La morte di due scrittori popolari Giani Stuparich e Virgilio Brocchi

La morte di due scrittori popolari Giani Stuparich e Virgilio Brocchi La morte di due scrittori popolari Giani Stuparich e Virgilio Brocchi Il primo si è spento settantenne, dopo lunga malattia, nel Policlinico di Roma - Nato a Trieste ancora austriaca, irredentista e volontario di guerra, si meritò la medaglia d'oro - Con il fratello Carlo, l'amico Slataper, Svevo, Saba, appartenne a quel gruppo di scrittori triestini che rivelarono nella loro opera un alto impegno morale - Brocchi è mancato ieri a ottàntacinque anni nella sua villa di Nervi - Romanziere e novelliere, diede alle stampe un centinaio di opere Roma, 7 aprile. Giani Stuparich, l'illustre scrittore triestino che da alcuni giorni si trovava ricoverato alla clinica chirurgica del policlinico, è morto oggi poco prima delle 14. Le sue condizioni si erano andate progressivamente aggravando nella mattinata, allorché, a complicare la situazione di estrema debolezza cardiaca in cui versava, era sopravvenuto un principio di blocco intestinale. Al suo capezzale era accorso il prof. Valdoni, che lo aveva operato una quindicina di giorni fa. L'operazione era clinicamente riuscita, ma Valdoni e gli altri medici erano preoccupati per le precarie condizioni cardiocircolatorie dell'infermo. C'era stato qualche giorno dopo un leg- gerissimo miglioramento, ma si èra trattato di una fase'di breve durata. Ieri la situazione rimaneva stazionaria e so 10 durante la notte veniva av vertita una accentuazione dello stato generale di debolezza. Stuparich era ricoverato dal 14 marzo nella clinica chirurgica del policlinico e fino all'ultimo istante è stato assistito dalle figlie e dal genero 11 fatale collassò è sopraggiunto alle 13,30 'ed i medici hanno-invano praticato degli stimolanti al vecchio scrittore triestino. Giani Stuparich aveva compiuto tre giorni fa il suo 70° compleanno e aveva amaramente confermato con le- infermiere: < Quest'anno, purtroppo, sarà il mio ultimo anno >. In questi giorni era uscito anche il suo ultimo libro. Appena la notizia della morte di Stuparich si è diffusa negli ambienti letterari della capitale, una folla di amici e di estimatori sono cominciati ad affluire al policlinico, nella cui camera mortuaria è stata composta la salma dello scrit, tore, vestita di grigio e rico perta di fiori. I funerali si'svolgeranno domattina nella cappella dell'ospedale e una compagnia di granatieri renderà gli onori militari; quindi con un autofurgone la salma sarà fatta partire per Trieste, ove già sono giunte disposizioni-, dal ministro della Difesa perché solenni esequie siano rese alla salma della medaglia d'oro. A Trieste, oratore ufficiale è stato delegato la medaglia d'oro Guido Slataper, fratello dell'altro eroico irredentista Scipio Slataper. Giani Stuparich apparteneva a quel gruppo di scrittori trie/ stini che negli anni intorno alla prima guerra mondiale ha così fortemente caratterizzata la letteratura italiana di impegno morale. Nato il 4 aprile del 1891 da padre lusignano e da madre triestina, dopo gli studi medi frequentò l'università a Praga e a Firenze e qui si laureò nell'aprile del 1915 con una tesi su Machiavelli in Germania. Partì volontario in guerra nei granatieri di Sardegna e come il fratello Carlo (morto nel 1916) si portò con grande co raggio, si da meritare la medaglia d'oro per le azioni di Monfalcone, Oslavia e Monte Cengio. Tornato dopo la vittoria nel la sua città, divenne professore del liceo Dante Alighieri. Insegnò ininterrottamente dal 1919 al 1942, fino a che non fu comandato alla Sovrintendenza ai monumenti e alle gallerie di Trieste. La sua attività di scrittore ebbe inizio con due testimonianze, la prima con un ritratto di Scipio Slataper, la seconda dedicata alla memoria del fratello, di cui aveva già nel 1919 curato una antologia dì scritti, Cose e ombre di uno. Non erano pretesti sentimentali, ma atti di coscienza e In senso lato documenti autobiografici, in quanto l'esperienza degli anni di gioventù, il ricordo della preparazione spirituale all'incontro con l'Italia e infine il profondo stimolo morale resteranno sempre accesi e vivi nella sua professione di scrittore. E