Il duca di Genova vuole la rivalutazione delle prebende ottenute dal re nel 1818

Il duca di Genova vuole la rivalutazione delle prebende ottenute dal re nel 1818 Il duca di Genova vuole la rivalutazione delle prebende ottenute dal re nel 1818 Erano pagate in lire piemontesi « sulle contribuzioni di Torino e Chieri » • La Repubblica gli dà 103 mila lire - Il duca ora chiede 4 milioni e mezzo all'anno Il Tribunale civile, prima sezione, deve decidere se la Repubblica italiana ha il dovere di rivalutare la « rendita perpetua » che'Ferdinando di Savoia, duca di Genova, tuitora riceve, come erede dei Chiablese. La causa già è stata istruita dal giudice dott. Biunetti, e sarà discussa il prossimo venerdì. La sentenza seguirà entro un mese. L'istanza venne presentata il 4 maggio 195!) dalla contessa Alina Alliaga di Ricaldone. procuratrlce generale del duca di Genova che ha. 74 anni e risiede a Bordlgherà. La rendita perpetua, oggetto della controversia con il Ministero delie Finanze, fu- costituita con convenzione del 10 aprile ISIS tra il re di Sardegna Vittorio Emanuele 1' e la sorella, duchessa del Chiablese. I! duca manto aveva ceduto la commenda detta di Staffardn a Vittorio Emanuele I; e la duchessa, allo scopo di «conservare intatti in favore della nostra reale famiglia i beni esistenti in Piemonte e formanti l'antico patrimonio di Piemonte del duca del Chiablese », rinunciava ai suoi diritti su di essi in cambio di alcune rendile, che il re poneva a carico « delle città di Torino e di Ch'eri », precisando che dovevano essere prelevate « dai fondi di contribuzione dovute dalle predette città». Quelle rendite erano sempre state pagate agli eredi dei Chiablese sino al 1946 Quando alla monarchia succedette la Repubblica, furono sospese. Nel 1950 il duca di Genova, dichiarandosi attuale erede dei Chiableòe. chiese al Ministero che gli venissero d' nuovo date II Minisiero interpellò l'avvocatura dello Stato, ne ebbe parere favorevole, e dispose che l'Intendenza di Torino versasse la somma di 103.156.75 lire. Sino al 1946 era di 85.963,97 lire, ma il Ministero riconobbe che si dovesse aumentare di un quinto per l'avvenuta svalutazione. Nel 1959 il duca di Genova, tramite la sua procuraLrlcc, Iniziò l'attuale causa e disse: poiché è pacifico che lo Stato italiano mi deve quello rendita in forza della convenzione del 1818, giustizia vuc'.c che la rendita sia rivalutata In moneta attuale rispetto alla somma fissata cento e più anni fa in « lire antiche piemontesi ». Il duca non indicò quale sarebbe il nuovo ammontare, però da càlcoli approssimativi dovrebbe aggirarsi su 4.500.000 lire italiane. Il Ministero si è opposto. Si fa osservare che Vittorio Emanuele I, come sovrano assoluto, poteva anche far confusione tra pa¬ trimonio pubblico (le tasse che pagavano i cittadini di Torino e di Chieri) con.il suo patrimonio privato; e si chiede se è mal lecito che le delibere di « un re codino e reazionario » possano obbligare le finanze della Repubblica italiana. Quella rendita, secondo il Ministero, costituisce una forma di «appannaggio» dovuta ai principi di sangue: ora, con l'avvento della Repubblica, ogni appannaggio è decaduto e solo sono riconosciuti i patrimoni privati. E' vero, ammette, che lo Stato italiano continua a corrispondere la ren dita alla casa di Genova, però è una rendita che a stretto rigore non è dovuta Legale del duca è l'avv. Biggio. Il Ministero è rappresentato dall'avvocato dello Stato, Fierro.

Persone citate: Biggio, Fierro, Sardegna Vittorio Emanuele, Vittorio Emanuele I