loro base nel deserto Trattative con il ministro delle Forze Annate, Messmer, prima della resa - Il reparto sarà sciolto - La fuga ignominiosa di Salan, Jonhaud e Zelici*: quest'ultimo è scappato in borghese, i primi due si sarebbero ritirati sulle montagne protetti da piccoli gruppi di armati che respingono gli altri ufficiali - L'esercito dà la caccia ai fuggiaschi; la Flotta controlla il porto di Algeri -1 civili francesi non hanno ancora restituito le armi avute dai capi della sedizione; si temono gesti di violenza (Val nostro inviato speciale) Algeri, 27 aprile. Algeri è calma ma inquieta, prostrata dalla febbre di follia che improvvisa l'ha assalita, improvvisa l'ha abbandonata. Quando ieri sera il nostro Boeing — il primo aereo di linea, pieno di giornalisti di tutto il mondo, ad effettuare il collegamento con Parigi dopo la rivolta — si è posato nell'oscurità sulla pista di Maison Bianche, una scorta di mezzi blindati della polizia era in attesa per guidare i pullman degli ospiti lungo la ventina di chilometri che separano l'aeroporto dal centro. Nelle vie delia città, deserte per il coprifuoco, ogni cento metri vegliavano sentinelle e si muovevano pattuglie. Stamane il dispositivo di sicurezza sembrava raffor* zarsi di ora in ora. Silenziosi, gli uomini delle compagnie repubblicane di sicurezza in assetto di guerra, mitra alla mano, percorrono in continuità le strade come in un unico, gigantesco, ininterrotto rastrellamento. Tra gli alberi delle piazze del centro, specie vicino alla Casbah, stazionano grossi camion carichi di truppa, soldati dell'esercito e dell'aviazione. Il nerbo delle forze è in alto, sui viali che salgono ai quartieri eleganti di Algeri: colonne di autoblù' do della gendarmeria sono dislocate in tutti, i punti strategici. I cannoni puntati spiccano contro l'azzurro del cielo. ' Ih basso, sul mare altri pezzi d'artiglieria dominano l'azzurro della rada. Verso le 11 vediamo fare il suo imponente ingresso la flotta di' Tolone: l'incrociatore CÓL beri che batte bandiera dell'ammiraglio comandante, la grande portaerei Arromanches, alcuni cacciatorpediniere. Gli equipaggi finora non hanno messo piede a terra. Altre unità della squadra sono giunte ad Orano. J-ia Marina, che col colpo in bianco tirato lunedì contro i paracadutisti che tentavano di infiltrarsi nella base navale di Mers-el-Kebir ha decisamente contribuito al crollo delle illusioni elei ribelli, blocca ora tutta la costa algerina. Lasciamo la città, corriamo verso Zeralda, una ventina di chilometri ad occidente di Algeri, base del primo reggimento dei « pano » della Legione Straniera. Quando alle due di notte di mercoledì i quattro generali capi della rivolta hanno definitivamente abbandonato il Forwm e gli ultimi fanatici che ancora vi erano riuniti, Challe è andato a costituirsi alla giustizia militare, Zeller è fuggito in borghese, ma Salan e Jouhaud in uniforme sono saliti t bordo di un camion dei «parasi e da allora non se ne è più saputo niente. La base è stata sgomberata nel pomeriggio senza spargimento di sangue. C'erano state trattative fra il ministro della Difesa Messmer e gli ufficiali che avevano assunto il comando dopo l'abbandono di Salan, Jouhaud e Zeller. I « paras » ha.mo lasciato Zeralda sui camion e si sono diretti verso il centro di Sidi bel Abbes, ad 80 km. da Orano. Erano le 18: la popolazione (tremila persone) li ha applauditi, qualcuno ha gettato fiori, invocando assurdamente « Algeria francese ». I « paras » hanno risposto sparando raffiche di mitra in aria; prima della resa hanno distrutto con il tritolo e le bombe il loro accampamento, per impedire ad altre unità di servirsene. La loro colonna — un centinaio di autocarri — è partita sotto la scorta di soldati fedeli alla Francia. Di Saìan e di Jouhaud, che si suppone potessero essere rimasti tra i « paras » ad attendere i magistrati della giustizia militare, non si hanno — s'è detto — notizie precise. Secondo ogni probabilità, sono fuggiti fin da ieri insieme con molti legionari ed alcuni civili. La fpcd1dsndnintlgcdmcstlOdimrnbdpgm d forza normale del « Primo » paracadutisti della Legione, come di tutti i reggimenti di questo tipo, è di circa 1200 uomini, ma è certo che dalla zona accerchiata e rastrellata stasera un eerto numero di soldati (si parla di uno o di qualche centinaio) si sono allontanati da ieri. Sono costoro che forniscono oggi il secondo motivo di preoccupazione per le autorità di Algeri. Qualche centinaio di legionari e di giovani ultras, che si erano uniti a loro sin dalla notte tra martedì e mercoledì, sembra infatti che si stiano dirigendo verso ovest. Aviazióne, esercito, gendarmeria sono alla loro caccia verso Modea e Orléansville dove — secondo molte voci — i ribelli intenderebbero costituire un maquis nelle alture di Ouar Senis. E' la zona più favorevole per iniziative del genere (si ricorderà in febbraio l'analogo tentativo del capitano Sauètre, arrestato poi insieme ai suoi pochi compagni) sia topograficamente sia politica' mente, per l'ascendente locale del bachagà Bualem, il governatore arabo amico degli ultras il cui nome viene oggi accostato a quelli degli alti ufficiali scomparsi. Le autorità di Algeri non trascurano questa eventualità, più pericolosa in quanto porterebbe a un diffondersi capillare dell'infezione ribelle in una vasta e difficile zona. Sono però sostan zialmente ottimiste: inclinato a ritenere