«Sacchi mente: non gli ho mai fatto confessioni in mezzo alla strada»

«Sacchi mente: non gli ho mai fatto confessioni in mezzo alla strada» «Sacchi mente: non gli ho mai fatto confessioni in mezzo alla strada» Così il geometra ha chiuso la sua autodifesa - Il processo rinviato a domani per le contestazioni e o e (Dal nostro inviato speciale) Roma, 13 febbraio. Nell'udienza di oggi Giovanni Fenaroli ha tessuto un elogio alla memoria di sua moglie, ha ricordato i fatti del 10 settembre, il giorno del delitto, affermando l'impossibilità materiale, da parte sua, di provvedere al trasporto (fi Raoul Ghiani da Milano alla Malpensa ed infine ha lanciato nuovi sospetti in direzione della famiglia Martirano. « Secondo me — lia detto — se si vuol trovare il colpevole non si esce dall'ambito di quella famiglia ». Il ritratto di sua moglie, glielo ha chiesto, all'inizio dell'udienza, lo stesso presidente della Corte, Nicolò La Bua. Era parso, infatti, un atteggiamento assai contraddittorio quello del geometra di Airuno; da un lato aveva nei giorni scorsi dipinto la moglie come « un peperino », che egli per ventisei anni aveva dovuto sopportare, sovente in preda a crisi furibonde d'isterismo, di gelosia, di terrore; dall'altro ne aveva celebrato la generosità con espressioni magari grossolane, ma certo sincere: « Aveva il cuore più grosso dello stomaco!». In realtà non,si era potuto capire quale fosse lo stato d'animo di Giovanni Fenaroli verso la povera donna: l'aveva amata oppure non aveva veduto l'ora di disfarsene? Fenaroli, oggi, con più r.a vatteria che nelle tre udienze passate da quando ha incominciato il suo racconto, ha voluto mettere le cose in chiaro. Presidente — Nella sua espo sizione non ci ha detto con chiarezza quali erano i rapporti con sua moglie, se aveva motivi di risentimento o qualche altra cosa contro la signora. Lei mi capisce, non è vero ? Fenaroli — La capisco benissimo e le spiego subito: erano rapporti normali, veramente affettivi, mi creda. Per un complesso di circostanze. Questi rapporti si erano trasformati in rapporti familiari, affettivi come... fratello e sorella. Mia moglie aveva verso di me degli istinti veramente materni. Ad esempio, un mio mal di gola si trasformava per lei in una vera tragedia. D'altra parte era un vero sollievo per me quando la vedevo tranquille, serena, soddisfatta, quando non aveva le sue crisi. Allora la casa diventava per me veramente una oast di tranquillità. Le abitudini di mia moglie erano quelle di una donna attaccata alla casa. Le piaceva una casa bella, ordinata, pulita. Quando andai in Turchia, per certi lavori che avevo laggiù, rientravo sempre il sabato per passare ia domenica con mia moglie. Io mi comportavo sempre in un modo che mia moglie commentava spesso con i conoscenti: « Se io avessi bisogno di latte di gallina, Giovanni me lo porterebbe di certo ». Quando ero di cattivo umore mia moglie si scagliava sempre "■ontro la persona che ne era stata direttamente o indirettamente la causa. Qualcuno mi ■liudicava di carattere debole ma mia moglie sapeva benissimo, con la sua sensibilità, che in verità non si trattava di de- ammmvmbolezza ma di vero profondo affetto. i e e Presidente — Si trattava di affetto. E poit Fenaroli — Se qualcuno in mia assenza faceva dei commenti sfavorevoli su di me, mia moglie era sempre il mio avvocato difensore Tutte le persone di servizio possono testimoniare quanto adesso sto dicendo. E anche conoscenti, tutti gli amici, tutti coloro, insomma, che hanno avuto occasione di avvicinarci... Presidente — Abbiamo capito. Insomma, lei non ebbe mail a dolersi del comportamento della sua signora? Fenaroli'— Dal lato affettivo certo no. Ma, signor presidente, quando Maria aveva quegli accessi, quelle crisi, erano, mi creda, momenti che avrebbero sfibrato qualsiasi persona » Giovanni Fenaroli, insomma, vuol dimostrare che soltanto nei momenti più laceranti della vita coniugale, probabilmente in coincidenza con i periodi in cui si acutizzavano le sofferenze fisiche di Maria Martirano (e Fenaroli ha infilato qui un'altra serie