Si vuole uccidere Venezia di Paolo Monelli

Si vuole uccidere Venezia FERMARE IN TEMPO IL FURORE DEGLI ICONOCLASTI Si vuole uccidere Venezia Il piano regolatore all'esame del governo prevede un'autostrada lagunare da lesolo a Sant'Elei», con l'interramento del Canalgrande; una fungaia di palazzi di cemento nell'isola di Sant'Erasmo; la costruzione di quartieri all'americana - Gli avidi speculatori si fregano le mani: il progetto non pone limiti alle sopraelevazioni nel centro - Non c'è che un mezzo per salvare la « più bella città del mondo » : respingere il piano e dichiarare Venezia museo nazionale (Nostro servizio particolare) Roma, febbraio. Pare impossibile, ma non si pui) stare qualche settimana lontano da casa che quando si torna non ci si trovi davanti ad un sacco di malefatte e di disgrazie come se avessero aspettato quell'assenza per venire fuori tutte insieme alla ribalta. In America avevo un bel leggere giornali, dell'Italia non ci trovavo mai nulla, se non ogni dieci quindici giorni una notiziola in poche righe, la cronachetta di un delitto per motivi d'onore, l'ultima vicenda sentimentale di una stella del cinema, qualche informazione politica, più spesso datata dalla Città del Vaticano' ohe da Roma. E basta. Mi consolavo pensando tniuna nuova buona nuova »; ma ecco¬ mi tornato dopo tre mesi di assenza,^ ed ecco brutte notizie a catafascio; la commedia dell'amico è caduta, la celebratissima Via Olimpica è una pista ad ostacoli, il « Villaggio modello » olimpico non ha botteghe, non ha mercato, non ha una scuola, non ha una farmacia, non ha servizi di trasporto, e le aiole ed il verde scompaiono sotto le immondizie; il festival di Sanremo . ha dato il cardiopalmo a tutta la nazione; si inizierà presto il processo Fènaroli e soci, un processone di quelli che bastano a colmare la vita degli italiani per sei mesi; c'è del pùtrido intorno al novissimo aeroporto di Fiumicino che fa servizio di radar solò ' dodici ore su ventiquattro, per « mancanza di per- sonale » (dove? Nel Dahomey, nel Camerun, nel Congo t No, in Italia, patria di Volta, di Marconi, di Fermi); i tirolesi stanno per sgranocchiarsi l'Alto Adige; sta per essere approvato dal ministero dei Lavori Pubblici il piano regolatore di Venezia. E quest'ultima che par la notizia più innocua è una delle più gravi. Vuol dire la morte di Venezia; lenta magari, preceduta da una lunga agonia, ma la sicura morte di Venezia come meraviglia della laguna, come monumento storico senza pari, come modello unico al mondo di bellezza, di armonia, di originalità. Vuol dire, il piano regolatore (compilato da un commissario prefettizio e affisso per venti giorni nel mese di agosto, quando tutta l'Italia è in vacanza), l'assedio tutto intorno alla città di una fungaia di baracconi di cemento, brutti come solo noi sappiamo farli; vuol dire i torpedoni sulla Riva degli Schiavoni, vuol dire il Canalgrande interrato, come si è augurato anni fa uno di quei miei colleghi che non vedono più in là del cofano della loro macchina sport, scrivendo che diventerà la più bella strada del mondo (sciagurato, non vede che cosa accade in tutto il resto d'Italia e nel mondo? Appena il canale sia interrato e asfaltato si abbatteranno l'uno dopo l'altro i vecchi edifici poco redditizi, sorgeranno ai lati del bello stradone le solite gabbie che si vedono lungo tutte le Avenues le Avenidas le Alleen della terra, e diventerà un viale dozzinale come ce ne sono mille). Il piano regolatore sottoposto all'esame del ministero dei Lavori Pubblici contempla (il verbo suona ironico) un'autostrada lagunare che partendo da lesolo e traversando le isole di Sant'Erasmo e della Certosa giungerà: a