I 25 anni della rivista «Lite» di Antonio Barolini

I 25 anni della rivista «Lite» " phmo««•"'"—^«•""-«»"•»•••««««p'« L I 25 anni della rivista «Lite» Per un quarto di secolo questo giornale, esempio di perfetta organizzazione e di abilità pubblicistica, ha seguito tutti gli avvenimenti del mondo • // bilancio è positivo: pur indulgendo ai gusti delle masse, e sotto un'apparenza frivola, « Life » appare sempre animata da uno schietto spirito di libertà (Dal nostro- corrispondente) New York, gennaio. Il Li/e, Il più noto e 11 più diffuso dei settimanali americani, ha commemorato, con un numero doppio uscito giorni fa, il suo venticinquesimo anno di vita. L'avvenimento va rilevato non soltanto perché il Life ha una circolazione settimanaie superiore al sei milioni di copie. O perché, nelle sue esuberanze come nei suoi difetti, nei suoi meriti come nel suol demeriti, è il riflesso di una ddèrpasuPmndlstBocleta e di" un costume; il do- ! acumento di un modo di vita, di una tradizione, del suo svilupparsi ed esprimersi, interpretare il mondo che la circonda; del suo parteciparvi attraverso venticinque anni di storia... Ma perché il Life è -un esperimento di stampa Industrializzata e organizzata che, con diversa fortuna ma con formula analoga, si è esteso a tutti i paesi del mondo. Come più o meno in tutti I paesi, anche In America, nel riguardi del Life e del suo impegno, vi sono due coBtantl atteggiamenti. Il primo è quello passivo della maggioranza. Compera o legge il settimanaIn, lo beve, ne assorbe il gusto, l'influenza, la moda. Accetta con remissività le sue informazioni, ne diventa —.a sua volta — veicolo di diffusione. In mezzo a questa massa, ogni numero del Life è come un sasso che cade in uno stagno: crea, un susseguirsi di vibrazioni e di circoli uguali, concentrici, chiusi in una dilatante catena di emozioni. Vi è poi l'atteggiamento di una minoranza dì lettori che esamina la rivista con occhio critico e polemico; resiste alla sua genericità, al fatto che appare soprattutto un meccanismo pubblicitario di Idee « standardizzate > e di prodotti selezionati di massa. Vi legge la obbiettività fotografica falsa, propria di ogni fotografia, che — nel migliore e anche nel più felice del casi — dà sempre un'immagine « ferma » della vita: immagine lucida, ma inerte, ombreggiata dentro segni fissi. Per il primo gruppo di lettori, il Life è una specie di vangelo, di morale dell'epoca, di conformismo valido e accettabile da tutti i benpensanti del mondo. Per il secondo gruppo, è l'esempio dell'amoralità (per non dire dell'immo ralltà) dell'epoca. E' il riflesso del suo cinismo; della religio sita organizzata, ma ineslsten te della vita interiore delle co■ scienze. La rivista, per questo secondo gruppo di lettori resistenti alle sue seduzioni, è ancora il regno dell'autosufficienza presuntuosa ed egoista di una enorme e anonima massa benestante e sazia. E' lo strumento di irradiazione delle formule fisse, dei sentimenti fissi; è la prova di una dominante rilassatezza di costume contemporaneo, fondamentalmente insensibile ai veri e urgenti motivi della spiritualità moderna. Quale dei due gruppi è nel vero? A mio parere, tutti e due e nessuno. Venticinque anni di Life, sotto T nostri occhi, diventano un fascio di bugie e di verità: « tutte » bugie, «tutte» verità, Ogni discriminazione, evento per evento, spetta ancora a noi, è nostro inalienabile privilegio, non già della rivista. Ogni discriminazione spetta alla nostra interiore libertà di giudizio: il Life può essere solo 11 riflesso delle nostre ipocrisie o della nostra lealtà verso la nostra stessa vita. Un i rivista dì massa è « un comune denominatore », valido per tutti i milioni dei suoi letto i. Più aumenta il loro numero, più il contenuto della rivista deve generalizzarsi. Più la rivista diventa un mero prodotto industriale, più riflette carenza di motivi precisi delle « élites >. Certamente 11 Life, come mezzo industrializzato di dif_ fusione della notizia, non darà mai agli eventi propri di queste aristocrazie, un rilievo diverso da quello che dà agli altri eventi della vita di tutti. Ma è estremamente importante constatare che il Life non cosi grossolanamente come si crede, li ha registrati sempre, anche quegli eventi; dando ad essi maggior rilievo, quando sono stati espressi con linguaggio accessibile e universale, benché supremo. E* un merito tecnico, non etico, d'accordo. Ma valga d'esempio, per tutti, la pubblicazione dell'Inedito de /I vecchio e il mare di Hemingway (vale a dire di uno dei più puri capolavori della letteratura america na contemporanea), a riprova della. < istintiva intelligenza » della « notizia per la notizia », comunque sia, dì questo colossale organismo fotografico e documentarlo della vita di massa. I) numero commemorativo del venticinquennio di Life dimostra e conferma, fra l'altro, quanto sia ottuso e ipocrita ogni discorso sulla stampa etica o educativa. Ogni organo di stampa (come qualsiasi strumento di servizio pubblico) è spe, . hio della condizione culturale ed etica dei propri lettori. Ogni conclusione contraria è infingardo modo di evasione dalla realtà. C'è dell'altro. Mentre è frequente, scorrendo un singolo numero della rivista, sentire repulsione verso questo o quel fatto offerto, davanti alla sin. tesi di venticinque anni di tut_ ti.i fatti, ci si sente — Invece — colti da sincera simpatia verso 11 compito complessivamente svolto dal settimanale. ■ L'irritazione dei particolari — almeno per quel che è il mio modo di sentire — ai dissolve tddngpatltflteatmpd«tdtgrmpnLngstAdc di fronte alla sintesi del periodo storico e al modo con cui mi è capitato di ripercorrerlo e di rileggerlo, attraverso queste pagine. Perché? Secondo me, questo accade perché, dal Life e dalla sua documentazione, emerge un costante soffio di libertà. Perché è libera e strutturalmente onesta la società che lo nutre. Malgrado tutto; di là dal p'eso o dal conformismo delle sue Involuzioni, il mondo statunitense esprime 11 costante ritmo di una società che — anche nella peggiore delle ipo tesi — è almeno incosciente della propria coscienza. Anche dal Life, malgrado la funzione di massa della rivista, emerge un fondamentale rispetto per l'uomo, per la dignità di alcuni suoi valori, di cui non si troverà traccia In nessuna analoga documentaalone di paese totalitario. Per quanto incaramellata e fissa sotto il lucore della celluloide, la visione del mondo, attraverso venticinque anni di eventi descritti dal Life, non appare perciò soltanto spietatamente ottimìstica o desolatamente arida; ma calda di una propria umana .drammaticità, di un suo vigore, di una sua «primitività» naturale, riscattata dagli artifici della tecnica. Le Veneri o le Elene rapite del nostro tempo (ci sono tutte, dalla Dietrich alla Lollobrlgtda, alla Bardot). I nostri Paride. La continua scelta del pomo alla più bella, offerta e imposta a ciascuno di noi. L'eterna Iliade. L'eterna Odissea. La guerra e il viaggio delle generazioni, dalla scoperta del globo terracqueo, al gelo degli spazi siderali. Il continuo ripetersi della favola di Menenio Agrippa (il qualunquista del primordi della storia romana) ; il cui epilogo, però, ancora e più che mai, si conforta con la realtà del ricchi e dei poveri di oggi. Le scoperte scientifiche. Le gare sportive. Le parole più alte della lirica" e dell'epopea. Tutto, la rivista ha. fissato e fissa, da venticinque anni in qua, sulla sua carta patinata, in apparenza così frivola, distratta, occasionale. L'America vi ha impresso il suo volto. Ma, nella prospettiva della visuale americana, non possiamo non ravvisare, più o meno indirettamente, anche noi stessi. E la riflessa continua armonica dissonanza (non per niente è il secolo del «Jazz») del mondo che esprimiamo, giorno per giorno; dal quale ogni fuga è impossibile; con il quale dobbiamo avere il coraggio dì confrontarci. Il IIIIIIIllllllllIMlllilllIIIIIlllllllllIlllllllMllllttlll Life ne è certamente una misura. Piaccia o dispiaccia, è la fedele misura del paese che la esprime; del suoi istinti elementari, ma anche del suoi supremi aneliti e delle sue speranze; dell'etica costituzionale che lo sostiene, pur nei suoi contrasti, nelle sue involuzioni e rivoluzioni interne, e di fronte al mondo intero. Sia davanti all'alternativa conservatrice dì Eisenhower che a quella progressista di Kennedy, Il Life è un'opinione di sei milioni di libere opinioni. Il riflesso, se si vuole, della loro modestia anonima, del loro essere folla nella folla; ma tuttavia del loro rimanere, ciascuno, uomini integri nella loro individuale dignità, per quanto mediocre o angusta possa essere, sempre potenzialmente lìberi dì elevarla e di esprimerla piena. Possiamo essere tra coloro che accettano o respingono il Life, ma H documento è questo. Non è motìesjto -il Li/c; è modesta la nostra realtà quotidiana. I venticinque anni della rivista e dei suoi sei milioni di lettori diventano un umano documento costruttivo, sostan¬ iimimiinnmmiiiiiiM.'iimmiiHiiHmiimiiim zialmente chiaro della nostra epoca, delle sue generalizzazioni e confusioni, ma anche di alcuni suol ben precisi consolanti e inalienabili fini essenziali, Antonio Barolini

Persone citate: Agrippa, Bardot, Eisenhower, Hemingway, Kennedy

Luoghi citati: America, New York