che per molti degli scomparsi si debba pensare più alla fuga che alla resistenza armata, e che anche il bachagà Bualem sia indotto ad ascoltare più la vóce della prudenza che quella della disperazione. Comunque sia, si può affermare stasera che sul piano militare l'ammutinamento dei generali è definitivamente liquidato in Algeria. Più impegnativa è ormai la gigantesca operazione di polizia interna, in corso attraverso tutto il grande territorio dalla frontiera tunisina a quella marocchina, e soprattutto ad Algeri. Migliaia di armi sono state distribuite nei quattro giorni dell'insurrezione agli ultras, e all'ordine subito impartito di riconsegnarle immediatamente pochi hanno ottemperato: tanti mitra e tanto tritolo nelle mani di gente come gli estremisti francesi costituiscono un pericolo permanente. Da quarantotto ore la polizia non fa che irrompere ih sedi più o meno politiche, in uffici, abitazioni private, ma i risultati per ora sono modesti: le armi sembrano scomparse. ' Insieme alle armi si cer- cano gli uomini. Sono stati spiccati circa mille mandati di cattura, di cui seicento ad Algeri e cento ad Orano: in molti casi si tratta di criminali più comuni che politici, liberati durante le quattro giornate, come i due che erano in prigione per aver trucidato l'avvocato liberale Popie e che avevano subito fatto la loro orgogliosa ricomparsa nelle strade, di Algeri. Altri generali (Bigot, comandante dell'aviazione d'Algeria, Petit, eccetera) e alti ufficiali continuano ad essere arrestati e tradotti a Parigi (dove è stato inviato, non in stato di detenzione, anche il generale Góuraud, il comandante del corpo d'armata di Costantina che nel giro di quattro giorni resistette alla sedizione, vi aderì, riproclamò la sua fedeltà a De Giulie). Se l'arresto ha colpito o sta per colpire qualche decina di alti ' ufficiali, centinaia sono'in condizioni simili a quelle di Gouraud: gente che si è trovata improvvisamente di fronte alla rivòlta dei generali, combattuta tra la fedeltà alla Repubblica e quella ai superiori diretti. I più hanno cer cato di barcamenarsi accet tando più ~o meno passiva mente il regime delle «quattro giornate», in attesa che gli eventi chiarissero se, i generali erano dei ribelli audaci ma assennati o dei puri deficienti. Chiaritosi oggi il dilemma nel modo più lampante, gli incerti attendono l'arresto o l'epurazione o almeno il trasferimento. In una città piena di ufficiali e funzionari l'inquietudine generale è diffusa. Tutta la popolazione europea accusa un comune smarrimento, anche se con reazioni diverse. Non c'è da sperare troppo che l'azione di questi giorni, evidente per qualsiasi persona ragio¬ nevole, lo sia anche per gli ultras; pochi di loro hanno aperto gli occhi,, molti sono più furibondi che mai. C'è stata gènte che al momento di tirar via dalla finestra il tricolore di cui la città era stata ricoperta su invito dei generali, invece di metterlo in un armadio l'ha bruciato in strada dichiarando di non considerarsi più francese. E sOno coloro dalle cui case salteranno fuori sicuramente le armi nascoste. C'è un solo elemento che accomuna gli ultras, i moderati, gli arabi: la furibonda condanna del modo in cui è stata condotta la rivolta. Al calar del sipario, si salva un po' il solo Challe, al quale può essere concessa l'attenuante di essersi reso conto rapidamente del fallimento, di aver posto fine al folle tentativo evitando spargimento di sangue, di essersi infine posto a disposizione della giustizia per pagare i suoi errori. Miserabile l'uscita di scena degli altri tre: Zeller che prova a scappare in uniforme, non ci riesce per l'ostilità della folla « ultra », indossa un abito borghese, si tira un cappello sugli occhi e si dilegua; Salan e Jouhaud che, insieme ai loro colonnelli, fra un gran parlare di suicidi, iniziano Pennesi ma fuga. E, a completare il tragicomico crepuscolo di questi poveri dèi gallonati, le protèste degli altri alti ufficiali ribelli che vogliono salvarsi sul camion dei « paras » e che vengono respinti dai « raus » dei legionari tedeschi. Così terminano le vicende che per quattro giorni avevano ancora una volta opposto francesi a francesi sotto gli occhi di spettatori che converrà non dimenticare: ì 9 milioni di arabi che hanno assistito, certo intimamente soddisfatta per la di¬ visione dell'avversario, anche se preoccupati pifr la minaccia estremista, ma esteriormente impassibili. E' per loro, ner le odiate forze indipendentiste musulmane che in ùltima analisi hanno lavorato i monopolisti del nazionalismo francese, i generali ribelli. Oggi nessuno ad Algeri sottovaluta la possibilità che gli estremisti possano abbandonarsi ancora ad atti di disperata follia. Ma anche i più orgogliosi esponenti della casta militare, e i più duri sostenitori dell'oltranzismo non possono d'ora in poi non meditare sul significato di queste quattro giornate di Algeri, sull'ennesima e superflua conferma della fine di un'epoca e d'una mentalità, sulla ineluttabilità di rassegnarsi a seguire il capo dello Stato sulla strada che ha scelto, la strada della ragione e della storia. Giovanni Giovannini S P A G U A uatÀ mi camion di paracadutisti della Legione Straniera lascia il campo di Zeralda diretto a Sidi Bel Abbea (Telef.) ■jeBffiMMIWBflteiatfieiinfililiriìilimiTiMM—" "f.*"'." '" - -ùix£A&89£ Il generale Maurice Challe sull'auto ohe sta per entrare a «La Sante» (Tel.)