Einaudi ricorda nel 1943-45 gli anni della grande speranza di A. Galante Garrone

Einaudi ricorda nel 1943-45 gli anni della grande speranza Il festoso incontro con I giovani a Doglianl Einaudi ricorda nel 1943-45 gli anni della grande speranza L'ex-presidente, consegnando le prime borse di studio intitolate al suo nome, esorta i nuovi storici a rievocare quanto fu sognato in quel tragico periodo, ed approfondire i motivi delle molte delusioni - Il vecchio maestro insegna come al rigore degli studi debba unirsi un forte impegno civile Domenica scorsa, nella sua casa di San Giacomo a Dogliani, Luigi Einaudi ha consegnato le prime borse di studio da lui istituite (con i fondi provenienti dai suoi diritti d'autore) a due giovani laureati dell'università di Torino. Ciò che ha più colpito l'animo dei molti intervenuti, in quelle sale così sémplici e belle, sature di memorie e di cultura, è stato il festoso incontro di generazioni tanto lontane fra loro : da un lato il vecchio maestro, dall'altro due giovani studiosi, quasi due ragazzi, alle loro prime armi. Il pensiero correva a un altro fatto, a una data ormai lontana di questo dopoguerra: quando Benedetto Croce, il 16 febbraio 1947, nel palazzo Filomarino di Napoli, aveva Inaugurato l'Istituto italiano per gli studi storici, con un discorso che, dopo avere ricapitolato il grande progressp della nostra storiografia negli ultimi decenni, concludeva ricordando ai giovani che la storia nasce sempre dal sentimento dei tempi e dal travaglio morale, e, al suo termine, lascia l'animo disposto all'azione. In un caso e nell'altro, era come la simbolica consegna della fiaccola degli studi in mani più giovani, con pienezza di responsabilità umana, e con un forte impegno civile. Qui, a Dogliani, la festa aveva qualcosa di speciale. E non era solo per l'incomparabile fascino della campagna piemontese (nella giornata meravigliosamente lucida e serena, le Langhe rossicce e la cerchia delle Alpi avevano qualcosa di esaltante), ma per l'impronta stessa dell'iniziativa, e il carattere dei due lavori premiati. I premi sono e saranno destinati a studi sulla storia della rivoluzione francese, del Risorgimento, e delle dottrine''politiche ed economiche. E come Norberto Bobbio diceva, essi questa volta sono toccati (e presumibilmente toccheranno in avvenire) a lavori storici che uniscono, allo scrupoloso rigore della ricerca scientifica, una passione -,?rt:i',olarmente viva per i problemi del nostro tempo. Lo studio di Massimo L. Salvadori, sulla questione meridionale da Cavour a Gramsci, è stato pubblicato in questi giorni dall'editore Einaudi. Della tesi di Giampaolo Pansa sulla Resistenza in provincia di Alessandria, qualche capitolo è già apparso su una rivista; e chi scrive ha potuto scorrere anche il resto. Sono due lavori che rivelano, accanto a una solida impostazione filologica, calore di sentimento, e un pungente assillo etico - sociale. Per quel che è dato sapere o intuir si tratta di due giovar;, politicamente impegnati, su posizioni diverse da quelle di Luigi Einaudi; giovanilmente partecipi delle battaglie del nostro tempo, ma anch'essi rispettosi del vero, e rifuggenti dalla storia tendenziosa. Non si può non guardare con simpatia al loro sincero impegno di studiosi e di cittadini. E questa simpatia riluceva negli occhi di Luigi Einaudi, quand'egli, al termine della riunione, si levò a parlare. Della sua arguta, affettuosa improvvisazione, ci par che sia da ricordare, soprattutto, quel ch'egli disse per proporre, a qualche giovane storico d'oggi, un affascinante tema di ricerche. E' detto ormai corrente in Italia che il 1943, il '44, il '45 sono stati gli anni della grande speranza; e chepoi questa grande speranza è andata delusa. Ma più che abbandonarsi agli sterili lamenti e rimpianti, bisognerebbe fare un preciso confronto tra quanto allora fu sognato, e quanto più tardi fu realizzato, oppure mancò di essere realizzato. E tanto più calzante, e denso di contenuto politico, e impegnativo per il futuro sarà questo confronto, quanto più conosceremo veramente ciò che fu, nelle .sue espressioni genuine, anche diverse e contrastanti, quella grande speranza. Il suggerimento di Luigi Einaudi ci pare degno di essere raccolto e meditato, . Se pensiamo ai molti documenti che di quegli anni ci sono rimasti, e ai molti altri che potrebbero ancora essere rintracciati, le linee generali della ricerca storica ci appaiono ben chiare. Ci sono, intanto, le testi¬ mmmcsrnpuudsdnvccCrfitlpplnptlticlntdlbgessfl monianze più sacre, le ultime lettere dei condannati a morte, da confrontarsi anche con quelle della Resistenza europea, per cogliere, in tutte, i motivi comuni, e sceverarli da quelli propri di un solo paese, di un dato ambiente sociale, di una particolare tradizione di civiltà. E c'è la massa sterminata dei giornali clandestini o partigiani (perfino le riviste), e i foglietti volanti, i manifesti, le circolari dei comandi o dei commissari politici o dei C.l.n. Ci sarebbe anche da ricostruire il testo degli infiniti discorsi che venivano trasmessi dalla radio dell'Italia liberata o di altri paesi, e stabilire come le parole d'ordine lanciate dalla propaganda alleata venissero accolte, o reinterpretate o corrette, o rifiutate dai combattenti e dalle popolazioni. Ci sono le testimonianze più umili e istintive: le più difficili da cogliere e ristabilire nella loro autenticità; espressione immediata dei sentimenti e delle confuse speranze della gente. E ci sono quelle più meditate, come certe bellissime pagine che Luigi Einaudi scrisse mentre era rifugiato in Svizzera, sulla federazione europea o sulle autonomie locali, e che furono allora pubblicate sulle nostre riviste clandestine (e così riscoprimmo con gioia, mentre eravamo impegnati nella lotta, la voce, solidale e incoraggiante, del nostro maestro dell'Ateneo torinese). Se dunque, per seguire il suggerimento di Einaudi, la ricerca storica si soffermerà sulla grande speranza del 1943-'45, non sarà tanto per un ripiegamento nostalgico su un passato ormai irrevocabile, che il presente sembra così spesso rinnegare o dimenticare (e questo sentimentale rimpianto è stato stupendamente espresso da Carducci nei versi famosi : « L'ora presente è invano, non fa che percuotere e fugge; — sol nel passato è il bello, sol nella morte è il vero »), quanto per il continuo bi¬ u 1111111 r 1111111 il 11111111 i ■ 11 il 111111 ] il 111 ■ 11 ■ il i ri 11 ■ i ■ sogno di riprendere l'opera dei padri, di verificarla, di portarla innanzi. Luigi Einaudi, che pure qualcuno di noi ha sentito, in questi ultimi tempi, piuttosto lontano da sentimenti e pensieri politici in noi ben radicati, ci ha restituito, con le parole di domenica scorsa, la fiducia nel perpetuo progredire delle cose umane. Forse per il contatto vivificante dei giovani, ci è parso di ritrovare, i'altro giorno, il maestro che aveva amato e ammirato Gobetti (e lo aveva salutato, sul Baretti, con una pagina indimenticabile), e che ancora oggi incita le ultime generazioni a percorrere la loro strada. A. Galante Garrone ClIIIlllJlirilEtlIlItllilIlllilliJlElllitllllIlJlIillltllII

Luoghi citati: Alessandria, Dogliani, Italia, Napoli, Svizzera, Torino