La ciociara: nella bufera della guerra

La ciociara: nella bufera della guerra » U Iv IVO « C II I£ *%» Al O La ciociara: nella bufera della guerra (AttOr) - Tanto il De Sica macchiettista è incontenibile, tanto il regista De Sica, c parco, discreto. Zitto dal 1956 u II tetto»), rifa ogtri sentire la sua inconfondibile voce nella Ciociara che 11 fedele Zavattini gli ha ritagliato dal romanzo di Moravia. Il traliccio è press'a poco lo stesso. La ciociara Cesira, inurbatasi a Roma dov'è rimasta vedova con la figlia Rosetta, nel peggio della guerra pianta la sua bottega di alimentari e torna al paesello. Le due « sfollate > Incontrano quasi tutte le disgrazie che funestarono il popolo delle campagne in quel terribile '48 l'ultima delle quali, l'aggressione dei marocchini, fa di Rosetta, anzi tempo, una donna. La variante più importante è di aver ringiovanito questa Rosetta a tredici anni, col duplice effetto di rinverdire anche la mamma protagonista e di dare all'episodio dello scempio una più sacra pietà. Eppure, dal romanzo al fllrm, 11 tono è cambiato. Zavattini ha fugato dalla .storia della ciociara 11 senso di corale tragicità, e il duro impassibile realismo. L'ha frantumata e raggentilita, togliendone una traccia, esigua ma netta, per la regia di De Sica che con gli accenti più naturalmente moraviani se la sa rebbe detta poco. Gli se ne può fare rimprovero soltanto per certi episodi su cui la grazia del regista, non scende e che restano tritume; ma non sono molti. • Intanto una cosa è splendida: il ritratto della ciociara. Se nel romanzo resta un po' un < tipo >, qui è creatura palpitante. Madre ardentlsslma, addirittura invasata e tuttavia donna ancora disposta alla vita (prima di partire, a modo di viatico, si prende il suo piacere col carbonaio Giovanni, il fedele amico che le guarderà la bottega). Già in « Umberto D. » De Sica ci aveva dato, con la c servetta >, un delizioso abbozzo di ciò ciarina; qui è esploso al tutto tondo, trascinando con sé, al l'eccellenza di attrice, Sophla Loren. La quale ci perdoni sé questa è la prima volta che ci persuade pienamente: per la carica, il colore e il risalto che ha saputo Infondere in questa Cesira senza mal squilibrarla.- Non una- steoea-<>in quella folta partitura di espressioni e atteggiamenti, che la natura del personaggio popolaresco esigeva tutti squillanti e perentori. Oltre che in questo bel « carattere » che invade il film, il miglior De Sica si ritrova nel fondo bucolico di quell'Italia contadina e bottegaia investita dal soffio della guerra. Qui è un po' di quel realismo fantasticato che fece la forza di « Ladri di biciclette ». Famiglie assorbite nel pensiero di trovar da mangiare, riunite a consiglio intorno a un mazzo di radici o a un pugno di castagne; pecorarl evangelici che fanno la borsa nera, ragazzi che scambiano la pioggia dei razzi per una luminaria religiosa, e la devozione all'* allarme » e al « rifugio » che avevano i vecchi come i più attaccati alla vita. Tocchi accenni baleni da cui traspare, forse per la prima volta in un film, un'interpretazione virgiliana dell'Italia in guerra. Sa invece d'appiccicato la figura del mistico e intellettuale Michele (un Jean Paul Belmondo tutto occhiali), il quale vorrebbe portare in quel quadro antico, e qualunquista ab-aetcrno, il verbo della Resistenza. E' però giusto che l'ingenua Rosetta (Eleonora Brown, piuttosto scarsa par la parte) se ne innamori, e che quando saprà' della sua morte (è stato ucciso dal tedeschi in fuga) si sciolga in un pianto redentore. Redentore di che? Dell'atroce oltraggiò patito. Nella scena del marocchini il regista è stato Insieme forte e delicato. Prima l'orrore del misfatto, ripreso con rapinose vedute dall'alto ,d'una chiesa diroccata; poi, la cosa più difficile, la pietà della madre sulla creatura impietrita e diversa, quel suo rotto e pudico furore che alterna il vituperio alla carezza. Anche ai sente quanto di questa disgrazia le sfugga, e come questa verissima popolana ne prenda il nocciolo con cristiana semplicità. Meno persuade che poco dopo la Rosetta inalberi ariette di «segnorma»: qui le indicazio- ni del romanzo andavano lasciate, saltando al bellissimo epilogo della madre che si stringe al petto la sua bambina, avendola finalmente ritrovata nel pianto. Della Loren si è detto; le sono accanto, oltre ai citati, Raf Vallone, Renato Salvatori. Carlo Ninchi e Andrea Chec- chi, in piccole parti. Un giu-l dizlo conclusivo? Un film pieno di cose forti ma sostanzialmente delicato, idillico. Con una gran figura e un fondo miniato; ricco di pagine azzeccate e anche squisite ma che tutte insieme non gli tolgono, rispetto alla produzione di De Sica, 11 carattere composito e oscillante di un'opera minore, I. P» bel «primo piano» diSophia Loren nel film «La ciociara» di Vittorio De Sica

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