Fenaroli non si arrende di Nicola Adelfi

Fenaroli non si arrende Fenaroli non si arrende <Wo«ro ter villo particolare) ■ Roma, 20 marzo. E' di scena Raoul Ghiani; I testimoni vengono interrogati in merito ai gioielli della Martirano ritrovati nella camera oscura della « Vembi », gli avvocati fanno lunghi e cavillosi interventi su circostanze che sembrano rilevanti: ma poi, gira e rigira, ecco che è Fenaroli a saltare su, eccolo riuscire ad accantonare tutti, a restare ■ui, solo, alia ribalta. L'odierno ritorno di Fenaroli sul pretorio è avvenuto a proposito di uno scambio di lettere che egli ha avuto con l'amico Eschilo Brielli e che la direzione del carcere romano aveva sequestrato e trasmesso alla Corte d'Assise. Sono lettere che in diversi punti contengono allusioni sibilline, e l'accusa ha forse per un momento sperato di trovare fra quelle righe di significato incerto chi sa quali indizi di colpevolezza. Ma poi si è messo a discorrere il Fenaroli e con la sua parlantina, senza mai un intoppo o una esitazione, ha cercato di dimostrare che le lettere sequestrate, anziché accusarlo, parlano a suo favore. Accenniamo anzitutto al tenore generale di quelle lettere dal carcere. In esse Giovanni Fenaroli ci appare scontento di come va il processo e molto amareggiato per la maniera com'è assistito, specialmente dagli amici.-Il suo malumore è diretto soprattutto contro quell'avvocato Alcibiade Basili, che era il consulente legale della sua impresa, dei suoi affari privati e l'amico fraterno. A dire di Fenaroli, l'avvocato Basili, quando fu chiamato a deporre, omise di riferire ai giurati alcuni elementi che lui giudica molto importanti. Uno di essi riguarda la validità della polizza di assicurazione per 150 milioni sulla vita di Maria Martirano. Fenaroli ha detto oggi che, dopo la morte della moglie, egli parlò con l'avvocato Basili e sostenne che la polizza non copriva il rischio dell'omicidio e della, rapina. II suo legale non era dello stesso avviso e fece esaminare le clausole della polizza da un esperto. Risultò che i 150 milioni potevano essere riscossi. In seguito l'avvocato gli diede il consiglio di non far sapere in giro quella storia dell'assicurazione per evitare noie da parte della polizia. Di comune accordo, decisero di affidare la polizza al Sacchi dicendogli di portarla a Milano e di metterla nello studio del Fenaroli. Pur senza dirlo esplicitamente, questa è la conclusione a cui è arrivato il Fenaroli: che il Sacchi abbia taciuto su questo punto, è naturale ; quell'individuo ha giurato di mandarmi all'ergastolo perché sa .che, se riacquisto la libertà, dovrà rendermi conto dei furti e delle truffe che commise nella mia azienda. Ma perché mai Alcibiade Basili, un av vocato e per di più il mio amico ■più affezionato, ha ta ciuto anche lui? Il punto è effettivamente importante se fosse possibile accertare che il Fenaroli dice la veri tà, cadrebbe di colpo la causale attribuita al delitto di via Monaci: i 150 milioni della polizza. Un altro motivo di ama rezza che il Fenaroli ha con fidato a una lettera, e 3pie gato oggi ai giurati, riguar da la famosa passeggiata in compagnia di Sacchi nel cor so della quale avrebbe cer càto un sollievo ai suoi affanni facendo al Sacchi una confessione generale sui preparativi e sul modo come fu uccisa Maria Martirano, La passeggiata, secondo Egidio Sacchi, sarebbe avvenuta da via Ravenna, dov'era l'ufficio del Fenaroli, a via Monaci, dov'era l'abitazione. Ha detto l'imputato: « E' molto difficile, direi anzi ch'è quasi impossibile che io mi sia trovato da solo col Sacchi all'ora dell'uscita dall'ufficio. In queila passeggiata mi accompagnava