L'ultimo anno di Thomas Mann di Francesco Bernardelli

L'ultimo anno di Thomas Mann L'ultimo anno di Thomas Mann Che la vecchiezza sia calma e serena, è figura rettorica. « Quando s'invecchia e si deve morire ci sono tante cose che opprimono... Una grande angoscia e malinconia grava sui mici tardi giorni ». Sono parole di Thomas Mann. Ma poi, nei mesi che immediatamente precedettero la fine, « l'oppressione scomparve come la nebbia della sera, che si scioglie e dirada ». E venne un anno meraviglioso, « di raccolta e di grazia », L'ultimo anno, tra il 1954 e il '55, che la figlia Erika ci racconta e descrive in un volume delicato, luminoso, bellissimo d'affetto e carità, edito da iMondadori (già ne ha scritto su queste colonne G. B. Angioletti, esprimendo alcuni alti pensieri sui « maestri » dell'Occidente). Questa « grazia » era uno dei misteri della personalità di Mann, era il dono profondo, energico, di suscitare la vita, l'allegrezza pur nelle tetre occasioni dell'esistenza. Era la sua « speranza attiva » : Mann aveva contratto un impegno con il destino, « l'impegno religioso di impregnare di spirito la materia sonnecchiante, di animarla »; s'egli per mancanza di vigore, di genio, di tenacia, di fantasia, avesse fallito il suo compito creativo, sarebbe stata, più che un dolore, un'umiliazione tremenda. L'autore dei Buddenbrook e del Dottor Faustus era un lavoratore incomparabile; il lavoro era la sua pienezza e la sua giustificazione; pensava che quando il mondo fu tratto dal nulla, la vera posta fcra stata l'uomo, « chi contava era l'uomo ». Se l'uomo non concorresse al sublime esperimento, se, Dio non voglia, mettesse fine con atto di violenza atomica alla vita terrena, tutta la creazione sarebbe compromessa, negata, perduta per sempre. Questi alti pensieri stimolavano lo. stupendo romanziere e saggista nell'opera quotidiana; e tuttavia non ne soffocavano la gentilezza. la letizia innocente, l'ingenuiti. Egli credeva e testimoniava che la bontà può esistere anche senza fede, o essere addirittura un prodotto del dubbio, e che dovere dell'artista è nuello di diffondere tra gli uomini un po'- più di festosa conoscenza e di letizia. Era straordinariamente ricettivo; se il lavoro compiuto con perfetta aderenza all'idea era la condizione stessa della sua pace, non rifiutava poi nessuna delle gioie diverse, improvvise, umili o eccelse che il caso gli offriva. Anzi, scrive la figlia, tutto gli procurava felicità: la musica, il teatro (che fu alla cima delle sue fantasie segrete), i paesaggi, i fiori, i bambini, un incontro simpatico, un cielo terso, un animale grazioso. Per le nozze d'oro di Mann e di sua moglie (questi donna fine, intelligente, che gli fu sempre deliziosa compagna, e che qui appare in trasparenza come una benedizione), per festeggiare quella lunga unione coniugale, i figli portarono in dono al padre un barboncino nero, dal collare carico di ninnoli d'oro, Nico, batuffolo di lana sgambettante. Un altro Nico, amabile e saggio, era stato l'amico dello scrittore, ma in America una macchina lo aveva ucciso, e Mann lo aveva sempre rimpianto. In un attimo, in quel giorno di festa, i rapporti tra cane e padrone divennero stretti, cordiali e lieti... Erika Mann ci introduce così nell'intimità del grande uomo, con tenerezza e rispetto; sono pagine dolenti, lievi, carezzevoli. Ella dice di scrivere senza pretese, di compilare nulla più che un resoconto fedele, mescolando un po' a caso ciò che è importante e ciò che non lo è, come fa la vita. E, appunto, la sua gentilezza onesta suscita chiare atmosfere, interni familiari, ci fa vivere qualche ora indimenticabile e confidente accanto al padre illustre. Quell'ultimo anno della vita di Thomas Mann fu piuttosto movimentato; il romanziere ritornò in Germania per la prima volta dopo il nazismo, visitò Lubecca sua città natale, andò in Olanda, commemorò Schiller, e, per comporre questo suo grande discorso, si prodigò anche troppo, com'era suo costume. Egli andava verso la fine con il suo passo fiero, solenne, entusiasta, era pur sempre il messaggero della giustizia, della verità, della meditazione, di una