di medici e professori che l'hanno avuta in cura dai {ontani anni delio sfollamento fino agli ultimi mesi), la povera donna diede al marito occasione di litigio. Ma, cosi discorrendo d'un tema che pare gli vada molto, a genio, l'imputato a un certo punto introduce un episodio singolare: una dozzina d'anni fa, trovandosi a Nervi in villeggiatura, sua moglie fece una piuttosto pericolosa amicizia, la quale l'avrebbe introdotta all'uso delle bevande alcooliche e forse anche ad altri vizi. Fenaroli — Io adesso ho un sospetto, un sospetto fondato che espongo a lei, signor presidente. Mia moglie in albergo aveva fatto amicizia con una certa signora Remonda, e con suo marito. Questa signora veniva molto controllata dal marito perché dedita agli stupefacenti, morfina, eccetera. La signora Remonda aveva un carattere duro, imponeva la sua volontà a tutti e credo anche avesse dei precedenti penali. Presidente — Continui. Fenaroli — Nel- frattempo mia moglie dava segni di maggiore eccitabilità e di minore autocontrollo. Era diventata impossibile. In albergo le scenate erano frequenti. Mia moglie finiva'per disturbare anche gli altri clienti. Finì che Fenaroli dovette riportarsi a casa la moglie, per sottrarla a questa Remonda il cui potere malefico di suggestione è stato dall'imputato lasciato il in sospeso, come un'ipotesi incredibile, da lui stesso respinta, ma non impossibile c Quando il dott. Macera, della " Squadra omicidi ", mi domandò se mia moglie avesse abitudini anormali, lo esclusi, e lo escludo anche oggi. Posso esserne sicuro » (Come sappiamo, però, fu trovato un capello di donna sul corpo dell'uccisa, e l'episodio di Nervi pare ripescato non a caso dall'imputato: perché dovrebbe, proprio lui, escludere l'ipotesi d'un delitto commesso da una donna, in preda ad insane complicazioni dell'istinto femminile? L'imputato non si è addentrato più di così sul ter- o reno di quest'ipotesi, ma ia po llieia giudiziaria, nel tempo del¬ lasrpel o o o a e è - ¬ le prime indagini, si soffermò abbastanza lungamente a considerare la questione). Giovanni Fenaroli prosegue; respinge l'idea che sua mog'le potesse avere una relazione extra coniugale; conferma che la vita di Maria Martirano, come moglie, fu irreprensibile; annuncia di avere, in un primo tempo, negato ai difensori l'autorizzazione a citare, a suo discarico, la testimonianza di un giardiniere della sua villa di Airuno, Carlo Mauri, il quale sembra abbia qualche cosa da dire sull'onorabilità di sua moglie. « Quando verrà questo testimone — dice il geometra — mi riservo di fargli qualche domanda- La memoria di mia moglie non può essere infangata da alcuna lordura ». P. M. — Ma non ci disse l'imputato di aver saputo anche prima del matrimonio che sua moglie non era una santa t Fenaroii — Sapevo che aveva avuto delle relazioni, una ne aveva, anzi, con un signore di Pavia, non so il nome, quando 10 le proposi di sposarmi. Le procurai un appartamento vicino a Lambrate e per mia moglie incominciò una nuova vita. Non ho mai saputo né sospettato che avesse quel passato che le indagini della polizia hanno messo in luce. E vero che un ufficiale dei carabinieri, all'epoca delle nozze, aveva informato mio fratello che Maria e sua sorella avevano esercitato... Interpellai mia moglie- Fu un momento drammatico. Mi giurò che non era vero, disse che era sua so rella Anna in quelle condizioni e che doveva esserci un equivoco tra i nomi delle due so relle. Giovanni Fenaroli, a questo punto, chiede al presidente di sospendere l'interrogatorio perché la lunga rievocazione lo ha stancato e commosso. Fenaroli, sia pure con l'aria di recitare il panegirif- Ài Maria Martirano, ha fatto ondeggiare, dietro la persona di sua moglie, una folla di oscuri fantasmi. Perché mai — sembra sia questo l'interrogativo che emerge dall'amara narrazione — perché mai non potrebbero essere uscite dall'ombra di quel passato le due terribili mani che la strangolarono t Prima che l'udienza sia sospesa il Presidente rivolge a Fenaroli un'improvvisa domanda: < Lei conosce -l signor Fernando Bormantit Ha mai udito questo nome?