Il gen. Nino Bixio di Carlo Casalegno

Il gen. Nino Bixio 1961: centenario dell'Unità d'Italia Il gen. Nino Bixio Soldato dì leggendario coraggio, venne definito l'Achille del nostro Risorgimento; Garibaldi afferma che nessuno lo superò in bravura - Ma l'indomabile combattente, l'avventuroso navigatore fu anche un politico moderato, un parlamentare autorevole ed un intelligente studioso dei problemi economici - La sua vita tempestosa porta i segni di una moralità mazziniana e di una dolente tenerezza familiare La Stampa ha rievocato prima i quattro grandi protagonisti del Risorgimento, poi i piemontesi che Blu hanno ?ontribuito all'Impresa nazionale di cent'anni or sono. Ora saranno ricordati alcuni dei politici e combattenti di altre regioni, che maggiormente operarono a fare l'Italia. Incominciamo la nuova serie di profili con un ligure Illustre e glorioso: Nino Bixio, Il «secondo dei Mille >, leggendario soldato presente In tutte le guerre dal '48 al '66, grande navigatore, nobile coscienza. Bello con le armi in pugno, iracondo e terribile, Nino Bixio fu definito l'Achille del Risorgimento. Alfonso La Marmora, tutt'altro che romantico e tenero con i volontari, lo paragona a Baiardo; Garibaldi afferma che « nessuno lo superò in bravura » ; i soldati borbonici sconfitti a Palermo ne parlano come di un diavolo invulnerabile, coperto di pelli d'orso. La leggenda lo trasfigura già in vita, ed avvolge di un velo di tremenda spietatezza il suo indomabile eroismo; la realtà è più nobile e splendida del mito. Durante l'assedio di Roma, a Porta San Pancrazio cattura, con un pugno di uomini, 350 francesi: a ca vallo si avventa sul comaridante, lo ghermisce alla gola, gli intima la resa e Tot tiene. Quando i Mille calano su Palermo, scongiura il ri schio mortale ' provocato dallo sbandamento dei « picciotti » ; trascina al galoppo i volontari per mezzo miglio di strada battuta dai cannoni, rincuora e costringe i dubbiosi, conquista il Ponte dell'Ammiragliato. A Porta Termini ha la sciabola spezzata, è ferito al petto; con le mani estrae ii proiettile dalle carni lacerate, raggiunge Garibaldi, e mentre sta cadendo gli chiede venti uomini per un nuovo'disperato assalto. E' ancora il primo a guidare l'attacco notturno contro Reggio Calabria : tenace, indomabile, spinge innanzi il cavallo, carica i borbonici a colpi di scudiscio, giunge sotto una intensa fucileria fin sotto il Duòmo. Nelle gole di Maddaloni, durante la battaglia del Volturno, si mette alla testa delle truppe che conducono l'azione decisiva e, volgendo in fuga il nemico, preparano la vittoria. Bixio non combatte soltanto da soldato coraggioso; si getta nella mischia con una furia rabbiosa, con un ardore disperato. Sembra che lo tormentino sempre un'impazienza, una smania invincibile di azione e di lotta. Due volte; nell'ansia di affrontare la battaglia, porta la sua nave ad incagliarsi sulla costa : a Marsala e nello sbarco in Cala bria; l'Abba dice ch'egli stava sul castello del Lombardo « a capo scoperto, scamiciato, iracondo come schiacciasse un nemico ». Era, stato un ragazzo tempestoso e indisciplinato; anche- nella maturità gli impeti d'ira lo spingono a paurose, dissennate violenze: « Vi sono momenti ch'io ardo di una bile che distruggerei il mondo; quando litorno in calma, provo orrore di me stesso ». Un destino di straordinarie avventure regge, pur quando ha deposto le armi; la sua tormentata esistenza: viaggi su mari remoti, naufragi, incontri con i pirati, dure navigazioni attraverso le calme tropicali e le tempeste del Pacifico, sino alla morte per colera nelle acque di Sumatra... Eppure quella « testa calda » era l'opposto di un capitano di ventura; il genovese Nino Bixio era un uomo concreto, equilibrato, moderato, con le migliori qualità della gente ligure. Ribelle sin dall'infanzia, non tollerava l'indisciplina nemmeno nelle formazioni irregolari; impulsivo e iroso, non perdonava l'improvvisazione e l'individualismo di troppi volontari. Cresciuto alla scuola della guerriglia, entrò nell'esercito per . dimostrarvi « la capacità di chi è venuto nella famiglia militare dal regno della rivoluzione » ; nella campagna del '66 comandò la sua di visione con tanta abilità, che il diffidente La Marmora lo disse « prode e avveduto » ed un altro vecchio generale piemontese, Morozzn della Rocca, ammirandone « la calma e la prudenza s, suggerì al re di nominarlo capo dello Stato Maggiore. Fu tra i primi garibaldini ad avvertire che l'impresa dei Mille aveva chiuso l'èra delle rivoluzioni, che occorreva ormai rafforzare l'unità e l'ordine del nuovo Stato e prepararlo alle conquiste