Riforma agraria 1960 di Giuseppe Medici

Riforma agraria 1960 Riforma agraria 1960 Capisco il tedio che può nascere nei lettori di fronte a questa ormai abusata espressione. Capisco che chi fatica da mane a sera sulla dura terra, combattendo i parassiti delle piante, le calamità naturali, le cattive stagioni, talvolta provi un moto di insofferenza verso coloro, me compreso, che scrivono sui giornali, sia pure con il lodevole proposito di contribuire a trovare una soluzione ai molti problemi che travagliano l'agricoltura del nostro paese. Ma, dopo aver detto ciò, penso non ci resti altro che continuare la vecchia strada di studiare i nroblemi, penetrarli nei dati. che li determinano, senza farsi prendere da impazienze comprensibili ma dannose e senza lasciarsi andare ad accuse quasi sempre inutili. Allora, richiamandoci a quanto abbiamo già scritto (su La Stampa del 15 ottobre), bisogna stabilire gli obiettivi che la riforma agraria del 1960, se vogliamo così definirla, deve proporsi; e mi sembra che tali obiettivi non possono essere che: 1) una più alta efficienza economica dell'azienda agraria, cioè una più alta produttività della lira di capitale investito e dell'ora di lavoro impiegata; 2) un migliore tenore di vita per la gente dei campi, rappresentato da una maggiore retribuzione in moneta e dal godimento di « comodi » (acqua corrente, energia elettrica, ecc.) oggi limitati ad una piccola parte della popolazione rurale. Non si tratta più di espropriare terreni a coltura estensiva, talvolta disertati dagli stessi proprietari; non si tratta di demolire posizioni di monopolio terriero scomparse per sempre; si tratta, invece, di riconoscere che neiragricoltura italiana vi sono molte aziende contadine nelle quali ormài non esistono rie le condizioni obiettive per una vita familiare compatibile con le moderne esigenze, né le condizioni agronomiche per sostenere una produzione agricola che fornisca un reddito adeguato ad un minimo tenore di vita._ Riconosciuta questa realtà, stabilite la misura e la dimensione del fenomeno così determinato, nasce il problema dei mezzi idonei a favorire il sorgere di aziende meno inadeguate alle ricor. date esigenze. Ed è su questo terreno che si deve riconoscere che mentre la riforma agraria del 1950, pur dichiarandosi produttivistica, non poteva a meno di mettere l'accento sull'assegnazione di terre da migliorare a braccianti senza terra, la riforma agraria del 1960 deve avere soprattutto scopi produttivistici, in ciò favorita dall'imponente esodo rurale che continua in maniera incessante. E' ormai pacifico che la migliore struttura che riuscirà a conseguire l'agricol tura italiana dipenderà in gran parte dalla popolazione che lascerà la terra, poi che, in Italia, il consolidamento delle aziende franta mate e disperse sarà sempre impresa assai difficile, se non sarà assecondata dalla stessa iniziativa dei coltivatori desiderosi di accorpare particelle disperse, in ciò favoriti dall'abbandono di particelle contigue. In questo senso, la riforma agraria del 1960 è anche fondiaria; ma deve essere subito ben chiaro che la più alta efficienza tecnica della azienda agraria italiana non va tanto ricercata in soluzioni fondiarie, quanto in un migliore esercizio della agricoltura. E ciò resta vero anche se la polverizzazione e la dispersione della proprietà contadina mortificano vaste zone e ne rendono difficile lo sviluppo. Ciò perché il riordino fondiario è processo estremamente lento e difficile e non riscuote le naturali simpatie dei ceti rurali al cui beneficio è diretto. Non è dunque questa la strada verso la quale inclinano i ceti agricoli, tanto che il nostro Codice Civile, pur stabilendo l'indivisibilità della minima unità colturale, non ha ancora potuto essere completato dalle necessarie norme di attuazione. Senza abbandonare l'idea di coattive iniziative pubbliche, occorre però con¬ vincersi che il processo di ricomposizione fondiaria da attuare in un paese di radicate-convinzioni individualistiche come il nostro, non si presenta né facile, né rapido. Ecco perché, a parte la soluzione dei problemi legati ai contratti agrari e alla inevitabile, e a mio giudizio auspicabile, trasformazione di coloni, mezzadri, affittuari in proprietari, è da ritenere che per aumentare subito il reddito si debba agire soprattutto nel settore agrario. Occorre creare una efficiente assistenza tecnica che consenta il più proficuo impiego delle materie prime e degli strumenti produttivi, promuovere una moderna qualificazione professionale per gli agricoltori e i contadini; ed insieme procedere a quel complesso di azioni intese a migliorare le condizioni di mercato dei prodotti diretti del suolo da attuarsi con lo sviluppo delle industrie agrarie, l'ammodernamento dei trasporti, la conservazione dei prodotti e le informazioni di mercato. Fra le funzioni pubbliche vi è certamente quella di mantenere in vita un'agri¬ coltura che possa in ogni eventualità fornire, a prezzi di mercato, una adeguata alimentazione alla nostra densa popolazione. Ora, se questa esigenza è ormai entrata nella coscienza di tutti i popoli civili, mi sembra giunto anche il momento per discutere sul sacrificio che bisogna pur chiedere alla collettività se si vuole seriamente assicurare, con un migliore tenore di vita alla gente dei campi, la difesa e la conservazione del suolo, e garantire il riordinamento della proprietà e dell'impresa agricola. Giuseppe Medici

Luoghi citati: Italia