Liberali e socialisti di Luigi Salvatorelli

Liberali e socialisti Liberali e socialisti Nella recente relazione dell'on. Malagodi al Consiglio nazionale del Pli, è stata piuttosto trascurata (si direbbe quasi non presa molto sul serio) la parte « avveniristica », indicante l'aspirazione del detto partito ad assumere una parte primaria nella vita politica italiana, come portatore di una alternativa De più Pli, da contrapporre a quella De più partiti di sinistra laica. E' stato bensì osservato — e l'osservazione era ovvia — il contrasto fra questa prospettiva e l'altra dello stesso Malagodi, per una trasformazione completa dell'attuale governo di convergenza in una vera e propria coalizione, e cioè per un ritorno al vecchio quadripartito di buona memoria. Io penso che un po' più di esame approfondito di codeste prospettive malagodiane non sarebbe inutile. E che il punto di partenza per un tale esame dovrebbe essere l'appello rivolto al Pdi (che proprio ora tiene il suo congresso nazionale) per una rettili ca di condotta, consistente nell'allontanamento dal Msi e nell'avvicinamento al Pli per una collaborazione parlamentare. Un appello simile lascia (perplessi gli osservatori imparziali della situazione politica italiana. Dopo la formula del « centrismo di riamico », lanciata da Ma lagodi per le elezioni amministrative — formula che mi guardo bene dal considerare come un semplice « specchietto per le allodole » — io mi sarei aspettato, nei riguardi della relazione fra Pli e Pdi, che Malagodi, trascurando il vertice — di non sicura identificazione — di questo secondo partito, si rivolgesse alla base, e cioè, che egli mostrasse agli elettori del Pdi come le loro supposte preoccupazioni e aspirazioni per la tutela della saldezza statale e nazionale, per il riconoscimento e mantenimento della tradizione politica nazionale, dai plebisciti ad oggi, possano essere appagate molto meglio dal Pli, custode storico di quella tradizione, che non da un conglomerato eterogeneo, incerto fra lealismo costituzionale e sovversivismo legittimistico, fra personalismo alto-capitalistico e regionalismo di « sottosviluppati ». A Malagodi, invece, è piaciuto di parlare del Pdi come di un partito che ha fin da oggi una ragion d'essere, una funzione importante da, compiere; come di un possibile socio in una specie di cartello, che do vrebbe poi premere, concorde, sulla democrazia cristiana. Prendiamo atto che Ma lagodi riconosce, almeno implicitamente, la scarsa, o anzi problematica costituzionalità del Pdi attuale; e, riconoscendo ciò, ritiene ne cessaria, e possibile, una correzione ■'.ella linea politica di esso partito. Il pri mo punto giustifica l'esclusiva data al Pdi da repub blicani e socialdemocratici. In quanto al secondo puri to, ammettiamo pure che un simile allargamento del l'area democratica a destra rappresenti un vantaggio per il paese. Ma, una volta ammesso ciò, ne risulterà un motivo di più in favore di quanti si pronunciano e si adoperano a favore di un allargamento simile a sinistra: nonché una obbiezione di più al tenace, radicale, pregiudiziale antisocialismo del segretario nazionale del partito liberale. Malagodi ammette, a fior di labbra, l'utilità nazionale di questo secondo allargamento, ma parla della sua possibilità in termini tali da mostrare che egli non ci crede, e non lo vuole; e di fatto, agisce, per suo conto, in modo tale da ostacolare lo svolgimento in tal senso. La costituzionalità democratica attuale del Pdi è anche a detta di Malagodi, molto dubbia; per lo meno, altrettanto dubbia quanto quella del Psi (personal ménte, io direi di più). Ciò nonostante, Malagodi vagheggia fin d'ora accordi con esso, disposto evidentemente a contentarsi di un allontanamento di fatto del Pdi dal Msi. E allora, perché tanto baccano contro combinazioni locali ammini strative col Psi degli altri tre partiti convergenti? Si torna sempre al punto stesso: in questa opposizioli* antisocialista intransi- qvssisbntmplmmc uiFtvimaqctaslcvStètgpsfgente, e da parte di certi seguaci dell'on. Malagodi addirittura furiosa, c'è qualche cosa al fondo diversa da quella che si mostra, anzi si ostenta, alla superficie. E ciò non vale soltanto por Malagodi e per il Pli, ma anche per altre, e diverse, sfere. * * Nell'imminenza del congresso del partito socialista nenniano, è urgente avvertire' che l'ostacolo principale, per la desiderabile democratizzazione definitiva del partito, non è tanto l'imperfetta autonomia in azione rispetto al partito comunista, quanto la persistenza dello spirito massimalistico e quindi del mito della unità politica dei lavoratori. Questa persistenza è la causa di quella imperfetta autonomia, e non viceversa. Eliminata la causa, sarebbero eliminati gli effetti: la insistenza dommatica nella 'collaborazione amministrativa, sin' dacale, e non raramente an che politica, col Pei; la po sizione di neutralità morale nel conflitto internazionale fra democrazie libere e dit tatura comunistica; il rifiuto a riconoscere che, quando si è per il regime di democrazia libera, per oggi, domani e sempre, non si può contemporaneamente rimanere accanto a chi vede la perfezione nel rifiuto finale di quella libertà; ma .necessariamente occorre stargli di fronte, cioè contro, civilmente, libera mente, ma pur sempre contro. Il partito socialista ita liano ha bisogno di assimilare integralmente il concetto e la pratica delle libere democrazie nazionali, e della loro conseguente, organica, associazione mondiale. E' il mito di Mazzini che oggi sormonta su quello di Marx, il quale necessariamente .prevalse sul priihò " finché i lavoratori — i proletari!— rimasero fuori della società nazionale. Attendendo codesta assi-I nutazione completa — che! un giorno o l'altro si avrà in Italia come si è avuta in Francia, Germania, Inghilterra, Benelux, Scandinavia —, non si vede perché i partiti integralmente democratici non dovrebbero accettare i concorsi del Psi, quando questi li dà senza corrispettivi antidemocratici. In quei casi, il Psi non aiuta i comunisti, ma si distacca da loro per aiutare la democrazia. Siamo sicuri che questo avrà fatto rilevare l'on. Moro al Cardinal Siri, rispondendo alla lettera di lui, che del resto — è giusto riconoscerlo — si teneva sul piano del consiglio e dell'esortazione (sia pure pressanti), e non già su quello del comando. Luigi Salvatorelli

Luoghi citati: Francia, Germania, Inghilterra, Italia