sempre l'amico Eschilo Brielli e poi saliva su a casa mia a prendere l'aperitivo ». « E' vero, è proprio cosi », ha precisato di lì a poco lo stesso Brielli. « Il Sacchi, dopo la chiusura dell'ufficio, saliva sulla macchina o su un tram e prendeva la via di casa sua. Non l'ho visto mai accompagnarsi al Fenaroli da via Ravenna a via Monaci ». Sono due punti, come si diceva, importanti: la polizza di assicurazione e la passeggiata con la confessione. Va detto però, per amore dell'esattezza, che il Brielli, come risulta dalle lettere sequestrate, ha motivi molto seri per apparire agli occhi del Fenaroli come un amico più che fidato. In una lettera si raccomanda per l'appunto alla benevolenza dell'imputato con queste parole: « Passano i giorni e la mia personale catastrofe si avvicina». È' una lunga storia di denaro che il Fenaroli potrebbe 'risolvere vantaggiosamente per il Brielli rivolgendosi al ricco fratello Giuseppe. " Come si vede, Fenaroli non si arrende, capisce che il processo va male, se ne lamenta, critica i suoi difensori, sembra depresso: e tuttavia resta lucido, coglie ogni minimo pretesto per avanzare fin sul pretorio e mettersi a disquisire con buona logica. E' stanco, il suo profilo fenicio appare meno acuto e anzi come velato da un senso di sconforto, ma il lottatore è sempre là, con gli orecchi appuntati, pronto a difendersi e anche a offendere. Ora, attraverso i suoi avvocati, rivuole Egidio Sacchi nell'aula. Se si riesce a dimostrare che Sacchi è «un bugiardo, un menzognero, un calunniatore », come lo ha definito oggi Carnelutti, tutte le sue deposizioni diventano sospette; vacilla allora l'impalcatura che regge la sentenza istruttoria, tutto il processo può avere un corso diverso. In attesa che la Corte decida se Sacchi debba oppure no essere interrogato nuovamente, ritorniamo a quel Ghiani che l'intervento imprevisto di Fenaroli ha allontanato provvisoriamente dalla scena. Il teste Aldo Dusi, già suo compagno di lavoro alla « Vembi ». ha ripetuto all'incirca quello che disse al giudice istruttore sul modo del tutto casuale come venne a trovarsi fra le mani i gioielli della Martirano, ma ha precisato un paio di circostanze che hanno reso peggiore, seppure questo è ancora possibile, la situazione del Ghiani. Prima di tutto il Dusi ha descritto le precauzioni che furono prese da chi occultò i gioielli per evitare che fossero mai scoperti: uno stanzino oscuro dove a pochi era permesso entrare, una lattina con acidi che non venivano più adoperati e sigillata con nastro adesivo, e un doppio fondo preparato inserendo un cartoncino fra i gioielli e i sacchetti dell'acido in polvere. C'è poi la visita che fece Luciano Ghiani, il fratello di Raoul, alla carriera oscura della « Vembi ». Vi andò! con l'aw. Franz Sarno, dicendo di voler prendere uno| spezzone di fotografie pornografiche che apparteneva] al fratello e che avrebbe potuto compromettere la sua| reputazione nel caso che fosse stato trovato dalla polizia. L'accusa invece sospetta che la visita di Luciano Ghiani alla «Vembi» sia avvenuta con ben altro fine: i] gioielli dèlia Martirano. Se non ci saranno novità domani verrà sentito Bernardo Ferraresi, l'impiegato che afferma con tranquilla certezza di aver viaggiato con Raoul Ghiani, -la notte successiva al delitto, sul treno fra Roma e Milano. Si prevede un'udienza piena di emozioni per il confronto diretto fra Ghiani e il suo principale accusatore; e di certo frequenti, impetuosissimi, saranno gli interventi degli avvocati difensori. Nicola Adelfi Fenaroli In piedi nell'emiciclo durante II confronto oon II teste Brielli (Telefoto)

Luoghi citati: Martirano, Milano, Roma