«La campana delle tentazioni» di Giovanni Mosca al Sant'Erasmo di Giovanni Mosca

«La campana delle tentazioni» di Giovanni Mosca al Sant'Erasmo NOVITÀ' DEL TEATRO DI PROSA A MILANO «La campana delle tentazioni» di Giovanni Mosca al Sant'Erasmo (Dal nostro inviato speciale) Milano, 12 gennaio. Gli uomini, generali e politici, guidano i popoli, fanno la guerra, comandano gli eserciti. Ma le donne comandano gli uomini. Con poco, anzi pochissimo: qualche minuto d'amore negato, ed ecco, quei potenti perdono la potenza, quei politici si smarriscono, quei generali sono spacciati.' E' una idea che venne ad Aristofane duemila anni fa; e scrisse La Lisistrata. Commedia gagliarda, linguaggio robusto e sfacciato, scurrile e frenetico, una priapea, come diceva Jules Lemaitre. Il personaggio di Lisistrata è rimasto celebre, vigorosamente tagliato a grandi-colpi d'ascia nelceppo duro di un'immaginazione antica. Aggressiva, audace, comica mente umana, Lisistrata vuol farla finita con la guerra tra Atene e Sparta, si mette alla testa delle donne greche, e inventa (ma fu poi lei ad inventarla?) una tattica semplice. Quando i vostri mariti, i vostri amanti — ordina — ritorneranno bramosi ed eccitati in licenza, per una tregua breve; ebbene, nulla, voi non concederete nulla. Severe, gelide, sdegnose: solo a pace fatta, direte, se ne riparlerà. E pace fu. Da questo spunto remoto Giovanni Mosca ha voluto trarre una commedia moderna. Tutti sanno chi è Mosca, umorista caustico e sentimentale, ironico e delicato, e possono quindi intuire che cosa è diventata la rappresentazione rustica, violenta di Aristofane tra le sue mani agili, abili e gentili. Alla ruvidezza, all'impeto naturalistico del gran poeta satirico, si è sostituito uri tono salace e sorridente, impudico ma familiare, malizioso e senza veleno, così aggraziato che tutta quella faccenda scabrosa .di uomini, di donne che si cercano, si desiderano, si rifiutano, diventa una favola leggera, pittoresca, a tratti un po' chiassosa, e che non offende mai, né può offendere nessuno. Divertimento spìnto fino agii orli della licenza e risolto in bianche immagini di belle ragazze, in dialoghi piccanti e bonari, in una fantasia cordiale. Mosca ha approfittato della straordinaria situazione — le guerriere della pace sono giunte ad Atene da ogni luogo della Grecia, da Corinto, da Delo, da Sfacteria, dalla stessa Sparta nemica — per tratteggiare innumerevoli tipi e tipetti di donne nei guai, in quel guaio grosso tra il desiderio d'amore e l'accettata, indispettite, quasi tragica rinuncia e ca Btità. C'è In moglie ardente e generosa che non può scordare il suo prode marito, un gagliardissimo; vi sono le zitelle ansiose, anelanti; vi è la creatura al tramonto, che già sen.te l'ora dell'estrema solitudine e tanto più sottile, snervante è la sua malinconia; c'è l'amante gelosa, golosa, trepidante e la sposina alla quale fu sottratto lo sposo, per mandarlo al campo, proprio durante la feste nuziale. La povera Leontina è rimasta così a bocca asciutte, con la sua coroncina di fiori in capo, il vestitino candido, e neppure sa che cosa sia quello a cui ha promesso di rinunciare. Leontina è il punto estremo dell'arabesco sentimentale di Mosca; fragrante di ingenuità, sfiora la commozione. Al centro, più colorite, meno viva, meno sincera, più letteraria, c'è Lisistrata, la rivoluzionaria che unisce all'autorità e alla dignità il morbido incanto femminile: assume atteggiamenti drammatici, non persuade gran che. Si crede vedova di guerra perché il suo Locri, dopo una grossa battaglia, non ha più dato notizia di sé. (Arriverà poi in tempo per il gran finale). Ma non per un'amara, inacidita delusione e disperazione di donna (come qualcuna insinua) ella impone a tut te le altre quella specie di ve dovanza momentanea, ma perché ella crede davvero alla bontà della vita, alla letizia della famiglia, alle opere se rene della pace; basta coi morti, baste col sangue sparso. Mosca conduce il suo giuo co sulla variazione ininterrot ta di una psicologìa scaltra e facile, di un dialogo parodistico e faceto, di uno spettacolo festoso. E nel giuoco brillano improvvise le « trovate ». Prima fra tutte la campana. Le ateniesi si sono chiuse