Dolentissime note

Dolentissime note TEATRI E PUBBLICI Dolentissime note Sconsolanti notizie sulla gestione della Fenice di Venezia - Cinquecento spettatori nelle serate più fortunate Per un obiettivo discorso sulle condizioni, anzi relazioni attuali del pubblico e del teatro di musica in Italia, per un discorso che proceda con dati e informazioni sicure e non da superficiale interessamento e da casuali simpatie o antipatie, ecco alcune notizie recentissime della gestione della Fenice di Venezia, fornite al pubblico da.1 soprintendente dottor Floris Ammannati, (direttore artistico è il maestro Mario Labroca) e stampate qualche giorno fa nel Gazzettino. «Nel primo periodo della stagione in corso, le serate più fortunate, inclusa l'inaugurale, hanno visto alla Fenice poco più di cinquecenv to presenze, altre ne hanno registrato tre o quattrocento; il bilancio non è migliore ber le diurne. Unica eccezione: un concerto di Benedetti. Michelangeli, che ha portato il borderò alla quota di oltre millequattrocento presenze, vale a dire all'esaurito. La partecipazione dell'australiana Joan Sutherland alla Lucia di Lammermoor è valsa a migliorare alquanto le deprimenti cifre, e in guisa analoga dovrà agire la presenza del tenore Di Stefano nella Bohème; ma gli aspetti culturali dt altre opere in programma, (Malipiero, Ghedini e il secentista Cavalli), non offrono buone prospettive di cassetta « Incluso 11 Festival musicale della Biennale, la Fenice totalizza annualmente dalld Stato, dal Comune di Venezia e da altri enti minori, sovvenzioni per oltre mezzo miliardo, mentre il gettito di botteghino non ricopre nemmeno il 10 per cento delle spese v Oltre le opere ora citate la Fenice, rappresenta II Trovatore, Eugenio Oneghin di Ciaikovskl, Lucrezia, nel venticinquennio della morte di Ottorino Respighi, ed Elettra di Strauss, tutte opere insighl e nobilissime. , E qui si porrebbe la ripetuta domanda: Perché il pubblico diserta quel bel teatro? * * Poiché In questa triste cronaca è venuto il nome del Respighi, caramente si ricorda qualche episodio della sua attività, che merita onoranze di saggi critici e di esecuzioni, e certamente ne avrà. In un raro libriccino di Raffaello De Rensis si rileggono volentieri aneddoti e vicende dell'età giovanile. A nove anni, nel 1888, si avvicinò al pianoforte e imbracciò il violino. E questo lstrumento poi predilesse, tanto da iscriversi alla classe del Sarti nel Liceo musicale della nativa Bologna, e da conseguire un diploma onorevolissimo Cercare nel ricco archivio del Liceo gli antichi scrittori o copiare le partiture di Weber, di Beethoven, di Wagner, o radunare nella sua casa strumentisti imberbi e concertarli, erano pratiche gioiose, che occupavano l'intiera giornata. Die un saggio del suo sapere con le Variazioni sinfoniche; e Marlucci dichiarò: < Non è un allievo, è già un maestro >. Cominciò presto a viaggiare, a frequentare stranieri. A Pietroburgo andò come primo violista nel Teatro dei Conservatòri. Conobbe Rimski Korsakoff, gli presentò alcuni lavori, ne ebbe accoglienze simpatiche e incoraggianti; cinque mesi di studio. Al ritorno da Mosca ottenne nel 1801 il diploma con il Preludio, corale e fuga icomposto e strumentato co- |la. Da Bologna riparti per la Germania, dove il nome di Max Bruch Io attraeva. Vi restò qualche mese, ma dal maestro tedesco ebbe soltanto una decina di lezioni. Più si sentiva vicino a Rimskì Korsakoff e ne divenne discepolo. Per primo il Bongiovanni bolognese cominciò a stampare alcuni suol pezzi per violino o per plano o per canto e piano. Magro ne era 11 compenso: qualche moneta o un libro di musica. A Berlino furono pregiate le sue elaborazioni di Monteverdi, di Tartini, di Vitali, di Bach. E più gli si accese l'amore allo studio degli antichi che Torchi e Chilesnttl avevano Jj! ' destato. Seguirono le trascrizioni di nove Sonate per violino e pianoforte di Locatelli, Tartini, Valentin!. Vcracini. Vivaldi e Porpora. Ritornato a Bologna, tentò il teatro, con Semirama, (la terza sua opera poiché aveva già composto Rk Enzo e Al molino), e il concerto con Aretusa, poemetto per canto ed orchestra, nel 1911, ottenendo consensi. Due anni dopo vinceva 11 concorso aila cattedra di composizione nel Liceo Santa Cecilia, succedendo al Falchi; sistemò gli ordinamenti scolastici, prescrisse studli più moderni, esercitò una fervida influenza sulla vita culturale romana, della quale PAugusteo era un elemento sostanziale. Elevato il tono dell'insegnamento della composizione, divenne nel 1923 direttore del Conservatorio. Tenne quell'officio fino al '25. Era già noto ovunque, grazie alle Fontane di Roma, 1917, e I pini di Roma, '24.