civili. Distaccandosi — nmemPlvrlsCacpufgdmcsdtscclptbfadlrdprggnmltmal non senza un segreto tormento — dai vecchi maestri e compagni, lavorò assiduamente a quello scopo in Parlamento e sui giornali: la sinistra (ammoniva) deve « spronare, non scavalcare il governo ». Quando, nella prima Camera italiana, scoppiò l'urto violento fra Cavour e Garibaldi, con un abile discorso egli invocò la conciliazione ed evitò una più grave frattura : « Io ho una famiglia, e darei la mia famiglia, la mia persona, il giorno che vedessi questi due uomini stringersi la mano ». Con quel caratteraccio, e con le lacune culturali che i suoi rabbiosi sforzi di autodidatta non avevano colmato, era un parlamentare assiduo e autorevole, tanto da conquistar persino quella cattiva lingua di Petruccelli della Gattina : « La sua parola sgorga dal cuore erta, pittoresca, scintillante dibuon senso, piena sempre di fatti, generosa; e sovente anche improntata di spirito di conciliazione... Bixio parla sempre con grande autorità sulle cose di marina e di guerra; lo si ascolta sempre con simpatia e- interesse ». Con una passione appoggiata su solidi studi e larghe inchieste, per dieci anni propose lo sviluppo della marina militare e mercantile, il miglioramento dei porti, la riforma dell'insegnamento nautico, l'appoggio all'industria pesante ed alle linee transoceaniche. Era convinto che l'Italia dovesse risorgere sui mari, e che la apertura del Canale di Suez notesse ricondurre il nostro naese al centro degli scam-. bi internazionali; non -ammetteva che le inesorabili preoccupazioni di bilancio od una certa grettezza del capitalismo italiano frenassero questo slancio. Quando vide inutile la battaglia parlamentare, riprese il mare e tentò di aprire con la sua nave le vie dell'Australia e dell'Indocina al commercio italiano. Morì a mezzo del primo viaggio, di appena 52 anni, mentre si avvicinava il Natale del 1873. Conosceva quelle rotte remote sin dalla giovinezza; le aveva esplorate non per romantico amore d'avventura, ma con un lucido spirito mercantile ed insieme con un'ansia di libertà. C'era In lui « il desiderio di un mondo vergine, fuori del vecchiume putrescente di tante cose italiane»; l'Australia (di cui intuisce il futuro sviluppo) gli strappa grida d'ammirazione per lo spettacolo di un popolo libero «dove le leggi sono l'espressione vera dei bisogni della nazione, da tutti rispettate e fatte rispettare ». Ma c'era anche il desiderio di provvedere al benessere dei suoi, così sacrificati sempre dalla sqa vita tumultuosa ; e se la morte gli parve crudele ed amara, fu perché lo colpì mentre sperava di dare finalmente alla famiglia la agiatezza sognata da tanto tempo. « Ho lasciato — scrive nell'ultima lettera — l'esercito che amavo e posso dire che avevo lasciato anche l'Italia che pure amo tanto, ma mi parve che come padre e marito mi dovevo a te ed ai miei figli. Ho fatto tutto quanto potevo nell'intendimento unico di collocare le mie bimbe in modo conveniente, e dare ai miei due ragazzi una buona educazione; ma la vita mi manca, non mi rimane che sperare che la patria mia, che ho servito con amore, e il mio re Vittorio Emanuele, che ho servito ed amato come un buon re, non dimenticheranno la mia famiglia... ». Questo congedo tenero, desolato ci dà forse l'immagine più segreta e vera di Nino Bixio. L'uomo aspro e veemente, il guerriero leggendario, soffrì sempre di una sete insoddisfatta della dolce vita familiare. Era stato un ragazzo ribelle perché infelice, senza la madre e con troppi fratelli; un adolescente costretto a maturare nella solitudine e nella fatica, alla dura scuola dei mozzi. Ebbe un'unica passione, la bella e gentile Adelaide, che con sacrifici tormentosi strappò ad una famiglia di accesi spiriti clericali; ma le guerre ed il mare lo tennero troppo lon¬ tano dalla moglie, dai figli che amava con struggente desiderio". « Tu dalla tua finestra — scriveva dall'Oriente alla sua piccola Beppa — discorri col pensiero mesto colla tua stella e mi mandi per essa un saluto affettuoso ben lontano; io faccio lo stesso; e il nostro linguaggio dell'anima è chiaro ed affettuoso, cosi che una lacrima del padre e della figlia, lontani tanto e tanto, bagna le nostre pupille ». La malinconia, l'inappagato desiderio d'affetto, il pianto accompagnavano le imprese generose dell'eroe. Lo amiamo di più così. Conoscendo quanti tormenti gli costassero l'ardore di battersi per il suo paese, lo sdegno di ogni dubbio e di ogni viltà, l'intransigente moralità mazziniana, ci sembra povera' e rettorica la spavalda immagine dannunziana del « grifagno Bixio ». Carlo Casalegno