Sanf Elena, cioè proprio sulla punta sud di Venezia città; ed è facile prevedere che sorgerà anche qui un piazzale per le automobili come il piazzale Roma al capo opposto, e che le macchine le lasceranno scendere per quelle larghe fondamenta almeno fino alla Biennale. La grande isola di Sant'Erasmo, oggi tutta ad orti che provvedono di verdure prelibate la città, diventerà area fabbricabile; vadano a remengo gli orti e il silenzio delle rive e delle acque, peggio per i veneziani che dovranno farsi venire le verdure da Padova o da Verona; qui, gli speculatori già si fregano le mani, sorgerà una nuova Venezia come piace a loro, un tumulto di case di otto-dieci piani addossate l'una all'altra, senza un canale, senza respiro di verde; che il verde e gli alberi sono odiati in pari misura dai costruttori e dai cittadini, che hanno paura che gli portino l'umido in casa. Questa orrenda barriera vedranno i veneziani guardando verso oriente invece delle deserte acque e del cielo vuoto fin sul giro dell'orizzonte. (Una volta approvata questa strada, chiamata ufficialmente prolungamento della via Fausta, i soliti impazienti metteranno mano da sud al prolungamento della Romea; che oltre Chioggià- traverso l'isola di Pellestrìna giungerà al Lido; e la laguna di Venezia tutta cintata dalle rombanti autostrade diventerà una sputacchiera). Prevede infine il piano regolatore, dalla parte di occidente, la costruzione di un quartiere nuouo adiacente a piazzale Roma; quartiere all'americana come dice il nome che gli hanno dato, for¬ se per gettar fumo in faccia alla gente, «Centro direzionale >; ove si pensa di costruire case che ospitino uffici pubblici o gli uffici direttivi delle industrie della terraferma, di Mestre e di Marghera; edifici per cui si era prevista un'altezza modesta nei primi progetti; ma di concessione in concessione, anzi di cedimento in cedimento delle pavide autorità alle pretese degli interessati, il piano regolatore concede loro un'altezza di trenta me. tri (che, dato l'andazzo italiano, diventeranno facilmente trentacinque o quaranta). Gli alti funzionari e t direttori delle grandi imprese di terraferma vorranno andareall'ufficio in automobile, che diamine, perché non fargli questo piacere f II quartiere avrà una rete di strade adatte all'uopo, grazie all'interramento di due o tre rii già dichiarati di nessun valor artistico. Aggiungete il fatto che il piano regolatore non contiene alcuna cautela contro le sopraelevazioni nel centro | cittadino; e immaginate che bella città balcanica o africana sarà Venezia fra venti trent'anni se l'avranno vinta ancora una volta gli speculatori e costruttori, mercanti di terreni, affaristi, un gruppo esiguo ma compatto, alacre, potentissimo per alleanze ed intrallazzi: maestro a giocare sugli interessi le ambizioni le cupidigie di persone in grado di scavalcare divieti, di eludere leggi, di ritardare o rendere inoperanti decreti e provvidenze di tutela; fiancheggiato dal consenso di persone ignoranti o volgari, di bottegai avidi, di fanatici del motore, di pappagalli esaltatori del nuovo, del moderno, del dinamico. Una minoranza aggressiva che sa quello che vuole, esperta di laccioli e d'inganni; ed i giornalisti hanno un bello scrivere e protestare e denunciarli che stanno spianando e riducendn in polvere le testimonianze del passato, nemmeno .gli rispondono; e i cittadini hanno un bel brontolar e rugnar, non hanno voce in capitolo e nemmeno gii ascoltano; e i soprintendenti alle Belle Arti dicano quello che vogliono, non hanno autorità, non hanno armi. (C'era un solo modo per dare autorità e facoltà d'intervento al soprin- tendente, ed era mettere su 1 Venezia un vincolo