profonda, totale poesia che sola può guarire le. anime ammalate del nostro tempo. Ma con questo nobile spirito conviveva" e si muoveva l'altro suo anir.o, quasi fanciullesco, vogliamo dire dolcemente agitato, facilmente felice, un po' irrequieto. Allorché dovette mettersi in viaggio, la smania lo colse giorni, anzi settimane prima. « E quando il •momento fu venuto, eccolo nel vestibolo con indosso il cappotto e il berretto, col bastone e l'ombrello in mano e la coperta di lana su un braccio, prima ancora che il bagaglio fosse stato caricato sulla macchina ». Cara figurina, con tanto amore disegnata. E pure, in quella tenera velatura di humour, la buona figlia insinua: forse, in quell'inquietudine c'era un sussurrio, il pqtrrdttrsfnnnave| j presentimento' inavvertito che quel viaggio sarebbe stato l'ultimo? Thomas Mann non aveva paura della morte. Con il suo perenne lavorio interiore, con il dominio della materia e dell'arte, aveva acquisito un certo attaccamento a « questa verde terra », ma, giunta l'ora, sarebbe scomparso, sarebbe morto senza fare storie, in un ritegno sovrano. Vita, morte, una specie di naturalistico misticismo goethiano. Non possiamo rispondere alle domande supreme, ma si lavora, si . raccontano favole, si spera oscuramente che la verità e la gaiezza liberino l'anima. Si sfiorano le cime del pessimismoottimismo, dello sforzo, del dolore e della gioia che furono il segno dell'Ottocento, da Goethe e da Beethoven a Tolstoi, Wagner, Ibscn. Perché non solo Mann non aveva paura della morte, ma, in una strana luce, l'amava, e a lei, alla camusa, all'informe erano andate le sue simpatie antiche, il suo primitivo entusiasmo. Era una cosa sola, l'amore della morte, con l'amóre del mare. « Sibilante deserto, pieno di aspra umidità, il cui sapore salmastro indugia sulle nostre labbra ». Pagina stupenda; è la Passeggiata sulla spiaggia; e gli orecchi sono avvolti nel vento, e il suolo è leggermente clastico, e la schiuma avanza, e il frangente ribolle, e il mugghio sbarra dolcemente la via ad ogni voce del mondo. « Profondo appagamento, dimenticare scientemente... Chiudiamo dunque gli occhi, protetti dall'eternità ». Thomas Mann fu un grande umanista, uno degli ultimi umanisti, un umanista moderno. In questo senso, che nell'uomo, nella conquista umana, poesia e verità, si esalta ogni esperienza, si adempiono sacrificio e felicità. Non possiamo spiegare questo enigma del mondo? E' tuttavia giusto farlo sempre più lucente, misterióso e armonioso. Umanista grande e cuore intatto. Quando compì 80 anni, proprio prima di morire, fu molto festeggiato. Bruno Walter attraversò l'oceano per dirigere la Piccola serenata notturna di Mozart, per lui; convennero a Zurigo i rappresentanti delle due Germanie, l'orientale e l'occidentale; gli furono portati doni innumerevoli, e 50.000 marchi da distribuire in suo nome a scrittori poveri. Mann era felice; ma un regalo soprattutto lo rapì d'entusiasmo. Aveva sempre desiderato un anello con una | pietra verde; e la famiglia si mijsc alla cerca; ma uno smeraldo era troppo caro; gli trovarono una « tormalina », pur bellissima e di gran purezza. E quando già era sulla soglia estrema, Thomas Mann si volse alla moglie e la pregò di porgergli l'anello: « Voglio metterlo al dito e osservare un po' la pietra : sarà consolante ». Tale fu l'autore di Montagna incantata, fermo innanzi al mistero e candido. Ma un giorno il suo sguardo divenne improvvisamente azzurro, sguardo ampio e azzurro di quegli occhi grigioverdi, sguardo che sembrava contenere una domanda. Che cosa avvenne in quel momento, e poi nelle ore che l'accompagnarono, silenziose, all'ultima? La morte ch'egli non aveva temuto, e dalla qui.Ie si era difeso soltanto per compiere la sua umana opera di civiltà, si chinava su di lui. Ma, afferma la figlia, egli non l'avvertì. Né davvero potremmo dire noi ciò che avvenne allora negli'strati profondi del suo essere; ma nulla tradì un'emozione, e il suo pensiero apparve fino alla fine innocente e quieto. Anche questo un segno della grazia che suggellò la sua vita. Francesco Bernardelli

Luoghi citati: America, Germania, Olanda, Zurigo