>. Giovanni Fenaroli cade dalle nuvole. 11 Presidente spiega-, « Ho ricevuto una lettera, indirizzata a me, firmata, da cui parrebbe che questo Bormanti... Pare che sia nativo di Ascoli ». Ma Giovanni Fenaroli conferma di essere totalmente all'oscuro. I difensori dai loro lanchi an nunciano che questo messaggio è arrivato anche a lorof ma che non gli attribuiscono un grande valore. < Assumendo la piena responsabilità di quanto dico — è scritto nella lettera — indico il nome dell'uomo che ha la chiave del delitto Martirano. Ritengo che solo se quest'ultimo sporgerà denuncia e se il suo nome verrà fatto pubblicamente la polizia sarà costretta a muoversi. L'uomo si chiama Ferdinando Bormanti, è nato ad Ascoli il SS novembre 1901 da Arturo e da Acp1luscidgslsl<tlsrcsa r i . a e e a i I a n a o a e e o à o a Amalia Lauretti, si è sposato con Mafalda 'GiocobelH. Il suo primo atto delittuoso risale al 1' novembre 19SS, l'ultimo al luglio scorso ». La lettera, evidentemente, è una beffa in chiave politica: sotto il nome di Bormanti son celati, in forma d'unagramma, il nome p le geni :lità esatte dell'ex-presidente del Consiglio Tambroni, il quale, ministro dell'Interno all'epoca dell'arresto degli attuali imputati, si rallegrò telegraficamente con la polizia per la cattura dei < responsabili ». Le allusioni a taluni, episodi del passato politico dell'uomo in questione sono pure abbastanza trasparenti. La lettera è firmata c Vincenzo Barbaro », ma pare sia, questa volta, d'un'altra persona, interessata come lui a burlarsi della Giustizia. Il singolare episodio, dopo i chiarimenti dei difensori, viene sollecitamente accantonato, senza che della lettera sia data pub blica lettura. Alla ripresa, pe rò, si ritorna a parlare di altre lettere che la Corte ha ricevuto in questi giorni. In una di queste, un detenu-l to nelle carceri di Genova, An-\ tonio Spina, dice di essere lui il viaggiatore che prese posto, con il nome di Luigi Rossi, nel famoso apparecchio che volò dalla Malpensa a Roma la sera del delitto. Tale circostanza dovrebbe essere confermata da certo signor Giancarlo Fioroni, abitante a Roma in piazzale Prenestino. Questo, uno steward delle linee aeree, risulta deceduto da qualche tempo. Lo Spina è effettivamente in carcere a Genova, ha 38 anni, è nativo di Catania, ed è in attesa di giudizio per falso, truffa, assegni a vuoto e sostituzione di persona. La lettera nasconde nuovi scherzi t II presidente si riserva di esaminare i fatti, il P.M. di indagare, e ri cede quindi nuovamer'- .a parola a Giovanni Few , perché prosegua il suo . acconto: siamo arrivati ai fatali giorni del delitto. Fenaroli — Le mie tre telefo nate del 7 settembre da Roma a casa degli Inzolia, a Milano, si spiegano perché dovevo pre gare Carlo d'una cortesia, cioè di occuparsi di una cambiale d'un milione che mi scadeva proprio quel giorno. L'indomani, arrivato a Milano all'ora consueta, chiamai Roma per avvertire che sarei ritornato in aereo lo stesso pomeriggio, a riprendermi certe carte che avevo dimenticato. Passato il mezzogiorno, uscii con Egidio Sacchi per andare al ristorante insieme; forse dopo pranzo andammo all'agenzia dell'i. Alitali» » per prenotare il viaggio che avevo in animo di compiere la sera; ritornai ir ujflìcio, e, dopo il solito pisolino, chiamai Roma per ragioni d'affari. All'apparecchio vi era mio cognato Luigi. Mia moglie, mi annunciò, era atterrita: nella notte qualcuno aveva tentato di penetrare in casa. Lo rimproverai perché non mi aveva dato notizia prima, io avvertii che sarei arrivato la sera stessa a Roma anche per tranquillizzare Maria Nell'ascoltare la descrizione che egli mi ecrndtlgrttlmsgGvlsdinccptdlsisvfaceva dello spavento di miamoglie, e dei provvedimenti disposti per sostituire la serratura, esclamai la frase che Sacchi mi atribuisce: "Non l \ r , e l o e o , o i a o a i i esageriamo! ". Intendevo dire che, anche cambiando la serratura, non si sarebbe risolto nulla >. Fenaroli, a questo punto, si diffonde a parlare del suo ritorno' in aereo a Roma, e delle varie