Ripresa dell'Occidente di Luigi Salvatorelli

Ripresa dell'Occidente Ripresa dell'Occidente Il discorso di Kennedy all'atto del suo insediamento è un appello ai suoi concittadini, ai popoli atlantici, e altresì ai sovietici e ai neutri: insomma, a tutto il mondo. Se si confronta questo discorso inaugurale con quello di congedo di Eisenhower, l'impressione è che al bilancio ottimistico dell'uscente fa riscontro la nota severa dell'entrante. Del contrasto la spiegazione immediata è che l'uno era tanto portato naituralmente a dipingere rosea la situazione che lasciava, quanto l'altro, l'erede, a tratteggiarla oscura. Ma è una spiegazione superficiale,' semplicistica. La ragione profonda della diversità , è nello spirito di conservazione passiva di Eisenhower, a cui succede la virile volontà di innovazione di Kennedy. La politica del presidente Eisenhower ha avuto carattere statico all'interno e all'estero. All'interno, persuaso della perfezione integrale del tenor di vita americano, egli ha cercato di evitare ogni scossa, ogni cambiamento profondo. Trovando accettata materialmente da tempo l'eredità rooseveltiana, egli ne ha messo in soffitta, con l'inconsapevolezza della sua simpatica bonarietà, lo spirito. All'esterno, Eisenhower ha voluto soprattutto la pace, o almeno la non-guerra, secondo il suo istinto di sincera umanità. Un buon paterfamìlids : ecco come egli può essere defini-j to, senza abbassamento e senza esaltazione. Nessun riflesso essenziale, nessun legame intimo si poteva stabilire nello spirito di Eisenhower fra politica interna e internazionale, nei riguardi del contrasto capitale con l'Urss e il mondo comunista. Questo mondo era per lui totalmente estraneo, totalmente « altro » : mancava qualsiasi terreno d'incon tro, e altresì di scontro che non fosse quello di potenza contro potenza. Poiché lo scontro doveva rimanere senza guerra, Eisenhower ha potuto associarsi così be ne con l'apparentemente dinamico, bellicoso Dulles, e proclamarlo il più gran se gretario di Stato americano giudizio che non sarà confermato dalla storia. L'eloquen za avvocatesca ed ecclesiastica di Dulles ha servito a coprire la mancanza d'iniziativa, il vuoto profondo della politica estera americana dei due. ' La situazione internazio naie era, essa, tutt'altro che statica. C'era, a Mosca, chi professando la pace e lo stati* quo, mirava a lare un passo avanti ogni giorno. Codificare tutti gli acquisti non senza arrotondarli in un « testo unico » da far sottoscrivere agli occidentali; e al tempo stesso seguitare a farne nuovi, con ogni mezzo che non fosse la guerra nucleare: ecco,, in compendio, la politica di Mosca. A questo gioco il duo EisenhowerDulles non poteva che rimanere al disotto, e l'astro * maggiore Kruscev salire sempre più in alto sull'orizzonte internazionale. • Questa è la situazione trovata da Kennedy, vista chiaramente da lui, e che egli si propone di cambiare. Ma il cambiamento deve cominciare dalla politica interna: ecco la sua prima idea direttiva, che ha destato nel presidente uscente l'allarme manifestatosi coi patetici consigli al successore. Cambiamenti, ne sono stati indicati più d'uno da Kennedy nel suo programma e nei suoi discòrsi elettorali; e il suo primo discorso presidenziale li riassume in un appello morale '— patetico anch'esso, ma di un « pathos » ben diverso da quello di Eisenhower allo spirito di iniziativa e di sacrificio degli americani. C'è* parecchio da fare; anche in America, per arrivare al welfare state, equo per tutti, nell'ordine economico; alla democrazia integrale, in quello politico-sociale. Basti pensare a due punti: l'affarismo ancora troppo influente sulla politica, e la non completamen¬ tneitdzsqcmqflbmmlcnnrs te eliminata discriminazione negra. Codesto progresso deve effettuarsi, in premessa ideale e in contemporaneità cronologica, con un raddrizzamento delle impostazioni internazionali. La questione principale è oggi (da quanto tempo — mi sia lecito il richiamo — ho io cominciato a predicarlo su queste colonne?) non il conflitto diretto fra Oriente bolscevico e Occidente democratico, ma il completamento del passaggio dal colonialismo alle autonomie di colore, e più ancora l'organizzazione di queste autonomie, pacifica, solida, veramente democratica e giusta, assicurante al più pre¬ sto il minimo necessario per un decente tenor di vita, e le condizioni necessarie per la graduale sua elevazione. Il maggiore ostacolo alla soluzione di questo problema è la politica imperialistica dell'Urss, mirante a fare delle nuove nazioni altrettanti satellititi sul tipo degli Stati dell'Europa orientale, anche se in gradazioni minori di servitù, e non senza gara rivale da parte della Cina. Occorre dunque — e Kennedy mostra di essersene reso perfettamente conto — un duplice raddrizzamento. Impostare un sistema internazionale di aiuti, equamente distribuiti sia nel carico sia nella assegnazione, svincolandoli da ogni legame con la politica dei blocchi. Contemporaneamente, svelare e mandare a .vuoto i tentativi, finora tutt'altro che privi di successo, dell'Urss di trasportare la guerra fredda in tutto il campo ex-coloniale, (e più generalmente nei Paesi sottosviluppati: compresa, dunque, anche l'America Latina). * * L'appello di Kennedy, .rivolto a tutti i popoli, cominciando naturalmente da quelli 'alleati, sarà inteso — è stato già inteso — ancb: in Italia. La quale ha c~" due ottime occasrev-i par rispondervi, l'una di politica interna, • l'altra di politica estera. Alla necessità di integrazione democratica prospettata da Kennedy al suo popolo risponde, per l'Italia, la necessità dell'allargamento dell'area democratica, di cui è un caso importante l'esperimento delle giunte di centro-sinistra, intrapreso coraggiosamente e prudentemente da Fanfani e Moro, da Reale, da Saragat. Chiunque cerchi di far fallire l'esperimento, con manovre di partito, o con manipolazioni sofistiche, fuorviatrici della pubblica opinione, agisce contro l'allargamento dell'area democratica, e lavora a prò di Mosca. E' prossimo l'inizio delle trattative italo-austriache. L'Italia deve a se siessa, all'Europa libera, alla Comunità atlantica, di respingere nettamente, prima di codesto inizio, il tentativo austriaco, di spirito nazionalista e nazista, di mettersi fuori del terreno suggerito per le trattative dal voto unanime delle Nazioni Unite. Luigi Salvatorelli