generale, ' dichiarare monumento nazionale intangibile, salvi giustificati motivi da pesare col bilancino, tutta la laguna le acque i giardini gli spazi verdi; provvedimento ovvio, necessario, che naturalmente non si riesce a far diventare legge). Questo furore iconoclasta, ottuso, questa urgenza di far brutto, volgare, dozzinale, è male antico in Italia; e argomenti per rovinare e guastare se ne trovano sempre, anche da parte di chi si atteg- I già a difensore delle antichi- ' tà e dei ricordi del passato. Il Carducci nel 1893 denunciava la speculazione edilizia di Roma con parole che sembrano di oggi: « Con quei versi — (i versi dell'ode " Dinanzi alle terme di Caracolla" in cui invoca la dea febbre a tener lontani gli uomini novelli e lor picciole cose) — con quei versi io intendevo imprecare alla speculazione edilizia che già minacciava i monumenti, accarezzata da quella trista amministrazione la quale educò il marciume che serpeggia a questi giorni nello, Capitale ». Ma il poeta nel « Canto dell'amore » aveva lodato i perugini, che avevano distrutto la fortezza edificata dal Bramante per commissione di Papa Paolo III; « Il popolo è, ben lo sapete, un cane — e i sassi addenta che non può scagliare, — e specialmente le sue ferree zane — aode ne le fortezze esercitare; — e le sgretola... »; ma non se la prende solo con le fortezze il popolo, anche con le chiese e le mura e i ruderi; sopratutto oggi che è motorizzato come i signori, ed impaziente di xorrere senza ostacoli come loro, e ad una bella pista liscia sacrificherebbe anche il paesello natale. Per Venezia gli iconoclasti hanno tirato fuori un altro argomento; che la città non deve diventare un museo. Nel iflì'i, quando si cominciava a parlare di piano regolatore, a questo luogo comune risposi dicendo al contrario che « bisogna avere il coraggio di dire che Venezia è un museo e va considerata come un museo; se no si trasfigurerà anch'essa ben presto, si snaturerà come tanti altri quartieri proclamati intangibili di Roma, di Firenze, di Milano. Bisogna avere il coraggio di passare per antiquati, per conservatori, ma- gari per reazionari, visto che la parola è di moda. Venezia è un museo. Ma si può bene immaginare un museo vivo, dove l'osteria e la musica in piazza e la bottega in cui si soffia il vetro hanno lo stesso valore di cimelio della facciata bizantina, delle pareti affrescate di convento, della vera da pozzo .nel mezzo del campo ». Ma un museo non lo vogliamo fatiscente, né malsano. Un piano regolatore onesto, prima di fantasticare di autostrade nel mezzo della Laguna e di quartiere all'americana di fronte alla Giudecca, dovrebbe proporsi il modo di risanare quelle calli, quei campielli, quel brulichio di case cadenti che i forestieri non vedono, quei canali ove si va per acqua fosca, lungo mura grommate di muffa, esalanti antichissima putredine, sotto edifici ancora gentili di linee ma dall'aspetto guasto e cariato. E per risanare questi luoghi occorre un lavoro rapido e coraggioso, votarli della 'gente che v'intristisce, portarla a vivere in quell'altra parte della città che sta in terraferma, lungo la stessa Laguna; e qui sopratutto, nei quartieri di terraferma, occorre prevedere, far nuovo, far bello e razionale. Si dimentica troppo spesso che Giuliano sono Venezia: e questi sono quartieri vivi, in¬ anche Marghera, Mestre, San dustri, che vogliono rinnovarsi e abbellirsi, e andare con i tempi; e possono benissimo darsi il lusso di conservare intatto quel museo sontuoso che è l'antica città ai due lati del Canalgrande fra il Canal della Giudecca e la Laguna di Murano. Paolo Monelli

Persone citate: Carducci, Laguna, Marconi, Murano, Volta