possiamo aggiungere anche che l'arte stessa dello Stuparich traeva da quella zona originaria la materia più autentica e la piena consacrazione dell'ispirazione. Colloqui con mio fratello (1925), Guerra del '15 e finalmente il grande romanzo del 1941 Ritorneranno, che, secondo una esatta sollecitazione critica del Pancrazi, va messo fra i bei racconti del Risorgimento, insieme al Lorenzo Benoni e alle Noterelle dell'Abbai ecco la vera linea della sua opera. Stuparich aveva lasciato passai* più di vent'anni dall'espe¬ scgnrSSpSadsrlvtpalqctliem à l é a . è a o a a a a e a ò . i e l i e rienza capitale della sua vita, prima di trasferire nella luce del romanzo la storia sua e di suo fratello e dei suoi amici. Il libro per il momento in cui veniva pubblicato, vale a dire al tempo di una nuova guerra, così diversa e in un certo senso cosi contraddittoria ed opposta alla prima, assumeva un significato particolare e per chi sapeva leggere tra le righe diventava come una piccola lezione di vita morale. Dal punto di vista strettamente letterario, Ritorneranno era la conferma di una vecchia impressione, secondo la quale Stuparich dava l'esatta misura delle sue possibilità quando la sua invenzione era controllata da preoccupazioni di carattere spirituale. Tutte le altre volte che egli pensava di potersi muovere liberamente, cedendo agli umori e ai ritorni della fantasia più segreta, appariva incompleto, fragile, troppo offerto alle domande precise del lettori. Era lo Stuparich sperimentale del Racconti e dell'altro grande romanzo di questo dopoguerra, Simone, dove per l'appunto metteva troppe cose, caricava eccessivamente -la sua relazione di significati più o meno sottili, più o meno accettabili. Caso mai, un posto a parte spetta al piccolo capolavoro dì scrittore puro, L'Isola, che rappresentò, sempre negli anni dell'ultima guerra, un avvenimento. Il lettore potrà trovare 11 meglio di questi suol lavori nel grosso volume che l'editore Einaudi ha messo in vendita in questi giorni, il Ritorno del padre. Dato che il volume contiene anche Guerra del '15 e L'Isola, gli sarà più facile stabilire dei rapporti e trovare la conferma delle nostre suggestioni. Con Giani Stuparich si chiude una straordinaria stagione della intelligenza triestina e forse possiamo aggiungere, della coscienza italiana. Scrittori come Giani e Carlo Stuparich, come Slataper e, se pure su un altro piano, come Svevo e Saba, hanno dato un accento alla nostra letteratura di invenzione morale che nessuno vorrà diminuire o trascurare. Nati In un ambiente allora estremamente vivo per le voci diversissime di altre culture, innamorati dell'Italia e portati da questo amore fino al limite del,.sacrificio.,, e dell'eroismo, hanno potuto dire qualcosa di nuovo, di più ricco, hanno insomma rappresentato una parte esemplare nelle vicende scomposte e spesso inutilmente tumultuose della letteratura degli anni fra il '10 e il '20. Chi è sopravvissuto al primo conflitto, è rimasto fedele a quei caratteri, a quel mondo (si veda dì Giani Stuparich il libro pubblicato nel 1948, Trieste nei miei ricordi) e non ha rinunciato ad innestare nel tronco della nostra letteratura una linfa particolare, di una ricchezza diversa ma non per questo meno utile. Da questo punto di vista, un romanzo come Simone, che non poteva essere compreso in Italia ed è rimasto un po' come un errore, sta a rappresentare tutta la parte di nuovi stimoli che quella letteratura triestina intendeva offrire. Più facile fu invece cogliere fino in fondo il richiamo intellettuale e spirituale della letteratura di testimonianza, perché la guerra del '15 ci aveva insegnato a leggere con altro occhio è a tenere nella memoria il discorso alto che quei giovani avevano saputo impostare e sostenere a prezzo della vita. A loro modo, sia pure con ingenuità, gli scrittori triestini sono stati i primi scrittori « impegnati », i primi a tener fede alle parole con l'azione. E il merito di Giani Stuparich è stato appunto quello di non tradire mai gli ideali della sua gioventù, anche quando il tempo sembrava mostrare la vanità, l'inutilità delle fatiche e dei sacrifici e portava a dubitare della stessa dignità umana. Carlo Bo lrps Giani Stuparich