nell'Acropoli, pronte a difendersi dagli uomini. Ma soprattutto hanno da difendersi da sé stesse, da quella loro febbre, e poiché le tentazioni sono grandi, a portata di mano hanno la fune di una campana, e quando il demonio si fa più malizioso, giù a scampanare, e a quello scampanìo che riempie di ilarità la scena, arriva no di corsa le compagne, immobilizzano e confortano la forsennata, la riconducono alla ragione. E magari si buttano a pregare; preghiere con citatamente rivolte a Diana, casta diva, e quel borbottìo sbigottito e affrettato è uno dei più felici momenti burleschi della rappresentazione. E sapete poi chi sono le più zelanti, le più impassibili guardiane dell'ordine, del nuovo ordine di Lisistrata? Sono le cortigiane, naturalmente, le famose cortigiane di Atene, che per certe cosette non perdono certo la testa, e che appaiono in vesti succinte di poliziotte, nere e dorate, con elmo rosso: amena bellezza. Ma è appunto ora di dire dello spettacolo in sé stesso, presentato al Sant'Erasmo dal Teatro delle Novità di Maner Lualdi che della Campana delle tentazioni è svelto regista. Il Sant'Erasmo è un teatro in pista, gli spettatori circondano gli attori, l'azione si svolge tra il pubblico, e non era facile situare e risolvere la scenografia di un'Atene, sia pur di maniera, con la piazza, la statua di Diana, l'Acropoli, tra una fila e l'altra di poltrone. Ci pare che Maurizio Monteverde l'abbia risolta bene, con una coloritura amena, con un che di divertente che raccoglie gli sparsi elementi scenografici in amabile intimità col pubblico. Un pericolo c'è, tuttavia, al quale regista e attori non sono del tutto sfuggiti, il pericolo che le intonazioni si facciano troppo alte, troppo sonore o inva¬ denti, e troppo 'balzanti i motti di spirito, e le « tirate > troppo rettoriche. Con i personaggi a un palmo dagli occhi e dalle orecchie dello spettatore, e che tra gli spettatori passeggiano, si ha da andare cauti. Si può sorpassare, quasi senza accorgersene, il grado della piacevolezza e dello scherzo, e, ingrossandole, corrompere e frantumare le battute. Certe musiche scesero sulla sala forse eccessive nel volume, e così certe dizioni e certi gridi, soprattutto durante il prologo che fu movimentato non senza' artificio,' e un po' a vuoto; il prologo che è, anche come testo, un po' lento; e si direbbe che stenti a trovare la strada. Poi, il primo tempo si sveltisce, diventa più nettamente comico e sagace, l'azione si fa viva, provocante, lieta. - E lo si deve in' gran parte ad Ernesto Calandri, in bellissima forma, di una amenità irresi, stibtle; castigato nello slancio, sottile nel ridicolo, ricco di indugiati effetti. La sua è la scena di maggior carattere della commedia; è l'incontro con la moglie Ambrosia (la bella e giovane Laura Tavanti), e 11 tentativo grottescamente fallito di riconquistarla. Notiamo di sfuggita che la situazione è certamente scabrosa, e potrebbe divenire urtante. Bene, si ride, e nulla più. Il garbo, l'onesta piace¬ volezza hanno salvato tutto felicemente. La « fantasia > di Mosca che finisce con la pace generale e con il tripudio per la pace, marcette cori e danze, rispecchia garbatamente (se pur non senza ridondanze) la spiritosa visione della vita del suo autore. Una visione non greca e neppure dei massimi problemi del mondo; ma, piuttosto, della società, della borghesia, dei costumi e -degli umori del tempo nostro. Trasposizione, allusione, parodia. Un po' satirico, un po' indulgente, un po' beffardo e un po' commosso, Mosca credè a modo suo nella vita morale, é a modo suo ce lo dice, paro; diando e celiando. Nella colorita grazia dello' spettacolo spiccavano bellissime donne, che per nulla sfacciate nel vestire e nell'agire, mettevano sull'antica farsa satiresca un velo di sogno. Ricordiamo alcuni attori, Olga Gherardo severa ma un po' rettorica e rigida Lisistrata, Giuseppe Perule, facondo < presentatore >, Elio Jotta, Aldo ' Pierantoni, Miriam Crotti, Rina Cento, Laura Rizzoli; ma in questo genere di spettacoli vale 11 gruppo, e in gruppo stasera gli interpreti, il coraggioso regista Lualdi, e l'autore, il festeggiatlssimo Mosca, hanno avuto 1 più cordiali, calorosi applausi. Francesco Bernardellì