versioni che sua moglie gli diede della tentata irruzione in casa, subita la notte precedente. In primo luogo è da fare attenzione all'ora: Fenaroli colloca l'episodio intorno alla mezzanotte, e in quell'ora già sappiamo che egli stava viaggiando in compagnia di Raoul Ghiani sul vagone letto alla volta di Milano. In secondo luogo, Maria Martirano descrisse la brutta avventura della notte più volte e sempre in modi diversi, tanto che Fenaroli non potè frenare un commento improntato a scetticismo. In terzo luogo, la sorpresa notturna sarebbe stata tentata da due persone, non da una soltanto. Ebbene, né la portinaia vide movimenti sospetti intomo alla casa, né il carabiniere di servizio che staziona sul marciapiede di via Monaci 21, dove ha sede anche il consolato cinese. Perché Maria non gridò l'allarme al carabiniere? Evidentemente perché — argomenta il Fenaroli — la cosa non doveva avere le proporzioni cosi oravi che avevano assunto più tardi nel raccontare e nel ripetere, in termini di autosuggestione, l'episodio. Sta di fatto che Fenaroli prò mise di informare i carabinie ri, ma si limitò a promettere che l'avrebbe latto tanto per tranquillizzare Maria. L'indo mani, vigilia del delitto, erano pronte le nuove chiavi e Maria, apertamente e con un fare che avrebbe dovuto urtare la suscettibilità del fratello, annun ciò che le chiavi, d'ora in avan-, ti, le avrebbero tenute solo lei e suo marito. « E suo cognato Luigi - si informa il presiden te — che cosa disse?». «Non disse nulla: eravamo della teoria generale che quando era in questo stato di nervosismo bisognava lasciarla parlare; mìa moglie disse esattamente cosi: "Adesso le chiavi ce le teniamo noi perché non mi fido più di nessuno! " ». Nell'appartamento di via Monaci, sottolinea ancora Fenaroli, c'erano due milioni in contanti, chiusi in quattro buste gialle e nascosti in ripostigli noti soltanto a Maria Martirano, a suo marito e al cognato Luigi. Il particolare, che è destinato ad alimentare nuovi sospetti in direzione dei Martirano, venne a galla perché nel medesimo ripostiglio era celata (sostiene Fenaroli) anche una lettera della sorella di Maria, Franca, in cui si dava atto d'un debito contratto da questa nei confronti della mo glie di Giovanni Fenaroli. Di questa lettera e del suo nascondiglio, Luigi Martirano era infermato. Trascorsa la giornata e la sera del 9 settembre a Roma, il geometra già freme ver ripartire. Lo accompagna al treno, la sera. Luigi Martirano Ed eccoci al giorno dell'as Ftvcnmcprpasnsai :asslnio Fenaroli è in sede, a e n Milano; l'accusa sostieni, che gli vennero a far visita Ghia ui e Inzolia per l'ultimo abboccamento prima del misfatto Fenaroli nega: < Forse ci potrà essere venuto Inzolia, che vedevo di frequente, ma non certo il Ghiani ». Quel mattino, comunque, pare che il geometra non sia uscito dall'ufficio di via Gesù; anzi, per la prima volta, lo scopriamo al lavoro, intento a placare le furie dell'Italcasse che gli aveva prestato i milioni a centinaia che si stava rassegnando a riscuoterne una dozzina. Nel pomeriggio, colloquio d'affari con un noto commercialista di Milano, il dottor Pasargikliam. Presidente — Ma <l dottor Pasargikliam, in istruttoria, dice di non averla incontrata! Fenaroli — Pud darsi che il mio nome non figuri nella sua agenda, perché il 10 settembre era mercoledì e il dottor Pasargikliam al mercoledì riceve nel pomeriggio presso la sede del consiglio dell'ordine dei commercialisti in piazza San Fedele ». In quello stesso pomeriggio, straordinariamente pieno d'impegni, Fenaroli riceve nel suo studio anche la visita d'un brigadiere dei carabinieri, venuto per accertamenti fiscali. < Saranno , state le . ore 19, quando uscii da via Gesù- Non prima, perché ricordo che l'impiegata Manzi, quella sera, mi disse di aver fatto tardi, e il suo orario d'uscita erano le 19. La incontrai che stava preparandosi per uscire. Con Egidio Sacchi stabilii un appuntamento per le ore SO nel negozio degli Inzolia, in piazza Napoli, io, in macchina, andai in centro; mi fermai per fare benzina al chiosco dcIl'Agip in