Incontro con il M° Mario Rossi

Incontro con il M° Mario Rossi IL "VIOTTI D'ORO,, ALI'ORCHESTRA RAI E AL SUO DIRETTORE Incontro con il M° Mario Rossi Sulla scrivania del maestro Mario Rossi, nel suo ufficio all'Auditorium, accanto ad un mucchietto di spartiti, vi è una grossa medaglia d'oro ornata con allegorie di un gusto un poco passato, un uomo che suona la cetra ed una donna danzante in veli leggeri. E' il trofeo del premio Viotti, assegnato qualche giorno fa al maestro ed all'orchestra sinfonica di Torino della Rai che egli dirige da quattordici anni. Di premi, Mario Rossi ne ha ormai ricevuti parecchi; però quest'ultimo gli dà una fierezza ed una emozione particolare: non soltanto è un riconoscimento della sua intelligenza d'interprete e della sua fervida operosità, ma sancisce in sede elevata il giudizio che gli ambienti internazionali della musica hanno espresso sulla grande orchestra torinese, la migliore che vi sia oggi in Italia ed una delle più apprezzate d'Europa. Il maestro Rossi parla della orchestra come di }i^n cara, insostituibile amido. Dev'esserle legato con un uffetto che va al di là dei cumuni sentimenti che animano un direttore verso il suo strumento artistico. Ascoltandolo, si direbbe che egli la veda come una per- sona reale, una unica persona, e sono in tutto novantaquattro i professori che la compongono. « Ogni complesso ha una fisionomia ben definita — dice —. Il mio è giovane, formato per lo più da giovani; è snello, vigoroso, lucido: non sono io solo a definirlo così, è l'opinione di maestri illustri, di Celibidache, di Van Kempen, che l'hanno diretto e conosciuto. E' una orchestra capace di presentare con chiarezza estrema anche musiche moderne spesso astruse, e non le dico quanto sia difficile, poiché la produzione moderna precorre i tempi e le tecniche; ed è un'orchestra versatile, con un repertorio vastissimo e vario, contemporaneo, classico, romantico, che va da Monteverdi a — poniamo — Luigi Nono, il veneziano di avanguardia che compone musica elettronica. I direttori che vengono a Torino, entrano subito in contatto con lo spirito deU!Qrohes.trà, ■sUcapiscono fin dalle prime battute: e non accade sempre, altrove, anche nei complessi famosi. Io crede che siano queste le qualità che ci hanno valso i favori del pubblico An' Ifalfa' ed all'estero, è l'assegnazione del premio Viotti: un premio importante per noi, perché la sua giuria è fra le più'aggiornate in fatto di va lori artistici internazionali » L'orchestra, aggiunge il mae stro, Ita un debito non piccolo verso gli appassionati torinesi ohe la seguono ai concerti all'Auditorium: «Se siamo la migliore orchestra italiana il merito è anche dei torinesi che ci aiutano. Sono distaccati, c'è chi li definisce freddi e riservati: ma sono sensibili, hanno gusti sottili che è d'obbligo {rispettare. Inutile tentar gli effetti facili, appena li afferrano non partecipano più, ti lasciano in disparte. Con un pubblico esigente, si è costretti a seguire programmi nobili ed offrire esecuzioni impeccabili. In un'altra città, forse, \non avremmo ottenuto risultati come a Torino ». Ma sono anche gli nomini che contano. Sotto la bacchetta di Mario Rossi lavorano musicisti che hanno contribuito a formare la fortuna del'l'orchcstra. Il primo violino Gramegnn, il veterano del complesso, ha dovuto resistere a pia di una tentazione da parte di orchestre straniere che lo volevano portar via. Accanto a Gramegna, due anni fa il maestro ha messo la « spalla » Ste)'anato, che ha appena trent'anni ed è un solista di valore. Il primo oboe, Bongcra, anche egli trentenne, al termini di un concerto fu avvicinato do Von Karajan che gli offrì di seguirlo a Londra. Le due prime trombe Cadoppi ed Astinengo, il primo flav*'"ta Danesin, il primo còrnu Sud, il primo bombardino Borsetti sono recenti scoperte del direttore: come il-calabrese Pilli (tolto ad una banda di Venezia) che suona il basso tuba ed il timpanista viennese Mcsscrklinger, che il maestro Rossi ascoltò in una orchestra tedesca e portò a Torino. A questi uomini si deve la fama del complesso della Rai. Il calore con cui Mario Rossi discorre dei suoi collaboratori gli impedisce di parlare di se stesso. Aspira rapide boccate dalla pipa, muove lunghi passi qua e là nell'ufficio. E' entusiasta. A cinquantotto anni, e dopo trentacinque anni di direzione d'orchestre, ha una vitalità che colpisce. Gli cade l'occhio sul titolo di un giornale, in cui si dice che i direttori sono in genere soggett- a malanni cardiaci e si vorrebbe istituire, per ora a Vienna, un «centro medico » appositamente per essi. Il titolo lo diverte, lo lascia scettico: ti direttori fanno una vita dura, che a qualcuno potrà sembrare logorante. Ma fatiche e travagli non mi toccano, perché vivo in un mondo di beatitudine. Provo cinque ore al giorno ed il clima che mi circonda è rarefatto, spirituale. Quando ho finito di provare, penso alle prove del giorno appresso ed il clima non cambia mai ». g. n.

Luoghi citati: Europa, Italia, Londra, Torino, Venezia, Vienna